Vittorio Veneto, "par dàa rògna inpestà"
Piasentin immortala il degrado di una città che una volta veniva invidiata
VITTORIO VENETO - Vardé come che l'é drío 'ndar
Vitòrio che l'era da invidiàr
par l'ordine e i so bèi pa.àz,
dès al se ritrova spórc e paz.
L'é na bruta sfiàda de fazàde
de case pi o mànco rovinàde
intonaco che casca o cascà
che ‘l par dàa rògna inpestà.
Carlo Piasentin è amareggiato, mentre passa per via Manin. Tanto da immortalare ciò che vede con le fotografie. E con le parole. Il poeta vittoriese è deluso, dispiaciuto di come la sua città, una volta ammirata e valorizzata, tanto da essere invidiata, sia ora lasciata nel più totale degrado.
Piasentin ricorda i palazzi vittoriesi. Ordinati, limpidi, imponenti, architettonicamente splendidi. Vere opere d'arte. Li ricorda e associa l'immagine che ha nella sua mente con quella che vede, a distanza di anni, con i suoi occhi. Palazzi fatiscenti, decrepiti. Facciate di case con l'intonaco che cade. A pezzi. Balconi scoloriti, rotti. Muretti sfasciati, erbacce che crescono indisturbate, tubature esterne arrugginite. Porte precarie.
E così, Piasentin sprona, con i suoi versi, a buttare l'occhio, e fa notare come Vittorio Veneto "l'é drio 'ndar". Senza che nessuno faccia niente per impedirlo. Per arrestare la progressiva decadenza di un centro città che una volta era splendido, mentre ora "par daà rògna inpestà".