URGENTE INNOVARE (nelle Imprese e nella P.A.)
| Gloria Girardini |
di Claudio Bottos
La vicenda Covid-19 ha fatto emergere i molti punti deboli del sistema paese. Due di questi riguardano, da un lato le imprese e dall’altro gli enti pubblici. Le prime hanno dimostrato la mancanza di capacità di guardare avanti, evidenziata dalla mancata implementazione di processi di budgeting e di valutazione dei rischi, accompagnati spesso da scarsa redditività e bassa patrimonializzazione. I secondi hanno dimostrato sia la macchinosità delle procedure, sia la lentezza operativa, che hanno portato e stanno portando ritardi alle richieste e domande di imprese e cittadini. Basta vedere cosa è successo, e sta succedendo, con i contributi a fondo perduto per imprese e lavoratori autonomi e al pagamento delle varie casse integrazioni ai dipendenti delle aziende che ne hanno fatto richiesta. Se è vero, come dice un vecchio detto, che tutto il male non viene per nuocere, proviamo a capire quale il bene che potrebbe derivare dalla vicenda covid-19. Credo che, queste debolezze del sistema abbiano un fattore comune che si chiama poca e/o scarsa innovazione. Quando si sente il termine innovazione viene automatico, alla maggioranza delle persone, pensare alla tecnologia e in modo particolare a computer, internet, telefonia, macchine automatiche e robot. È abbastanza ovvio che sia così perché si vedono e/o si toccano con mano ma, la tecnologia causa degli effetti che si manifestano nel tempo, il principale è quello di modificare la tipologia della forza lavoro in quanto assorbe, e assorbirà, molto lavoro sia del manufatturiero che del terziario come, ad esempio, cassiere di negozi o impiegati di banca che stanno per essere sostituiti dagli acquisti online e dall’home banking.
Tutto ciò, come i dati ISTAT già indicano, cambia la struttura del mercato del lavoro, negli ultimi anni (ISTAT 2017), su un totale di 22,7 milioni di occupati circa 5 milioni sono professionisti e lavoratori autonomi mentre, gli altri 17 milioni circa, sono lavoratori dipendenti e di questi 14,8 milioni sono a tempo indeterminato e 2,4 milioni a tempo determinato e questi sono quelli cresciuti di più negli ultimi anni, tendenza che si manifesta anche a livello internazionale. Il termine innovazione, più, che far pensare ad organizzazione e gestione, porta alla controversa questione della caduta della produttività del sistema Italia, non solo nelle imprese ma anche negli enti pubblici. Tra le cause, sulle quali è aperto un dibattito tra economisti, quelle che più incidono son quelle interne e riguardano la scarsa innovazione sia tecnologica, sia organizzativa e gestionale. Visto che per il 2020, 2021 e 2022, sulla base delle proiezioni di crescista del PIL moltissime aziende, per effetto anche della crisi avranno forti perdite di bilancio, c’è da sperare che per uscirne, non adottino le stesse cure adottate nel periodo 2008-2015, ossia alti ritmi, taglio lineare dei costi e conferma dello stesso modello di business. Il taglio lineare dei costi non riesce a distinguere tra attività poco utili, che sprecano risorse, e attività che creano valore aggiunto. Bisognerà quindi che le imprese e gli enti progettino nuove soluzioni spazio-temporali, condivise con tutti gli attori, per favorire l’innovazione tecnologica e ancora di più quella organizzativa. Le nuove tecnologie e la rete consentono soluzioni di comunicazione a distanza tra persone e interazioni uomo macchina e sistemi produttivi, come si è visto in questo periodo del coronavirus, che erano impensabili o ipotizzate troppo in là nel divenire.
Questo tema fa emergere l’esigenza di un grande lavoro di gruppo e una maggiore responsabilità delle persone, con nuovi ruoli organizzativi coordinati, più autonomi e responsabili dei risultati. Il coordinamento diretto delle risorse, oltre che per la soluzione dei problemi, implica diffusione di conoscenza tecnica e gestionale, condivisa. Questa logica impatta sui processi aziendali che vanno reingegnerizzati e sull’organizzazione che troppo spesso è disegnata con la logica gerarchico-funzionale, nella quale qualcuno risponde a qualcun altro che sta sopra, e troppo poco con la logica di processo nella quale, per la sua trasversalità, prevede l’intervento di diverse funzioni per il raggiungimento dell’obiettivo, che solitamente è quello di fornire un prodotto, un servizio o risolvere un problema. Per raggiungere un obiettivo, quasi sempre, si devono attivare più processi ognuno dei quali, con il suo input e output e, dovrebbe portare alla logica del rapporto cliente-fornitore interno, che è alla base del miglioramento continuo. Un esempio schematico si può vedere nella figura 1, dove, io sono cliente dell’output del tuo processo, e divento fornitore del processo successivo che riceve l’output del mio processo, ed è questa la logica che promuove all’interno dell’azienda o dell’ente, l’obiettivo di soddisfare il cliente finale a cui dobbiamo fornire un prodotto o erogare un servizio. Ogni attore nel processo, proprio per questa trasversalità, diventa cliente di qualcuno e fornitore di qualcun altro e deve agire come se, il suo cliente interno fosse quello finale e come tale deve essere soddisfatto. In questo modo nasce la collaborazione e il lavoro di gruppo. Obiettivi e processi, con le relative attività, devono essere misurati perché, come diceva W.T. Kelvin “se non si può misurare qualcosa, non si può migliorarla” e, devono inoltre perseguire il concetto di economicità, che altro non è che la somma di efficienza e di efficacia.
Solo quando l’efficienza e l’efficacia stanno assieme si ha l’economicità. Quante volte abbiamo visto processi o attività efficienti ma non efficaci e viceversa. Puoi essere efficiente nel fare una pietanza perché impeghi le risorse previste, ma se questa non è buona, non sei stato efficace o, al contrario puoi fare una buona pietanza ma hai consumato molte più risorse di quelle previste ed allora sei stato efficace ma non efficiente. Se invece usi le risorse previste e fai anche una buona pietanza, sei stato efficiente ed efficace. Mentre sto terminando questo articolo sento che l’Europa ha stanziato 750 miliardi di euro, dei quali circa 500 a fondo perduto e 250 con finanziamenti a tassi agevolati, per aiutare i paesi colpiti dal coronavirus. Di questi circa 172 dovrebbero andare all’Italia di cui circa 82 a fondo perduto ma, il vincolo è che questi contributi vadano a investimenti, riforme e innovazione. Saremo in grado di essere efficienti ed efficaci nell’impiego di questi miliardi?