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19 aprile 2024

Treviso

VERSO L'8 MARZO Resistono gli stereotipi di genere e continua la violenza

Per Valeria Zagolin, presidente della Commissione Pari Opportunità di Treviso, ci si scontra ancora con problemi culturali fondati sulla distinzione di ruoli sociali e economici.

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

VERSO L'8 MARZO Resistono gli stereotipi di genere e continua la violenza

TREVISO - Una donna su tre nell’Unione europea ha subito violenze fisiche e o sessuali. La differenza tra il tasso di occupazione femminile e maschile nell’Ue è dell’11,6%; in Italia si attesta al 19,6%. Il dieci per cento dei lavoratori edili e il venticinque degli occupati nei settori dell’agricoltura della silvicoltura, della pesca e dei trasporti sono donne, mentre il 25 % degli operatori dell’istruzione e il 20 % degli occupati in attività socio-sanitarie sono uomini. Malgrado in Europa le laureate superino numericamente i laureati, le donne continuano a essere sottorappresentate nelle professioni più remunerate mentre nei lavori e nei settori scarsamente retribuiti e negli inquadramenti di livello più basso, la presenza femminile è superiore a quella maschile.

Se poi si passa al settore digitale, la percentuale degli uomini impiegati è 3,1 volte superiore a quella delle donne. Solo il 22% dei programmatori che si occupa di intelligenza artificiale è rappresentato da donne. E ancora: solo il 17 % di chi intraprende studi o abbraccia una professione nel settore delle Tecnologie dell'informazione e della comunicazione - e solo il 36% dei laureati nel settore delle scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) - è rappresentato da donne. Quanto al salario: le donne percepiscono stipendi inferiori in media di circa il 16 per cento rispetto a quelli degli uomini e il il divario pensionistico di genere è del 30,1%.

È un report piuttosto impietoso quello che condivide con OggiTreviso Valeria Zagolin, presidente della Commissione Pari opportunità di Treviso: “I dati italiani sono tra i peggiori, secondo il Global Gender gap 2020; l’Italia si trova al 76° posto. Ci si scontra ancora con problemi culturali di rappresentazione della società che tendono a mantenere una distinzione di ruoli sociali e economici che, sicuramente, non è più basata su caratteristiche “fisiche”.

C’è poco da festeggiare l’8 marzo...

Non si tratta di una festa. Questo è il 111mo anno dalla Istituzione della Giornata internazionale per i diritti delle donne, scelta durante la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste che si svolse a Copenaghen nel 1910 su proposta avanzata precedentemente (Conferenza di Stoccarda) da Clara Zetkin e il suo primo obiettivo fu quello di reclamare i diritti delle donne, in modo particolare il diritto di voto.
Dopo gli anni ’70 ha assunto un aspetto più “festaiolo”, ma comunque importante, molte donne, pur non coinvolte nelle rivendicazioni politiche, se ne sono appropriate rivendicando il diritto a festeggiare con le amiche.

Perché la donna continua a fare più fatica dell’uomo ad affermarsi nella società, nel lavoro, nella politica?

Per la politica ho una mia ipotesi interpretativa: per le donne è più difficile gestire il concetto di “potere” astratto, riescono più facilmente a usare il potere per la realizzazione di obiettivi concreti, ma nei partiti e nelle Istituzioni prevale ancora una concezione “maschile” che non lascia margini di gestione diversa. Quindi c’è la difficoltà di confrontarsi con modelli maschili che risultano vincenti, ma non convincenti.

È una realtà purtroppo che poche donne occupino posizioni apicali o esercitino ruoli direttivi nella professione e nelle istituzioni.

Gli sterotipi di genere relativi al ruolo e alle capacità delle donne incidono ancora pesantemente condizionando le scelte lavorative e di vita non riuscendo a dividere equamente il carico di gestione familiare. Questo, ovviamente non vale per tutte, ma sono modelli ancora presenti.

La sua sua esperienza personale? Lei che ha ricoperto posizioni di rilievo in politica.

Mi ritengo fortunata per avere iniziato a far politica negli anni ’70: il primo comizio della mia vita, a piazza deserta, l’ho fatto per il referendum sul divorzio nel 1974. Ho quindi assistito alle battaglie e alla conquiste delle donne: il diritto di famiglia, IVG, il finanziamento per l’apertura degli asili nido e dei consultori familiari, e poi negli anni ’80 le elaborazioni tematiche delle commissioni pari opportunità a livello nazionale in collegamento con le istituzioni europee. Voglio ricordare che, anche nel Comune di Treviso, negli anni ’80 le donne erano 6 o 8 su 40 consiglieri e rappresentavano quasi tutti i partiti politici.

Ora è alla guida della Commissione pari opportunità. Su cosa state lavorando?

Purtroppo la pandemia ha reso difficile se non impossibile la concretizzazione dei programmi della Commissione, rispetto ai nostri obiettivi di formazione su pari opportunità e violenza, di valorizzazione della storia delle donne, di creazione di reti, ma cercheremo di riprenderle al più presto. Siamo riuscite a realizzare un primo convegno con gli studenti sulla ”Identità maschile“ e l’iniziativa “in25peril25” che ha visto il coinvolgimento di 25 uomini protagonisti della campagna contro la violenza sulle donne. A questo proposito ho visto con piacere che in alcune città (Torino, Milano, Biella) ci sono stati cortei o presenza in piazza di uomini contro la violenza ed è stato firmato dai segretari di CGIL, CISL e UIL un appello “Cari uomini abbiamo un problema”. Come è apparso in un’immagine girata sui social “La violenza sulle donne è un problema degli uomini”.

 


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Roberto Grigoletto

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