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17 maggio 2024

Destinazione Giaffa

Categoria: Viaggi ed eventi -

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Sara Ferracin | commenti | (1)

Giaffa. L’italiano medio, sempre che ne abbia sentito parlare, pensa ai pompelmi, i profumati pompelmi di Giaffa, appunto. Io, invece, no, a Giaffa, prima di arrivarci, associavo solo una triste storia. Di quello che ora è un sobborgo a sud di Tel Aviv, apprezzato dagli israeliani per gli ottimi ristoranti arabi di pesce (cosa che personalmente confermo), e che si anima durante tutti i week-end di turisti, ne avevo sentito parlare ai tempi dell’università, dal fidanzato palestinese di un’amica. Una sera ci raccontò una storia che allora, non sapendo nulla di Medio Oriente (erano le prime settimane di corso in laguna), mi pareva incredibile. Lui, palestinese della diaspora siriana, cresciuto in una periferia di Damasco, con in mano allora, non un passaporto ma un cosiddetto “foglio di via”, mi parlò per la prima volta di Giaffa, da dove proveniva la sua famiglia. Suo nonno paterno da lì se ne era dovuto andare nel 1948 portandosi via le chiavi di casa e sotterrando “momentaneamente” i suoi averi in una cassetta di latta nel suo agrumeto, certo che alla fine della guerra lì sarebbe potuto tornare. Morì a Damasco pochi anni dopo, mentre né suo figlio né suo nipote riuscirono mai a rivedere quel campo e quella casa, ma di casa conobbero solo quella in un campo profughi della capitale siriana.

Partiamo di buon ora da Betlemme, con l’idea di andare in questa mitica Giaffa, più un sentimento che un luogo fisico. Lasciamo i Territori Palestinesi per dirigerci in Israele. E’ la prima volta che oltrepasso verso ovest Gerusalemme, e lungo la strada, dall’autobus animato di anziani, giovani palestrati con il surf e ragazzi e ragazze in divisa (ovviamente tutti israeliani), vedo un susseguirsi di uliveti, e qui e lì villaggi arabi (lì riconosco dall’architettura prima ancora che dalla presenza di minareti) e tante targhe e monumenti ai caduti della guerra d’indipendenza del 1948. Arriviamo finalmente a Tel Aviv, e ci incamminiamo verso il mare. Mediterraneo. Mi emoziona l’idea di rivedere il “nostro” mare. Dopo una necessaria sosta in uno di questi noti ristoranti arabi – ovviamente, con la fortuna della principiante – pranziamo nel più famoso! – decidiamo, dopo aver visto il mare, di incamminarci verso la città vecchia.

Ci avventuriamo tra i suoi vicoli. Dopo decenni di abbandono Giaffa, pare essere diventata molto chic.. le sue affascinanti abitazioni di pietra ospitano oggi eleganti gallerie d’arte. Mi chiedo se gli artisti che ci vivono – ebrei provenienti da quasi ogni angolo del mondo – conoscano la vera storia di Giaffa, porto crociato sulla via di Gerusalemme. La risposta arriva un paio di ore dopo, quando decidiamo di visitare il museo del centro visitatori, dove un trentenne ebreo californiano, ci guida nel sottosuolo raccontandoci una parte della storia. Nel vero significato del termine: parziale e non solo di parte come mi sarei aspettata. Il percorso continua con un video in stile marcatamente hollywoodiano, con tanto di tempesta in cui si imbatté San Pietro di fronte a Giaffa e conseguente vaporizzazione d’acqua sopra le nostre teste (….), per concludere parlando della fine dell’impero ottomano sotto il quale Giaffa si trovava fino al 1918….peccato che Israele sia nata nel 1948 e se la matematica non è un’opinione, il video non fa cenno ai decisivi 30 anni successivi…Far dimenticare la storia ai propri cittadini non fa bene a nessuno, è un delitto come negare l’Olocausto, anche nella democratica Israele..



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La storia la scrivono i vincitori ma la verità la saprai solo dagli sconfitti.

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