13 ottobre 2024
Categoria: Spettacolo - Tags: reality show, utopia, Grande Fratello, docu reality
Silvia Albrizio | commenti |
In Olanda è appena cominciato un reality show dalla formula tradizionale, di quelli dove un gruppo di sconosciuti viene spiato ventiquattr’ore al giorno in un luogo circoscritto. Non è il “Grande Fratello”, ma si propone di essere qualcosa di molto più pioneristico: si chiama “Utopia” e prevede la nascita e l’evoluzione di una vera e propria società. I quindici concorrenti infatti sono stati trasferiti in un capannone isolato con pochi viveri, qualche animale d’allevamento e un telefono. In queste condizioni dovranno non solo sopravvivere, ma cercare di creare una struttura sociale che li permetta di coesistere pacificamente per almeno un anno, tanto è la durata dello show. Sono previste nomination, entrate e eliminazioni, come ogni gioco che si rispetti, dove il pubblico viene coinvolto sono in piccola parte. Il resto lo fanno i protagonisti.
A dispetto di ogni aspettativa la prima puntata della trasmissione è andata benissimo, talmente bene che ora alcuni network statunitensi sembrano interessati all’acquisizione del format. Che sia il ritorno di un genere? Abbiamo già parlato di reality show in questo blog, raccontandone l’evoluzione e la frammentazione tra docu reality e talent, tuttavia qui si tratta di un ritorno alle origini. Senza contare il fascino della che la formazione di un microcosmo a sé stante ha nella nostra società, sebbene il confine tra pagliacciata ed esperimento antropologico sia molto fragile.
All’estero non è la prima volta che si realizzano questi social reality: è stato citato anche in altri media l'esempio di "Kid Nation”, reality statunitense ispirato all’inquietante “Il Signore delle Mosche”, con un gruppo di ragazzini allo sbaraglio di fronte alle telecamere senza alcun controllo da parte degli adulti (almeno nelle intenzioni). Fu un flop.
Prepariamoci dunque: non è detto che tra qualche anno anche in Italia non si assista a un’”Utopia”, sempre che nel frattempo le direttive autoriali non impongano strategie e manipolazioni a quella che dovrebbe essere una realtà libera da ogni vincolo, anche televisivo. Anche se forse è proprio questa la vera utopia.
Silvia Albrizio
Ha studiato cinema e televisione e ne scrive sulla carta e online. Readymade è il risultato pronto all’uso delle sue riflessioni su questi ed altri media
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