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19 aprile 2024

Cronaca

Vent’anni per prendere la patente

Tanto ci ha messo Riccardo, affetto da tetraparesi spastica, per guidare un’auto. E coronare un sogno

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Vent’anni per prendere la patente

MILANO - Quando ha compiuto 18 anni, Riccardo ha espresso un desiderio: accendere le candele. Di un’auto. Tutti i suoi compagni della Ragioneria, una volta maggiorenni, facevano la patente. Per lui questo era un sogno bello e impossibile. “Sono affetto fin dalla nascita da tetraparesi spastica agli arti inferiori - racconta Riccardo -. Le cellule del cervello che trasmettono i movimenti alle gambe sono nate morte. Tutto il mio corpo è stato colpito dalla malattia, infatti muovo le braccia più lentamente delle persone normodotate”.

 

Sogni come sfide. Nato a Milano il 20 novembre 1980, Riccardo Saporiti ricorda i suoi 18 anni. Nel 1998 è maggiorenne. Ma per lui cosa cambia? Cambia che mamma Rita racconta di un suo collega di lavoro con le stampelle che ha ottenuto una patente B speciale. Ed è lei che dice a Riccardo: ‘Perché non tenti anche tu?’ La domanda è una sfida. Che Riccardo raccoglie. “Ma prima - dice - devo diplomarmi: è la mia priorità”. Dopo la maturità Riccardo (sono gli anni Ottanta: mica si sta con le mani in mano!) si iscrive alla facoltà universitaria di Informatica. Ma presto si rende conto che non fa per lui. “Nel settembre del 2000 - prosegue - frequento un corso post diploma di amministrazione aziendale. Ho i pomeriggi liberi e così mi iscrivo a una scuola guida”.

 

 

Delusioni e cambiamenti. Riccardo studia con profitto, ma quando deve sostenere l’esame di teoria va nel pallone. “L’esito è un disastro: troppa emozione”, racconta. Ci riprova. E ce la fa. Ma la pratica è uno scoglio. Dopo due guide, l’istruttore si rivolge ai genitori: ‘Chi ha insistito per far fare la patente a Riccardo? E’ lento, impacciato nei movimenti…’. Mamma Rita si ribella: ‘Come fa a esprimere un giudizio in poco tempo su una persona che non ha mai condotto neppure una bicicletta? Riccardo cambia autoscuola. Il nuovo istruttore lo incoraggia. Dopo tre mesi al volante e cinquanta ore di guida, Riccardo tenta l’esame. Bocciato. “Anziché girare a sinistra - ricorda - vado dritto! Ancora una volta l’emozione gioca brutti scherzi”. Nel frattempo, viene assunto presso Centrimpresa, una filiale di Confcommercio. Non ha più molto tempo per studiare, ma ha uno stipendio, ed è ottimista. Può pagarsi le ulteriori lezioni per la patente. Solo che l’ufficio Confcommercio di Binasco (comune tra Milano e Pavia, l’unico senza barriere architettoniche) è a 25 chilometri da casa. Il che significa farsi accompagnare da papà (l’unico che ha la patente in casa) e non avere molto tempo a disposizione. Il che significa delusione, pianti e scoramento. Quando Riccardo vede arrivare i colleghi in auto al lavoro si chiede perché lui non possa fare altrettanto. E ci riprova.

 

Bravi istruttori. Daria e Franco, gli insegnanti di teoria, e Roberto, l’istruttore di pratica, daranno a Riccardo le indicazioni giuste. “Se vuoi imparare a guidare ti è necessario indirizzare lo sguardo in profondità - gli dicono - così gli occhi trasmettono il movimento alle braccia, compensando la lentezza di riflessi”. Nel 2013 Riccardo ha la patente. “Non avevo mai risposto il sogno nel dimenticatoio - dice - bensì in un normale cassetto. Finalmente potevo fare viaggi in autonomia. Viaggi di una vita diventata un po’ più mia.” Ma le difficoltà non sono finite. Solo peregrinando tra diversi concessionari, con tanta pazienza, Riccardo riesce a trovare l’auto adatta a lui. “Papà Alfio - conclude - ha la patente da 50 anni. Ed è normodotato. Io devo fare costantemente i conti con i miei limiti. Ma con l’auto ora posso andare a prendere il pane, andare al bar, fare un giro per la città. Piccole cose importanti per chi, come me, trascorre la quasi totalità della giornata tra quattro mura. Piccole cose che - come canta Enrico Ruggeri - fanno più grande la mia vita”. Riccardo ha raccontato la sua piccola, grande conquista in un testo. Lo alleghiamo alla sua storia. Alla sua testimonianza.

 


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Emanuela Da Ros

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