25 aprile amaro a Castelfranco, nessuna iniziativa per i partigiani morti nelle frazioni
Derio Turcato figlio della partigiana Olga Bernardi, che aveva lamentato lo stato di abbandono dei cippi commemorativi, ora denuncia l’inerzia generale
CASTELFRANCO VENETO - «Con il sasso lanciato nello stagno dell’indifferenza, per smuovere il ricordo dei partigiani figli di un Dio minore, Gino Didonè, Angelo Bobbato, Pierfrancesco Venezze, sfortunatamente caduti fuori dal centro di Castelfranco, si sperava muovesse la coscienza dell’Amministrazione Comunale e dell’ANPI cittadino, affinché l’oblio riservato a questi morti, finalmente con un piccolo presente fosse sanato. Invece nulla!». Inizia così l’amara considerazione di Derio Turcato figlio della partigiana Olga Bernardi che qualche settimana fa aveva pubblicamente lamentato l’abbandono e il degrado dei cippi e delle lapidi commemorative nelle frazioni castellane, con la speranza, visto che il tempo per farlo c’era, che o la Municipalità o l’Anpi corressero ai ripari.
«Nel salotto buono cittadino: petti in fuori, saluti militari, bandiere garrite al vento, inni del Piave e del Grappa davanti agli ex monumenti fascisti, fortunatamente però, con l’inno nazionale davanti alla lapide dei partigiani impiccati e il canto in libertà dei presenti, fuori dal canone istituzionale, con Bella Ciao: così si è consumata anche quest’anno la ricorrenza del 25 Aprile – prosegue Turcato -. Tutti se ne sono tornati a casa con la soddisfazione di aver consacrato, ancora una volta, il rito. I convitati di pietra, perennemente assenti, ma presenti per aver anche loro dato il proprio contributo con la vita, quest’anno si devono accontentare nuovamente dell’erba dei campi, che non ha remore, cresce e copre buoni e cattivi e non fa differenze».
Ma qualcosa è stato fatto anche se solo per iniziativa dei privati cittadini, mentre da istituzioni e enti nulla è stato fatto, come precisa il figlio della celebre partigiana Olga Bernardi: «E sì che il nostro suggerimento aveva aperto qualche aspettativa, i parenti di Angelo Bobbato si erano dati da fare, sollevato e messo a bolla il cippo ormai piegato dal tempo, rifatte le scritte incise nel marmo quasi consumate, la stele posta in simmetria sulla pescaia del podere della tenuta dei Venezze con quella del loro parente, accumunati i due partigiani, nella tragedia della morte, si aspettavano un giusto riconoscimento. Grande dignità dimostrata dai parenti, la signora Venezze, a cui mi ero rivolto prospettandole la possibilità che si potessero commemorare anche questi due martiri con un segno tangibile, ne avevo ricavato la sua totale adesione, senza eccepire sull’oblio che finora ha ammantato questi due combattenti».
Ammirevole l’impegno dei parenti di Angelo Bobbato, che a fronte dell’amnesia istituzionale, hanno restituito un po’ di dignità a chi merita il rispetto e la considerazione di tutti per aver dato la vita nella Lotta di Liberazione. Turcato, quindi, conclude tra la delusione e la speranza: «Ebbene sì, figura barbina la mia, aver venduto la pelle dell’orso prima di averlo preso, confidavo sulla dignità morale di chi è deputato a perpetuare il ricordo della liberazione, evidentemente mi sbagliavo, ma la pessima figura non è la mia. Se consideriamo che oggi ci sono persone che portano fiori ai caduti della repubblica di Salò, riuniti in cimiteri dalle linde croci e allineate tombe, dove incombe la scritta presente, noi invece ci dimentichiamo di quelli che nelle nostre contrade, nei nostri campi, sono stati uccisi. La convinzione di aver agitato le acque, spero porti prima o poi, ma comunque sempre tardi, alla giusta valorizzazione dovuta a questi dimenticati, non in pompa magna, ma con un semplice fiore».
Leggi anche:
Castelfranco, da Derio Turcato la richiesta di ricordare i partigiani dimenticati
Iscriviti alla Newsletter di OggiTreviso. E' Gratis
Ogni mattina le notizie dalla tua città, dalla regione, dall'Italia e dal mondo