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09 novembre 2024

Lavoro

Quanto può reggere la mia azienda?

Ce la faranno gli imprenditori a reggere all'impatto?

| Carlo De Bastiani |

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| Carlo De Bastiani |

Quanto può reggere la mia azienda?

Di Claudio Bottos

 

Questa situazione “coronavirus” sta creando fibrillazioni e ansia, sia nel campo macroeconomico sia in quello microeconomico visto che le scelte nel primo influenzano il secondo e, in questo lo condizionano non poco. A seguito della chiusura di negozi, bar, ristoranti e tante altre attività commerciali e non solo, il decreto del Presidente della Repubblica del 17 marzo, mette una toppa al problema della liquidità, ma potrebbe non essere sufficiente a soddisfare le esigenze che si sono create a causa del coronavirus.

Non conosciamo ancora quale sarà l’impatto di questo shock macroeconomico su profitti e capitale e la crisi di fiducia dei mercati finanziari, che già si sta manifestando da qualche giorno, con indici di tutte le borse mondiali in forte calo.

 

Le incidenze sull’economia reale saranno forti, con una elevata contrazione del Pil, visto che la variabile tempo, “quanto durerà questa situazione” è ancora ignota. In questa situazione, molti piccoli imprenditori (ricordo che circa il 94,8% delle imprese italiane sono microimprese con meno di 10 dipendenti, si stanno chiedendo se ce la faranno a reggere. Non è semplice rispondere a questa domanda perché diventa molto difficile, se non impossibile, poter fare delle previsioni e delle simulazioni di carattere economico e dei relativi flussi finanziari.

Questa situazione mette a nudo la cultura imprenditoriale di chi guida le nostre microimprese perché, fare dei buoni piatti, dei buoni panini, dei prodotti o servizi di elevata qualità, non vuol dire essere dei buoni imprenditori. Fare impresa è anche sapere come gestirla, analizzarla e guidarla. Due degli errori più diffusi che trovo, nel mio lavoro di consulente, sono: il primo, di non considerare il lavoro prestato nell’impresa come costo (è un costo figurativo che dovrebbe essere considerato nella elaborazione dei prezzi dei servizi/prodotti), il secondo quello di confondere la situazione economica con quella finanziaria (spesso lavorano in perdita ma, non si rendono conto fino a quando non inizia la crisi finanziaria, spesso troppo tardi). Questi due errori portano a mischiare le esigenze dell’impresa con quelle personali e diventa un tutt’uno fuori controllo, che si manifesta con il classico “apro la cassa perché devo pagare la rata dell’auto”, che non permette di capire se l’impresa produce profitti e può avere una continuità nel tempo. Moltissimi dei piccoli imprenditori hanno aperto delle attività senza avere chiaro il concetto di impresa e senza conoscere quali leve poter manovrare.

Da ottimista dico che “non è mai troppo tardi”. Se volete provare a darvi delle risposte alla domanda “quanto può reggere la mia azienda?”, dovete iniziare a guardare la vostra, se pur piccola impresa, con un’ottica rivolta a dei numeri chiave. Il primo di questi è il reddito operativo , che è quello che viene diviso in tre parti: la prima allo stato per le imposte sul reddito, la seconda per gli oneri finanziari (interessi passivi) a chi ci presta il denaro, mentre la terza è la quota di reddito netto che spetta all’imprenditore. Il reddito netto dovrebbe coprire, la remunerazione del capitale investito (ciò che l’imprenditore ha apportato nell’impresa denaro, beni, ecc.), e il rischio d'impresa (a fare impresa ci sono rischi di perdere crediti, di avere verifiche fiscali, ecc.).

Per una analisi più precisa e chiara, si ritiene opportuno inserire il costo figurativo del titolare e/o dei soci o collaboratori nella parte dei costi dell’impresa. Se non sono chiari questi concetti, diventa difficile fare impresa e tenere governati i numeri della stessa. Il semplice esempio della tabella A, chiarirà quanto detto.

 

Guardando la tabella si capisce che in realtà l’imprenditore ha prelevato 30.000 €uro per vivere e pagare la quota INPS commercianti, però dovrebbe coprire la perdita dell’impresa pari a €uro 19.374. Gli sono quindi rimasti 10.626 €uro (30.000 € – 19.374 €, ossia 885,50 €uro al mese). Ma come ha fatto a continuare l’attività perdendo oltre 19.000 euro? Semplice, facendo del debito (se qualche banca o amico o parente glieli ha prestati) o, non pagando alcuni debiti (fornitori, dipendenti o lo stato per IVA, contributi e altre imposte). Questo spiega perché i debiti delle imprese verso lo stato, per imposte e contributi, sono valutati in circa 160 miliardi di euro.

E i flussi finanziari, visto che non vanno confusi con quelli economici, quali sono stati? Per capirli basta fare una semplice situazione patrimoniale al 31.12.2018 e una al 31.12.2019 con i saldi banca, rimanenze prodotti, eventuali crediti e attrezzature nella parte attivo e tutti i debiti nella parte del passivo. Lo scostamento tra e due date nelle varie voci, fa emergere sicuramente un aumento di debiti o una diminuzione di disponibilità liquide o di crediti a parità di rimanenze prodotti.

Quali consigli? Un’impresa è paragonabile a una persona, e come tale, va protetta con misure adeguate. Non ci sono soluzioni valide per tutti, dipende dalle dimensioni e dal settore in cui si opera, tuttavia far finta di nulla non paga. Ogni imprenditore deve subito prendere per le corna il problema di come affrontare il prossimo futuro e approfittare di questa fase di rallentamento, per studiare e programmare una valutazione dei rischi a cui va incontro l’impresa, prevedendo possibili soluzioni in ogni ambito, dai dipendenti, al settore vendite alla finanza aziendale. Nell’immediato, per le vendite, pianificare una previsione degli incassi, tenendo conto del possibile calo in funzione del comportamento dei consumatori e dei clienti in base alla zona geografica in cui si opera. Per la parte finanziaria, si dovrà coinvolgere la banca e riformulare lo scadenzario delle rate, con un atteggiamento di trasparenza e collaborazione.

Per gli approvvigionamenti e i costi di gestione, si dovranno, can razionalità, tagliare i costi non indispensabili, cercando di ottenere condizioni migliori nei pagamenti ai fornitori.

 

 


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Carlo De Bastiani

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