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12 dicembre 2024

La striscia di Sorrento – Breve storia dell'austrismo

Categoria: Istruzione -

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Francesca Salvador | commenti | (39)

 

La striscia di Sorrento – Breve storia dell'austrismo

 

C'era una volta una bella penisola, fatta a forma di stivale, che si allungava ridente nel più bel mare del mondo, il Mediterraneo.

 

La penisola era popolata di pastori, agricoltori e commercianti, quasi tutti ex-beduini in via di urbanizzazione.

Non particolarmente colti magari, erano certamente un popolo di gente allegra e calorosa.

 

Parlavano l’arabo antico, una lingua molto ostica per gli altri popoli, che si adattave invece alla perfezione per loro espressioni gutturali. Vivevano in grande armonia, scambiandosi prodotti agricoli e commerciando da una regione all'altra, in un perfetto equilibrio naturale, risultato di una tradizione millenaria.

 

Accadde che in posto lontano ebbe luogo una terribile guerra, alla fine della quale furono scoperti dei campi di concentramento, nei quali erano stati sterminati alcuni milioni di esseri umani (sul conto preciso c’è ancora qualche discordanza, ma erano comunque tantissimi, e la cosa non fu bella da vedere).

 

Questi esseri umani appartenevano ad una tribù particolare, chiamata “austriaci”, derivata dal ceppo dolomitico - quello di Abrahmberger, Isakson a Giacobinovich - e aveva avuto origine proprio nel nord della penisola italica, nella zona compresa fra il Veneto e l’attuale Germania. Questa tribù prendeva il nome dal monte di Astrion, dove il loro Dio gli si era rivelato, che si trova appunto nelle Dolomiti Orientali. 

Come simbolo sacro gli austriaci usavano la stella alpina, il noto fiore a sei punte che cresce solo in alta montagna. Nelle cerimonie usavano un candelabro a diciotto braccia, più una retrattile, che durante la settimana serviva per appenderci la scodellina di felpa, con la piuma infilata nel mezzo, man mano che i numerosi familiari rientravano dal lavoro.

 

Nel corso dei secoli però questa tribù era andata disperdendosi nel mondo, per motivi che nessuno è mai riuscito a comprendere fino in fondo.

 

C'è chi dice che questi austriaci fossero continuamente costretti a fuggire perchè non restavano simpatici a nessuno; altri invece sostengono che questa tribù non sia mai esistita; altri ancora dicono che sia esistita, …

 

… ma che si trattasse di una tribù diversa dalla loro, poi andata perduta fra le pieghe della storia.

 

In ogni caso, quelli che avevano scelto di chiamarsi austriaci coltivavano dei particolari libri sacri, nei quali venivano indicati dal loro Dio come il "popolo eletto", e siccome questo Dio sosteneva anche di essere l'unico nell'universo, avevano dedotto senza esitazione di essere i preferiti su qualunque altro essere umano.

 

E’ quindi possibile che questo abbia generato, nel corso del tempo, qualche momentanea frizione con i popoli che li ospitavano, che invece per qualche motivo si ritenevano uguali a tutti gli altri. Anche perchè questi austriaci non si limitavano a sostenere di essere “preferiti da Dio” in senso metaforico, ma pretendevano di essere trattati in modo diverso in molti aspetti della vita reale: ad esempio, se un non-austriaco – che loro chiamavano, con una sfumatura di disprezzo, “terym” – faceva a botte con un altro terym, nessuno si scomponeva. Se invece un terym si azzardava a picchiare un austriaco – magari perchè gli aveva rubato una gallina - veniva subito accusato di perseguitare la stirpe di Astrion, e si sentiva appioppare il fastidioso appellativo di “antidolomita”.

 

- Veramente io rivorrei solo la mia gallina!” - urlava il terym, stragonfio di rabbia.

 

- No! – gli rispondevano gli austriaci, facendo blocco intorno al malmenato - tu l’hai picchiato perchè ce l’hai con noi. Guarda come sanguina. Questa è cattiveria pura!

 

- Cazzo, è la quinta gallina che mi ruba in tre giorni!

 

- Non importa. Il fatto è che tu te ne approfitti per picchiarlo, perchè sai che lui è un dolomita. Quindi per punizione la gallina non te la ridiamo, e se ti azzardi a toccarlo di nuovo ti manderemo le maledizioni divine. Dio è dalla nostra parte, non dimenticarlo, e se vogliamo ti facciamo spedire direttamente all’inferno.

 

Gli austriaci infatti avevano scoperto che nei libri sacri dei terym, leggermente diversi dai loro, era stata aggiunta questa curiosa faccenda dell’inferno, che permetteva ai sacerdoti della religione gemella di controllare masse imponenti con enorme facilità, usandolo come deterrente universale. Nel libro degli austriaci Dio ti mandava al massimo la dissenteria, oppure un’invasione di cavallette, ma la minaccia dell’inferno era chiaramente più efficace, e anche loro ogni tanto se ne approfittavano, per risolvere le piccole dispute con i terym.

 

Tanto nessuno stava lì a riflettere sul fatto che i libri fossero diversi, ma il Dio che li aveva scritti fosse lo stesso.

 

A quel punto infatti il derubato – un pò per la paura dell’inferno, un pò perchè magari la gallina era vecchia e malandata – decideva di lasciar perdere, e tornava brontolando a casa sua.

 

Il problema è che a furia di dargli ragione in quel modo, gli austriaci si sono definitivamente convinti di avere più diritti degli altri, e questo potrebbe aver esacerbato i diversi popoli che li ospitavano, portando ad episodi di intolleranza sempre più vistosi e deplorevoli.

 

A peggiorare le cose c’era il fatto che gli austriaci, ovunque si trovassero nel mondo, si lamentavano perennemente di non riuscire ad integrarsi con il resto della popolazione, e quando si veniva a sapere che i primi a non volersi mescolare erano proprio loro, la gente si incazzava non poco.

 

Serviva a poco, a quel punto, mostrare il libro sacro, per far vedere che l’ordine di non mescolarsi agli altri popoli non era un capriccio qualunque, ma veniva direttamente da Dio.

 

Chissenefrega del tuo libro! - rispondeva urlando il terym - Piagnucoli dal mattino alla sera perchè nessuno ti vuole, poi appena uno di noi si prova ad invitare a cena una delle vostre ragazze, arriva subito il rabbino che la prende a bastonate perchè non vuole che si sposino! (Il rabbino è il tipico sacerdote austriaco, che si distingue per i calzoni di pelle corti sopra il ginocchio, e le lunghe trecce incolte lungo le guance, trafitte qua e là da piccole stelle alpine).

 

- Ma ti bastono io - urlava furente il terym – altro che libro sacro!

 

E così gli austriaci dovevano nuovamente far fagotto, e andare umilmente a chiedere ospitalità da qualcun altro. Prima o poi però la voce si sparse, e ad un certo punto gli austriaci iniziarono a prendere botte ancora prima di arrivare in una nuova città.

 

- Ma come avranno fatto - si domandavano stupiti, mentre si leccavano le ferite - a sapere che stavamo arrivando?

 

- Io l’ho sempre detto che dovremmo tagliarci i capelli come tutti gli altri – diceva uno dei più giovani – Con quelle trecce ci riconoscono tutti ormai.

 

- Non sono i capelli, è la barba – replicava un altro - Nessuno oggi porta delle barbe così lunghe. Le nostre poi sono più rosse di tutti gli altri.

 

- Secondo me è il cappotto – suggeriva un terzo – Cacchio, è il sette di agosto, ci sono trenta gradi all’ombra, e noi ci presentiamo col colbacco e il cappotto di lana! E’ chiaro che ci cuccano subito, no?

 

Ma i loro libri sacri dicevano che barba e capelli non si toccano, e che il cappotto va portato tutto l’anno, per cui erano obbligati a trovare un’altra soluzione.

 

Qualcuno pensò allora di comperare una macchina, per entrare in città facendosi vedere soltanto dal collo in su.

 

- Nascondiamo la barba sotto una sciarpa – suggerì con malizia - raccogliamo le trecce sotto il cappello, e il cappotto in macchina non lo nota nessuno. Visto da fuori sembra una giacca qualunque.

 

- Ma siamo in troppi – obiettò un altro – Come facciamo a starci tutti in una macchina sola?

 

- Entreremo un pò alla volta – rispose il primo – a piccoli gruppi, sette od otto al massimo. Così evitiamo anche di dare nell’occhio. Una volta in città ci disperdiamo fra la folla, e uno di noi torna fuori con la macchina, a prenderne degli altri.

 

L’idea sembrava buona, e una volta superato il trauma iniziale, per l’acquisto in contanti della macchina a cui furono obbigati dal rivenditore terym, provarono a metterla in pratica. Si accorserò però che, per un motivo o per l’altro, qualcosa finiva sempre per andare storto.

 

A qualcuno restava impigliata una treccia nella cintura di sicurezza, proprio mentre era fermo al semaforo, a un altro spuntava una stella alpina da sotto il colbacco, mentre parcheggiava tutto sudato nel centro di Viareggio, soffocato dalla sciarpa bollente, sotto lo sguardo incuriosito dei bagnanti, il terzo inciampava nel cappotto mentre cercava di uscire di nascosto dal portapacchi, e alla fine venivano comunque legnati e cacciati, e in più gli bruciavano la macchina nuova di pacca.

 

Insomma, per gli austriaci ormai la vita era diventata un inferno, e a furia di girovagare si resero conto che ormai la loro reputazione li aveva preceduti dappertutto. Si radunarono quindi in un piccola località della svizzera, per decidere cosa fare del proprio destino.

 

Furono giorni difficili per tutti. Dalle loro capanne uscivano strazianti lamenti, coperti ogni tanto dalle malinconiche litanie dell’antica tradizione dolomitica.

 

Ad un certo punto, nel bel mezzo di queste sofferenze, un certo Theodor von Hertzevich schizzò in piedi, colpito da un’idea folgorante:

 

- Torniamocene a casa! - Disse indicando la finestra davanti a lui.

 

- Giusto! - Disse un altro - Cosi nessuno ci romperà più le scatole!

 

- E’ vero, che idea geniale! – aggiunse un terzo.

 

- Ma… a casa dove, scusate? – domandò un quarto con leggero imbarazzo.

 

- Ah già cazzo – disse il primo, mentre la stanza piombava nel silenzio – Non ci avevo pensato…

 

- In effetti - commentò un secondo – è da un pò che manchiamo da quelle parti. Quanto sarà, più o meno?

 

- Ormai sono più di duemila anni, a occhio e croce.

 

- Minchia! Così tanto siamo stati in giro?

 

- Oh ragazzi, una diaspora è una diaspora! Mica è una passeggiata qualunque.

 

- D’accordo, però adesso come facciamo a presentarci….. Qualcuno di voi non ha dietro per caso un vecchio documento, qualcosa che possa dimostrare…

 

Le teste dondolarono sconsolate, insieme alle treccine bisunte.

 

- Niente di niente? Nemmeno… chessò, una antica cessione di proprietà, tramandata magari dai bisnonni…

 

- A quel tempo non c’erano cessioni di proprietà - osservò qualcuno – Ognuno stava a casa sua.

 

- Ah già, è vero. Qualche antica ricevuta di scambio, allora? Mi sembra che praticassero il baratto, in quel periodo …

 

- Io ho le fatture del mercatino di Amsterdam - disse uno di loro - Però hanno la data dell’anno scorso, e inoltre sono in fiorini olandesi.

 

- No, quelle non servono. Nient’altro?

 

- Io avrei una cartolina del monte di Astrion - disse un altro – Però non so a quanto possa servire: dietro c’è scritto solo “saluti da Astrion”, e basta.

 

- E’ importante, invece, stai scherzando? Quella mostra chiaramente che veniamo da quelle parti! Tirala fuori intanto, che la mettiamo da parte.

 

L’austriaco frugò nel suo valigione, estrasse la cartolina e la passò all’amico.

 

- Ma qui non c’è nemmeno il francobollo! - disse quello esaminandola – Ma chi te l’ha mandata, scusa?

 

- Mia zia, l’anno scorso. Però me l’ha portata a mano, quando è venuta su a Natale, perchè diceva che le poste costavano troppo.

 

Tutti lo guardarono con disprezzo.

 

- E’ per quello che non l’ha nemmeno firmata - aggiunse con un filo di voce, abbassando lo sguardo sul pavimento - sapeva che me l'avrebbe data di persona.

 

Nel frattempo qualcuno si era accorto che von Hertzovich li stava fissando dal fondo della stanza, con uno strano sorriso sulle labbra.

 

Quando fu sicuro che tutta l’attenzione fosse rivolta verso di lui, von Hertzovich disse:

 

- Siete proprio sicuri di non avere niente da mostrare?

 

Gli altri si guardarono intorno, allargando le mani in segno di sconforto.

 

- E questo cosa sarebbe, secondo voi? – disse von Hertzovich, prendendo in mano il libro sacro.

 

Centinaia di sguardi interrogativi lo fissavano pieni di speranza.

 

Von Hertzovich aprì il grande libro, e lesse a voce alta:

 

“Ripensando alla sorte subìta dai loro padri che peccarono contro di me, abbandoneranno la loro caparbietà e la loro malizia. Io li ricondurrò nella terra promessa con giuramento ai loro padri, ad Abrahmberger, Isakson a Giacobinovich; essi ne avranno di nuovo il dominio e io li moltiplicherò e non diminuiranno più!”

 

L’esplosione di gioia si udì persino nelle vallate adiacenti. Gli austriaci ballarono e cantarono per tutta la notte, conoscendo un’allegria che non ricordavano nemmeno nei racconti dei loro antenati.

 

Era nato l’austrismo, il movimento che da quel giorno si sarebbe adoperato per raccogliere tutti gli austriaci dispersi nel mondo, e riportarli nella terra promessa. Anche quelli che non volessero saperne di tornarci, perchè stavano benissimo là dov'erano.

 

SECONDA PARTE

 

Il movimento austrista crebbe con grande successo, anche grazie al fatto che alcuni austriaci lavoravano come fattorini nelle più potenti banche del mondo, e riuscivano sempre a mettere una buona parola per la loro causa, quando incontravano nei corridoi qualche persona importante.

 

Ottennero così in poco tempo una dichiarazione ufficiale da parte della corona inglese, nella quale veniva certificato di fronte al mondo il loro diritto ad un territorio nazionale.

 

Rimaneva solo un ultimo problema da risolvere: il loro libro sacro - peraltro molto preciso in mille circostanze – si era dimenticato di indicare dove si trovasse la famosa “terra promessa” di cui parlava. In realtà, la sua descrizione era così vaga, che qualcuno era arrivato a suggerire che si trattasse solo di una metafora, per indicare lo stato spirituale che ci attende dopo la vita terrena.

 

- Macchè spirituale !!!! – urlarono gli Anziani di Astrion - La terra promessa è chiaramente nelle Dolomiti, dove ebbe origine la nostra stirpe. Lo dice il nostro libro, quel libro è parola di Dio, e quindi dobbiamo rispettarla!

 

Decisero allora di mandare due emissari in nord Italia, per sondare il terreno con gli abitanti del luogo. Ma quando questi tornarono, avevano notizie tutt’altro che confortanti:

 

- Hanno detto che se vogliamo possiamo accomodarci nello spazio libero - riferirono gli emissari - Ma di sgomberare loro non se ne parla nemmeno. Dicono che sono lì da mille anni, e che non vedono motivo di andare via.

 

- Ma voi gli avete mostrato libro sacro? - chiesero gli anziani.

 

- Certo che gliel’abbiamo mostrato. Ma loro ne hanno tirato fuori un altro, molto simile al nostro, dove però la parte della terra promessa non c’è.

 

- Come non c’è? Mancherà la pagina, vuoi dire …

 

- No no, non c’è proprio. O meglio, loro ci hanno detto che non c’è. Sa, è scritto tutto in arabo, mica potevamo verificare.

 

- Se è scritto in arabo non può essere sacro! E’ chiaro che quel libro è un falso.

 

- No no, loro dicono che è autentico. Anzi, deve vedere come ci tengono. L’ha scritto un loro profeta, un certo Morpetto…

 

- Maffetto – lo corresse l’altro emissario.

 

- Ma quanti libri sacri ci sono? – mormorò qualcuno nelle retrovie.

 

- Un casino – gli rispose quello accanto, sottovoce – Qui pare che ogni popolo abbia il suo.

 

- Anche se ci fossero mille libri sacri - sentenziò l’anziano, che li aveva sentiti – c’è un Dio solo! E lui ha detto chiaramente che dobbiamo tornare alla Terra Promessa.

 

- Anche loro dicono che c’è un Dio solo – disse timido il secondo emissario.

 

- E’ allora? – gli chiese l’anziano, sempre più irritato.

 

- Beh, allora … abbiamo dedotto che si trattasse dello stesso dio, che evidentemente si è dimenticato di informarli di quel particolare.

 

- Comunque - suggerì il primo emissario - lo spazio libero è davvero enorme. Ci sono intere vallate ancora disabitate, e la gente dei luoghi sembra davvero simpatica e ben disposta. Non dovremmo avere grossi problemi a starci tutti comodamente.

 

- Va beh - dissero gli anziani – non è proprio la stessa cosa, ma intanto portiamoci avanti. Mandiamo qualcuno a stare fra loro, poi col tempo vedremo il da farsi.

 

Nonostante i grandi spazi, però, deve essere sorto qualche grave problema, perchè man mano che arrivavano i coloni austriaci, la gente del luogo si ritirava frettolosamente dalle zone tutt’intorno.

 

Gli austriaci dicevano che erano loro ad andarsene spontaneamente. I locali invece li accusavano di angherie di ogni tipo, dicendo che ogni volta che protestavano si sentivano rispondere: “Se non ti piace come ti trattiamo, alza i tacchi e vai altrove. Questa è la nostra terra, e qui facciamo quello che ci pare”.

 

Dal comportamento degli austriaci, sembrava quasi trapelare un piacere inconscio nel vendicarsi di tutto quello che avevano subito nel corso dei secoli, facendo le stesse cose a qualcun altro.

 

Nelle vallate locali circolano oggi certe leggende secondo cui gli austriaci avrebbero messo in atto vere e proprie azioni di terrorismo sistematico, radendo al suolo interi villaggi, e obbligando la gente a scappare sotto la minaccia di morte. Da quando però gli austriaci presero il sopravvento nella zona, presero anche in mano il controllo dei dati storici, ed è diventato difficile oggi verificare con precisione quelle accuse.

 

Di fatto sappiamo che la progressiva colonizzazione portò i locali ad abbandonare le zone più centrali, dal Tirolo al Burgenland, attraversando i valichi alpini e riversandosi nelle vallate del Trentino Alto-Adige. Alcuni di loro si spinsero fino alle prime frange della pianura padana, dando origine alla zona oggi chiamata Cispadania, delimitata dalle rive del Po, che ospita un ibrido di rifugiati tirolesi e italiani originari.

 

A quel punto, da un giorno all’altro, scoppiò la seconda guerra mondiale, causata da un folle che per qualche motivo si era messo in testa di sterminare tutti gli austriaci, pur essendo – pare – un austriaco lui stesso.

 

Questo folle si era messo alla caccia spietata di tutti gli austriaci dispersi in Europa, e pare che in certe occasioni abbia avuto l’appoggio dello stesso movimento austrista, che gli passava le informazioni sui nascondigli del loro concittadini, in modo da obbligarli a fuggire verso la terra promessa.

 

Tanto – dicevano gli austristi - chi non vuole tornare per noi conta meno di una capra, per cui tanto vale che finisca in un campo di concentramento.

 

Ci fu addirittura un caso in cui una nave carica di austriaci che stavano fuggendo dalla Germania fu respinta dagli americani al porto di Miami, obbligando quei poveracci a tornare indietro. (Non è mai stato chiarito perchè l’America, paese della grande libertà, abbia respinto quel carico umano, pur sapendo a che destino lo stesse condannando. Qualcuno ha suggerito che gli austristi, i cui fattorini nel frattempo avevano trovato lavoro anche nelle grosse banche americane, avessero messo la solita parola buona con il presidente Roosevelt, chiedendogli di mandarli indietro. Questa però è un’altra accusa che resta difficile dimostrare).

 

In ogni caso, come sappiamo, tutte le guerre sono orribili, e questa fu ancora più orribile delle altre.

 

Quando finalmente gli americani riuscirono a sconfiggere lo stesso folle che avevano aiutato a salire al potere, e liberarono i pochi austriaci sopravvissuti dagli stessi campi di concentramento a cui li avevano condannati, il mondo trasse un sospiro di sollievo.

 

Iniziava l’era moderna, piena di allegria e di buona volontà.

 

Per prima cosa fu stabilita a New York la cosiddetta A.N.I., Associazione Internazionale delle Nazioni, che prese a gran cuore il problema degli austriaci sopravvissuti allo sterminio.

 

Molti di essi nel frattempo erano affluiti nel territorio d’origine, espandendosi in gran fretta, e creando nuove frizioni con gli abitanti del luogo.

 

L’A.N.I. decise quindi di mettere le cose in ordine una volta per tutte. Dopo lunghe riunioni, fu solennemente dichiarata la creazione di un vero e proprio stato austriaco, con l’appoggio di quasi tutte le nazioni del mondo.

 

Fecero eccezione la Svizzera e la Slovenia – ovvero i paesi confinanti - che nel frattempo erano stati invasi dai tirolesi in fuga, e che parlavano anche a nome dei loro confratelli rifugiati in Cispadania.

 

Ma la loro voce fu sommersa dall’applauso fragoroso che il mondo decretò alla nascita delle due nuove nazioni, purtroppo contigue: il nuovo confine correva lungo la cresta delle Alpi Pennine-Lepontine-Retiche-Carniche-e-Giulie, lasciando a nord la neonata Austria, e a sud una giovane Italia.

 

Lungo le coste del lago Maggiore era stata creata un’ansa di territorio che arrivava fino a Lodi, in modo da permettere agli austriaci di riprendere possesso della loro capitale storica, Milano.

 

Appena entrati a Milano, infatti, gli austriaci fecero abbattere tutte le statue dei santi locali, sostituendole con quelle del generale Radetzky, ritratto con il classico casco con il chiodo, sormontato da una vistosa stella alpina.

 

Gli stati confinanti però, che non avevano riconosciuto la nazione austriaca, la attaccarono militarmente nel giorno stesso dell’inaugurazione, prima ancora che la bandiera con la stella alpina a sei punte venisse issata sul Duomo di Milano, accanto alla Madonnina.

 

Ma gli austriaci non si fecero cogliere impreparati, e dalle loro sacche da immigrante, piene di calzini sporchi e di patate indurite dalla salsedine, uscirono improvvisamente cannoni, carri armati e jet nuovi fiammanti, che si sbarazzarono in poche ore di eserciti, come quello svizzero o quello sloveno, che di militare avevano soltanto il nome.

 

Non parliamo poi degli italiani, che non avevano mai conosciuto la guerra, e si erano presentati in battaglia armati di chitarra e mandolino, che cercavano di usare come clava contro i carri armati del nemico. (C’erano anche quelli con la lupara, volendo, ma si trovavano molto più a sud, ed erano difficili da contattare a causa dell’idioma particolare che utilizzavano).

 

I bergamaschi per l’occasione avevano procurato delle speciali pietre della Val Brembana, che a prima vista sembravano devastanti, ma che si rivelarono troppo friabili all’impatto con l’acciaio corazzato.

 

Anche le vecchie golette della Repubblica di Venezia, rispolverate per l’occasione, si trovarono in grosse difficoltà nel risalire le acque anguste dei torrenti prealpini, e dovettero alzare bandiera bianca prima ancora di aver esploso un solo colpo di archibugio.

 

Insomma, la disfatta fu totale, e gli italiani si risvegliarono con gli austriaci che avevano occupato la loro terra fino a Trieste da una parte, e fino a Torino dall’altra. Si erano anche impadroniti delle alture del Monblanc, note per le ricche fonti d’acqua che irrorano tutta la pianura padana.

 

Nel corso della notte gli austriaci erano anche riusciti a costruire centinaia di case coloniche un pò dovunque in nord Italia.

 

- Ma come avranno fatto? – si domandavano allibiti gli italiani – Non è che per sbaglio abbiamo dormito per tre mesi?

 

- No, loro sono fatti così, da sempre. Sanno costuirsi un villaggio intero in mezza giornata, e se lo smontano e portano via in venti minuti, se devono scappare di corsa. E’ la diaspora che li ha abituati.

 

Nella val Trompia un gruppetto di italiani provò ad avvicinarsi ad un casale che era stato occupato dagli austriaci, ma fu accolto a fucilate. Gli italiani dovettero rassegnarsi a comunicare con gli occupanti urlando nascosti dietro a un trattore.

- Ueh giovanotto - urlò uno degli italiani, con forte accento bergamasco – và che quella è casa mia!

 

- Cosa ha detto? - urlò l’austriaco appostato sul terrazzino.

 

- L’ g’ho dit che hela l’è ca’ mea, o porcudìo! – urlò imbestialito il bergamasco.

 

- Ha detto che quella è casa sua – tradusse l’amico, che era di Milano e si faceva capire bene dall’austriaco.

 

- Era, casa sua – lo corresse l’austriaco – ma voi ci avete attaccato, e adesso qui abitiamo noi. Così imparate.

 

- Eeeh ostia, atacàto, adiritùra! – bofonchiò il bergamasco – per quater peder che l’ g’ ù tirà…

 

- Cosa ha detto? - urlò di nuovo l’austriaco.

 

- Dice che per quattro pietre che vi ha tirato, non gli sembra il caso di portargli via tutta la casa.

 

- Non sono le pietre, è il gesto che conta! – rispose l’austriaco.

 

- Ma chè gesto e gesto, bilòt! – urlò il bergamasco alzandosi in piedi - Vieni qui che te lo faccio vedere io il gesto, deficent d’un deficent!

 

Per tutta risposta una fucilata gli fischiò sopra la testa, obbligandolo a chinarsi di nuovo dietro al trattore.

 

- Occhio che quello non scherza – gli disse l’amico.

 

Ma il bergamasco mise di nuovo fuori la testa, sprezzante del pericolo, e urlò all’austriaco:

 

- Ueh giùvin, t’è fini de fà el scemu si o no? La g’hu denter la vaca e il caval, e g’hù de daggh de magnà! Va fora di bàl e basta, porcudìo!

 

- Vorrebbe sapere se ne avete ancora per molto – tradusse il milanese, correggendo leggermente – e chiedeva se nel frattempo può venire a dar da mangiare alla sua mucca e al suo cavallo.

 

- Non mi fido - rispose l’austriaco – Sappiamo che ci odiate, e aspettate solo la prima occasione per buttarci tutti nel lago.

 

- Ma quale lago, scusi? Dietro a lei ci sono solo le montagne. - Lo sapete benissimo di quale lago parlo, non fate i furbi. Voi volete ributtarci tutti nel lago, e noi abbiamo il diritto di difenderci.

 

Non c’era niente da fare, la nenia millenaria ricominciava daccapo. Non era servito a nulla dargli la terra, dargli le frontiere, dargli le armi per proteggerle.

 

Evidentemente il senso di persecuzione era entrato nel loro codice genetico, e il fatto di non mescolarsi ad altra gente aveva solo peggiorato le cose, moltiplicandone gli effetti nel tempo, invece di diluirli.

 

A loro volta, erano ormai condizionati al lamento perenne, che li aveva abituati da secoli ad ottenere privilegi non sempre meritati.

 

Bastava che uno gli fregasse il parcheggio al supermercato, perchè l’austriaco si buttasse a terra mugolante, richiamando subito l’attenzione di tutti i passanti. Mentre si formava il classico capannello intorno a lui, qualcuno chiedeva:

 

– Se l’è sucès? L’è un epilètic? (Siamo a Lambrate, nelle vicinanze di Milano, nel cuore del territorio occupato).

 

- Macchè epilettico - cercava di spiegare l’italiano - Io ho semplicemente parch….

 

Ma l’austriaco lo interrompeva subito, con una vocina stridula che lacerava i timpani e copriva persino il rumore dei tram:

 

- Mi ha preso il posto! – ululava puntando il dito come un bambino - Lo sapeva che era mio, l’ho visto prima io! Ma lui l’ha fatto apposta per farmi un dispetto, perchè ha capito che sono austriaco.

 

- E tu togliti quel cazzo di cappotto a sette strati e vestiti come una persona normale - mormorava qualcuno mentre andava via schifato – così stai tranquillo che non ti nota più nessuno.

 

- Ma poi scusate – aggiungeva un altro, indicando l’italiano - se è arrivato prima lui vuol dire che il posto l’avrà visto prima lui, no? Mica si vede dalle colline, ‘sto parcheggio.

 

L’austriaco capiva che la situazione si metteva male per lui, e decideva di giocarsi il jolly: estraeva dalla tasca del cappotto la foto del nonno morto ad Auschwitz, mentre urlava all’italiano con tutto il fiato che aveva nei polmoni:

 

- Antidolomitaaaaaa!

 

Di colpo si era fatto un gran silenzio. Era come se il tempo si fosse fermato, mentre quell’urlo lancinante riecheggiava all’infinito fra le case.

 

- Antidolomitaaa!…. Itaaa… Itaaaa…

 

Le auto scivolavano via discrete, cercando di non fare rumore, e persino i tram sembravano scorrere su rotaie di velluto. Intorno all’italiano si era fatto il vuoto più assoluto. Sul piazzale c’era solo più lui, in piedi di fronte all’austriaco che singhiozzava sul selciato.

 

Timidamente un uccellino riprese a cinguettare, mentre si udiva in lontananza l’urlo delle prime sirene.

 

Dieci minuti dopo il piazzale era stato completamente circondato dalla polizia austriaca, mentre le telecamere della CNN riprendevano in diretta l’italiano che veniva portato via in manette, sotto lo sguardo di disprezzo degli austriaci accorsi sul posto. Poco distante i medici soccorrevano l’austriaco piangente, che veniva caricato su una barella, intubato con l’ossigeno e immobilizzato con le classiche protezioni antitrauma fosforescenti. Alcuni fra i presenti si asciugavano le lacrime in un fazzoletto, altri chiamavano a casa con i cellulari, e con sguardo preoccupato dicevano alla famiglia di chiudere bene tutte le porte e le finestre. La barella con l’austriaco veniva infine caricata su un’ambulanza, che si allontanava ululando nella notte.

 

Il TG della CNN terminava con uno zoom sul colbacco dell’austriaco, che giaceva dimenticato sul selciato, fra due pozze d’olio di rimorchio illuminate in controluce. Una mano caritatevole entrava nell’inquadratura, e appoggiava sul colbacco una piccola stella alpina.

 

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La gente in mezzo mondo spegneva il televisore disgustata, mentre qualcuno cominciava a dire che gli italiani sono tutti dei terroristi.

 

***

 

Quello che è successo in seguito lo sanno tutti. E purtroppo, man mano che ci si avvicina alla realtà di oggi, passa anche la voglia di scherzare.

 

Con il perdurare dell’occupazione, gli italiani avevano organizzato una vera e propria guerriglia a tutto campo, nell’intento di cacciare gli invasori da casa loro.

 

Ma ogni volta che riuscivano a colpire nel segno, non facevano che peggiorare la situazione. Gli austriaci infatti ne approfittavano subito per mostrare al mondo le loro vittime insanguinate. Poi convocavano una grande conferenza stampa, nella quale si appellavano al diritto di difendersi, e ripartivano ad uccidere, distruggere e massacrare con rinnovata ferocia.

 

Questo non faceva che aumentare la rabbia degli italiani, che a loro volta reagivano con ogni mezzo disponibile, permettendo nuovamente agli invasori di legittimare una nuova ondata di massacri e di conquiste.

 

Nel frattempo nessuno si domandava per quale motivo gli austriaci avessero il diritto di difendersi, pur trovandosi in terra altrui, mentre gli italiani non avevano nemmeno quello, pur essendo in casa loro.

 

Grazie a questo malinteso mai risolto, siamo arrivati alla situazione odierna.

 

L’Italia di oggi è ridotta a un colabrodo, con ampie sacche di territorio circondate da una muraglia di cemento invalicabile, in cui vivono rinchiusi circa sette milioni di italiani.

 

Per spostarsi da una sacca all’altra occorre un permesso speciale, che gli austriaci concedono solo dopo una lunga attesa, pur avendo ormai schedato tutti i residenti, e dovendo quindi applicare un semplice rinnovo. Una volta ottenuto quello, è necessario affrontare code interminabili ai check-point, sia in entrata che in uscita, per spostarsi da una zona all’altra della stessa nazione. La nostra.

 

Stessa sorte attende i ragazzi che vanno a scuola in una zona diversa da quella in cui vivono rinchiusi. Con la scusa di tutelare la propria sicurezza, gli austriaci rendono la vita impossibile agli italiani con ogni mezzo disponibile, nel chiaro intento di demoralizzarli e convincerli ad abbandonare per sempre il territorio.

 

Altri nove milioni di nostri concittadini sono già stati deportati nei campi profughi della Svizzera, oppure rinchiusi in veri e propri campi di concentramento sul nostro territorio. La motivazione data al mondo dagli austriaci è che “se no saremmo in troppi, e per loro la situazione diventerebbe insopportabile”.

 

Rendendo insopportabile la nostra, invece, hanno risolto il problema alla radice.

 

Rimane infine la striscia di Sorrento, una sacca isolata a sud di Napoli, nella quale ribolle una folla di quasi due milioni di italiani, stipati in un fazzoletto di terra di pochi chilometri quadrati.

 

Rinchiusi come topi da laboratorio, tenuti da mesi senz’acqua, senza luce, senza cibo, e senza nemmeno le medicine più essenziali, vengono lentamente portati all’esasperarazione, per consentire – grazie al solito meccanismo perverso - la loro completa epurazione.

 

Sono ormai meno di venti milioni gli italiani rimasti sul territorio.

 

Tutti gli altri, dei cinquanta iniziali, sono morti o fuggiti all’estero.

 

Di fronte a questa furia devastante, il mondo sembra ridotto all’impotenza, e anche quando prova in qualche modo a reagire, si ritrova di fronte ad un muro di cemento.

 

Qualche tempo fa, ad esempio, fu letteralmente raso al suolo uno dei più grandi campi profughi del paese, durante un rastrellamento degli austriaci che dicevano di cercare dei terroristi nascosti fra la gente. Lo scandalo mondiale fu tale che l‘A.N.I. mandò una commissione internazionale per verificare l’accaduto, ma gli austriaci negarono l’ingresso ai suoi membri, mentre i loro bulldozer ricoprivano in gran fretta i segni del massacro.

 

Dove fino a ieri giocavano allegri i nostri bambini, oggi è una spianata anonima di cemento. Ma i bambini non li ha portati via nessuno. Sono ancora tutti lì, che giocano silenziosi sotto quel cemento.

 

La stessa sorte attende i nostri connazionali di Sorrento, che proprio in questi giorni stanno vivendo le ore più drammatiche di un’esistenza contrassegnata fin dalla nascita da sofferenze inenarrabili.

 

Mentre loro lanciano disperati gli ultimi razzi di cui dispongono, gli austriaci continuano imperterriti a mostrare al mondo i danni provocati, per poi reagire con una sproporzione ormai senza più senso.

 

In tutto questo nessun giornalista si ricorda di far notare che quei razzi vengono lanciati da italiani contro un territorio italiano, per cui basterebbe che gli austriaci tornassero a casa loro, e tutti i loro problemi “di sicurezza” finirebbero all’istante.

 

Ma evidentemente quei problemi non stanno affatto nella loro sicurezza, e a questo punto dovranno vedersela con l’unico dio dell’universo, il quale gli spiegherà finalmente in modo chiaro cosa volesse dire la sua famosa frase sulla terra promessa.

 

Massimo Mazzucco    9.1.2009

 

NOTA: QUALUNQUE RIFERIMENTO ALLA NAZIONE AUSTRIACA E AL SUO POPOLO COMPARE SOLO IN SENSO METAFORICO, E NON HA ALCUNA ATTINENZA CON IL MONDO REALE. Se invece altri popoli o nazioni dovessero riconoscersi in quanto descritto, il problema purtroppo non è nostro.

 

 

 

FONTE



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Non ho letto che poche righe e la firma .
Insiste.
Antisemitismo della porta accanto.

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Un sunto di 5 o al massimo 6 righe si può fare?

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Non è bello che per far audience si voglia speculare sulla tragedia israelo-palestinese e mi pare che il crollo dei “mi piace” attesti che non sono il solo a dolersene. Spiace che questo blog, in origine così eclettico (vedi bicarbonato e scie chimiche), stia diventando monotematicamente antisemita!

Conoscendo le competenze macroeconomico-monetariste della Sig.ra Salvador e del suo Spett.le Entourage, chiederei loro almeno un accenno al default della Argentina e della sua moneta nazionale con inflazione al 25%.
Se non avessimo l’ euro l’Italia già sarebbe Argentina! ma siam talmente grulli (vedi in Senato in questi giorni) che non è detto che non ci arriviamo comunque al default …

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Antisemitismo della porta accanto.
Antisemitismo della porta accanto.
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Diagnosi: schizofrenia catatonica della porta accanto.

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Non sarei così tragico nella diagnosi, Egr.Nemo! non parlerei di patologia psichiatrica ma di una disabilità culturale (perfettamente emendabile con la buona volontà) nel comprendere le ragioni d’entrambi i contendenti e nell’ individuare con realismo la soluzione che possa conferire pace stabile alla regione. Gli atteggiamenti manichei e le propagande faziose approfondiscono le trincee e allontanano ogni soluzione. Le parodie letterario-giornalistiche della questione deridono le sofferenze ed i morti della tragedia mediorientae; così pure come i tentativi di fare audience o proselitismo, sfruttandola.




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Mah... ho seri dubbi sulla diagnosi di disabilità culturale.
Comunque provo ad approfondire la questione con dei test clinici appropriati; in effetti la mia diagnosi, seppur molto probabile, ammetto che sia stata un po' affrettata: potrebbe essere qualcos'altro.

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Legga queste due definizioni prese dalla Treccani e poi me le spieghi con parole sue.

- semìtico agg. [der. di semita, sul modello del ted. semitisch] (pl. m. -ci). – Relativo a un gruppo di lingue (accadico, fenicio, ebraico, aramaico, arabo, etiopico, ecc.), parlate da popolazioni antiche e moderne dell’Asia sud- occidentale e dell’Africa settentrionale, che un passo biblico (Genesi 10, 21-31) fa discendere, per la maggior parte, da Sem figlio di Noè; per estens., relativo ai popoli parlanti tali lingue (assunti talora, con scarso fondamento, come gruppo etnico unitario).

- sionismo s. m. [der. di Siòn o Sìon (ebr. Siyyōn, gr. Σιών, lat. Sion), nome di una collina di Gerusalemme e, per estens., di Gerusalemme stessa; la parola è stata coniata, nella forma Zionismus, dallo scrittore ted. N. Birnbaum nel 1882]. – Movimento politico-religioso ebraico, espressione di varî orientamenti ideologici, costituitosi a Basilea nel 1897 allo scopo di creare in Palestina uno stato nazionale indipendente per il popolo ebraico, e praticamente esauritosi nel 1948, con la proclamazione dello Stato d’Israele. Nell’attuale pubblicistica politica, il termine è passato a indicare, con connotazione polemica, la politica di intransigente chiusura del governo di Israele nei confronti del movimento per l’autodeterminazione del popolo palestinese.

- anti agg. inv. Che si contrappone a.

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Capitan Nemo, continuo a dissentire dalle tue diagnosi sul clown, che, per me, e' semplicemente poco articolato e sprovvisto di cultura. Non ha ancora capito la differenza tra semitismo e sionismo. Perche' non gliela spieghi? Io non sono molto bravo a fare doposcuola sempre che nel caso del clown si tratti di doposcuola. Offende inoltre accusando, Francesca Salvador di speculare sulla tragedia di Gaza.Incredibile! Vorrebbe discutere dell' Argentina, ma dubito non solo delle sue conoscenze economiche di quel paese, ma anche geografiche. Chiudo: non vale la pena perderci tempo.

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Qui tutte le risposte:

http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2014/03/07/news/insulti-online-alla-puppato-il-pm-chiede-il-processo-1.8809298

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Lungi da me il beffeggio dei rispettabilissimi lavoratori dello spettacolo, immagino che la padronanza del lessico circense derivi al Sig. francescocecchini dalla assidua frequentazione dei tavoli sindacali.

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Puppato, un esempio eclatante di ipocrisia politica scambia le critiche per insulti e querela. In attesa del processo ho raccolto dei risultati politici. Le critiche sono circolate, hanno ottenuto riscontri politivi e Puppato circola di meno. Per esempio e' sparita dai talk show nazionali. Non e' tutto merito mio, Puppato ci ha messo del suo con tutti i suoi cambiamenti. Anche all' interno del PD la sua credibilità e' in calo. Sono in attesa del processo fiducioso dell' art. 21 della Costituzione che garantisce la liberta' di critica. Non patteggio inizio una battaglia per portarla a termine, non mi nascondo, non ho paura.
Non mi meraviglia che Politicamente Scorretto sia un puppattiano da quello che scrive o tenta di scrivere. Probabilmente si vergogna anche; non si firma e si nasconde dietro uno pseudonimo. Bell'esempio di etica.

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Ci tenga aggiornati sugli sviluppi del processo!

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L'avevamo perfettamente capito che il Sig francescocecchini usa l'insulto gratuito come forma di argomentazione.

PS (Politicamente Scorretto) è un mito del litorale jesolano. Hanno fatto epoca i suoi audacissimi tanga.

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Per Bastanzetti & Politicamente Scorretto, bel duo di puppattiani duri e puri, le critiche sono insulti. Non sono stupito considerato quello che scrivono.

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Un mito delle estati di Iesolo per i suoi tanga. Anche qui non sono stupito.

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Un ammiratore di Politicamente Scorretto in tanga. Qualche idea sul livello intellettuale della coppia l' avevo anche prima. Ora le cose sono piu' chiare. Prometto che con i due non discutero' piu' di sionismo o semitismo.

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ahi ahi ahi Sig. francescocecchini, da quando Politicamente Scorretto l'ha sgamata sulle gravi pendenze giudiziarie che la aspettano, la percepisco un po' nervosetto!

Ma dai, non si preoccupi! se la sbattono ai Piombi le porterò io, senz'altro, le arance e magari quel mattacchione di Scorretto provvederà ad inviarle i giornaletti...

PS: ma perchè continua a scrivere che non mi commenterà più e continua a farlo? la sua è una forma di dipendenza?

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Mi si è innervosito come un vespaio assalito da un orso il buon Cecchini. La ruspa era gialla e il tanga rosso CGIL

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Basta parlare di argomenti che vi innervosiscono.
Di che colore era la ruspa oggetto dell' arte vandalica dei writers?
Di che colore sono i famosi tanga per cui PS è un mito a Iesolo?

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Sarà mica lei, Sig. francescocecchini, l' anziano di Montebelluna che ha massacrato a bastonate quel povero gattino?
Sa, con quel che abbiamo saputo circa le sue pendenze giudiziarie...

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La mia vicenda con Puppato è pubblica e sono orgoglioso della mia battaglia, che ha la radice nella sua strumentalizzazione partitica e personale dell' evento partigiano del Cansiglio, Vittorio Veneto, il 9 settembre 2012. Informerò che a Vittorio Veneto ha una coppia di sostenitori: Bastanzetti ed un mito delle estati di Iesolo. Civati non si fida di lei per l' improvviso cambio di rotta , ed anche Renzi non stravede, ma può contare su voi due.

Ringrazio comunque di darmi la possibilità di parlare di Puppato, su questo blog. Magari qualcuno mi legge. Continuerò.

Sono propietario di una gatta, che sta benissimo, le ho detto delle sue preoccupazioni. Anche lei ride.

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Ci sono cascato un' altra volta. Bastanzetti e' una persona semplice non bisogna parlargli di cose complesse od usare metafore.

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Puppato sta perdendo consensi e credibilita' in compenso a Vittorio clown Bastanzetti e tanga rosso la difendono a spada tratta. Buon segno?

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Considerato che Michele Bastanzetti hanno tirato in ballo le mie relazioni con la senatrice Laura Puppato posto una nota chiarificatrice. Grazie dell'ospitalità.

SENATRICE PUPPATO E L’ ART. 21 DELLA COSTITUZIONE.
Art. 21 della Costituzione: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Quando nel marzo del 2013, Laura Puppato lo accusò di essere un piccolo ducetto , Flavio Zanonato, ora deputato al parlamento europeo affermò:
“ Mi sembra giusto che la gente sappia che la Puppato non accetta le critiche e che non è affatto quella che sembra in televisione.”
Sono stato denunciato da Puppato per averla diffamata con calunnie, il processo inizierà il 17 ottobre prossimo.
La mia non è diffamazione personale, ma critica a comportamenti politici della senatrice Puppato, diffusa con i mezzi a disposizione di un cittadino. giornali online, social network, emails etc.,etc.. Ho aumentato la diffusione dopo che Puppato mi ha inviato a casa due volte il comandante dei carabinieri di Montebelluna, Arcidiacono per farmi cambiare idea e dopo la denuncia.
Le mie critiche alla senatrice Puppato riguardano principalmente i seguenti punti:
• La strumentalizzazione partitica dell’evento del Cansiglio il 9 settembre 2012. Puppato si presentò come oratrice unica e capogruppo del PD in Consiglio regionale Veneto. Fatto grave che ruppe l’unità delle forze antifasciste. Allego la mia lettera aperta dell’ anno scorso a Carlo Smuraglia e la sua risposta.
• La sua performance come sindaco di Montebelluna. Tra l’altro fu denunciata al TAR dal WWF locale.
• Quando nel luglio del 2011 il Consiglio Regionale Veneto si è pronunciato a favore della riconversione a carbone della centrale elettrica di Porto Tolle, Puppato capogruppo del PD non si è opposta come hanno fatto altri, per esempio Bertolissi eletto nella stessa lista, ma si è astenuta, facendo passare questo come una critica / atto di accusa alla politica veneta.
• La legge 27/12 che permette al Movimento per la vita di entrare negli ospedali ottenne il voto favorevole da Puppato allora capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Veneto ( La commissione Sanità del Consiglio regionale poco tempo fa ha respinto il testo che autorizzava l' ingresso negli ospedali ad associazioni che si occupano di etica e salute. Il Movimento per la vita, innanzitutto. Così torna in giunta il regolamento della legge 27 approvata 2 anni fa. Una grande vittoria delle donne, una sconfitta per Puppato ).
• L’ aver votato in Senato l’abolizione dell’art. 138 della Costituzione, dopo aver partecipato alcuni giorni prima, il 12 ottobre 2013 a Roma ad una manifestazione a sostegno carta costituzionale.
• Il cambiare troppo spesso posizione. Puppattiana durante le primarie del PD del 2012 per ottenere la segreteria del partito e la presidenza del consiglio. Poi, via via, bersaniana, amica dei grillini,civatiana ed ora renziana.
• L’ aver abbandonato per ben due volte il territorio dove era stata eletta, prima di terminare il suo mandato. Prima Montebelluna dove era sindaco,per diventare consigliere regionale veneta, poi il Veneto per diventare senatrice.

Francesco Cecchini 21.06.2014




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Alla luce degli aggiornamenti su esposti, fossi stato nella Preg.ma On. Puppato io avrei denunciato il Sig francescocecchini per stalking.

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Bastanzetti, Puppato la pensa esattamente come te. Buon segno.
Politicamente Scorretto, ho gia due avvocati.
Comunque grazie per avermi dato la possibilita' di chiarire le mie relazioni con Puppato anche nei blogs di Francesca Salvador e Paolo Pandin Postate i vostri commenti anche in altri blogs ed informatemi.

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Bastanzetti e Tanga Rosso sostengono Puppato. Sul personaggio l' ex sindaco di Vittorio, Da Re, benchè verde ed io rosso la pensa come me.

REGIONALI
"Puppato? Ama le poltrone"
Il contrattacco della Lega
"Lascia due anni prima per una comoda poltrona in Regione". Replica all’attacco del sindaco di Montebelluna contro il candidato del Carroccio Zaia, accusato di bluff. Vuole fare il ticket con Bortolussi? La verità è che il Pd le ha già dato il benservito


di Sabrina Tomè

• LEGGI La Puppato dice si a Bersani. "Smaschereremo i bluff di Zaia"
TREVISO. Deposti i fioretti, è arrivato il momento delle sciabole: lo scontro politico per le regionali è infine entrato nel vivo. Anche nella Marca.

Dopo che Laura Puppato ha ufficializzato la sua partecipazione alle elezioni come capolista del Pd e dopo che ha tirato una serie di fendenti contro la Lega accusandola tra l’altro di incoerenza, è scattato ieri il contrattacco del Carroccio. Durissimo. «La Puppato? E lei l’incoerente. Ha tradito il suo Comune dimettendosi due anni prima della scadenza naturale per andarsi a sedere sulla comoda poltrona di consigliere regionale. Da lei non prendiamo certo lezioni. Di nessun tipo, tanto meno sul problema dell’inquinamento. E le polveri sottili ce le ha lei in testa», ha lanciato il segretario provinciale del Carroccio nonché ex consigliere regionale e sindaco di Vittorio Veneto Antonio Da Re. La sfida, quella trevigiana, è dunque ufficialmente iniziata.

Ed è iniziata sabato quando Laura Puppato, dopo aver mandato l’sms «ci sto» a Bersani, è partita all’attacco della Lega. Dicendo, tra l’altro, che «decide in un modo e a Roma legifera in un altro»; sostenendo che «bisogna dotare la Regione di un piano energetico»; accusando Zaia di non averlo fatto quando era vicegovernatore; sostenendo, sempre a proposito di ambiente, che «Lega e Pdl non si sono impegnate».

Tanto basta per far scendere in campo i colonnelli del Carroccio. Primo fra tutti Antonio Da Re. Che, per cominicare, contesta la scelta del sindaco di Montebelluna di andare a Venezia. «Qualora venisse eletta dovrebbe dimettersi da sindaco - spiega il segretario provinciale della Lega - Questo significa che dovrebbe lasciare il Comune due anni prima della scadenza naturale del mandato. Il tutto per andarsi a sedere sulla comoda poltrona di consigliere regionale». Una poltrona che, per la verità, è stata anche di Da Re. «Sì, io però ho fatto il percorso inverso - afferma - ero consigliere regionale e ho lasciato l’incarico per diventare sindaco: la prima posizione è assai più remunerativa della secondo».

Poi continua: «Un conto era se Puppato puntava a fare il presidente, un altro se, come avviene ora, vuole fare il consigliere. Farà il ticket con Bortolussi? Diciamocelo chiaramente: il Pd regionale, a Laura Puppato, ha dato il benservito. E vogliono metterla capolista in più province per garantirle che verrà eletta». Quindi, ironico: «La sua scelta dimostra tutto l’amore per il suo paese e i suoi cittadini. Poi non venga a dire che gli incoerenti siamo noi».


Il primo discoro di Laura Puppato da candidata capolista del Pd ha riguardato la questione ambientale: dalla necessità di un piano energetico regionale per risolvere la questione degli inceneritori e delle polveri sottili, alle accuse di immobilismo e di contradditorietà della politica leghista.

«Non abbiamo fatto niente sul piano ambientale? Balle elettorali - liquida Da Re - Chi ha chiuso le disariche? E’ stato Zaia. L’unica cosa che ha fatto la Puppato, invece, è stata di andare in giro con le fiaccole. Lo ribadisco: non prendiamo lezioni da lei. Che cosa ha fatto per Montebelluna? Che cosa ha fatto per combattere le Pm10? La verità è che le polveri sottili sono nella testa del sindaco di Montebelluna. Diciamocelo chiaramente: anche fermando le auto non si risolve il problema che dipende da svariati fattori e che è molto complesso. Certo, in campagna elettorale si può dire tutto e il contrario di tutto. Ma. per cortesia, non le stupidaggini».

Infine Da Re entra nel merito della questione che ha tenuto banco in questi giorni: gli inceneritori voluti da Unindustria e bocciati dal consiglio regionale.

La posizione della Lega, sul problema, è abbastanza definita. «La questione inceneritori? Precisiamo innanzittutto che quelli voluti dagli industriali riguardavano i rifiuti industriali. Per quelli urbani c’è già un inceneritore, a Fusina, che basta e avanza. Altri non sono necessari».

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Abbiam tutti capito che il Sig francescocecchini si è preso proprio una bella cotta per la Preg.ma On. Laura Puppato!

PS: un po' rotondetta ma sempre na béa tosa!

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Per rispetto a Francesca Salvador e Paolo Pandin interrompo le mie note su Puppato.
Comunque l' ho informata ( la sua segretaria Debora che forse mi odia piu' di Laura) che a Vittorio Veneto non c' e' solo Da Re che non la stima, diciamo cosi', ma ha un ammiratore che la definisce una bea tosa. Non mi ha risposto,ma sono sicuro che le fara' piacere sapere che non c' e' solo la sua amica Concita che la crede una bellissima donna. Puppato amante delle poltrone si sta agitando per le prossime primarie per le regionali 2015. Le piacerebbe tornare a Venezia come Presidente del Veneto. Mi raccomando Bastanzetti, si impegni. Due o tre fans non bastano.

Immagino che Tanga Rosso CGIL stia scorrazzando par Iesolo con la sua ruspa dipinta da un writer di grido. Una domanda, i graffiti sono in armonia con il tanga?
Chissa' perché quel writer mi e' simpatico?

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Ne riparliamo a processo concluso, poi vediamo se avrà ancora voglia di sfottere!

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Ne riparliamo a processo concluso, poi vediamo se avrà ancora voglia di sfottere!

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Tanga Rosso GGIL, e' agosto concentrati su far impazzire Iesolo e ricercare il writer che ti ha dipinto la ruspa. Magari e' un' opera d' arte commissionata. I processi in Italia sono lunghi e poi ci sono 3 istanze. C' e' tempo che il writer colpisca ancora magari con il colore rosso. Una ruspa giallorossa, con Tanga Rosso CGIL alla guida in tanga. E' la volta che conquisti anche Caorle. Perché non posti la tua nota Chi e' Francesco Cecchini? Anche sugli altri blogs. Avvertimi. Grazie.

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Certo che, Sig.francescocecchini, approfittare del blog antisemita della Sig.ra Salvador per assillarci con la sue traversie giudiziarie e la sua storia di passione non corrisposta verso la Preg.ma On. Laura Puppato mi pare veramente di cattivo gusto.

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Sionismo e semitismo sono uno scoglio, vero? Non l' unico, immagino.

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Per me sionismo e semitismo non sono uno scoglio. Sono solo un argomento di cui non me ne frega niente.

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La domanda era rivolta a Bastanzetti che e' andato ben al di la' della scuola dell' obbligo. So che gli scogli non sono il suo campo. A sentire Bastanzetti lei spopola in tanga nelle spiaggie di Iesolo. Ora ha anche una ruspa con graffiti.

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