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28 marzo 2024

Montebelluna

Uomini in cambio di carbone, da Montebelluna alle miniere del Belgio

Inaugurata la mostra negli spazi espositivi dell’ex Tribunale

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Uomini in cambio di carbone, da Montebelluna alle miniere del Belgio

MONTEBELLUNA - E' stata inaugurata la mostra “Uomini in cambio di carbone. Storie di italiani nelle miniere del Belgio” visitabile dal 18 novembre al 10 dicembre 2017 presso gli spazi espositivi dell’Ex Pretura (Piazza Negrelli – Montebelluna). Promossa ed organizzata dalla sezione dei Trevisani nel Mondo di Montebelluna e con il patrocinio della Regione Veneto, del Comune di Montebelluna, l'esposizione vuole portare a conoscenza delle nuove generazioni le tragedie e le sofferenze di tante famiglie italiane che sono state costrette ad emigrare per sopravvivere alla povertà.

 

È stata ideata da un gruppo di giovani, figli di minatori di seconda e terza generazione, nati ed attualmente residenti in Belgio, e che nella loro tenera età dell’immediato dopoguerra hanno vissuto i traumi dei loro padri quando questi lavoravano nelle miniere. Ricordiamo che dal 1946 al 1961 circa settantamila italiani sono partiti grazie al protocollo Italo Belga firmato il 23 giugno 1946 dal primo ministro italiano Alcide De Gasperi, con il corrispettivo belga, che prevedeva l’invio di giovani sani e robusti (duemila alla settimana) destinati a lavorare nelle miniere per minimo un anno in cambio di carbone, comunque non gratuito. Il viaggio per il Belgio avveniva molto spesso su lunghe tradotte e su carri bestiame, dopo estenuanti visite sanitarie.

 

All’arrivo, agli italiani erano assegnati come alloggi le baracche e gli hangar dei campi di concentramento e il lavoro in miniera avveniva centinaia di metri sottoterra, tra alte temperature, sofferenze, lutti (20.000 circa), ma soprattutto tra moltissime invalidità permanenti (15.000 circa) dovute alla silicosi.

Il curatore artistico è Lino Polegato (giornalista e direttore di una galleria d’arte), nato a Liegi da Arturo Polegato, originario di Crocetta del Montello ed emigrato in Belgio per lavorare per 10 anni nelle miniere. Lino Polegato si è interessato a questa tematica dopo la morte del padre Arturo, avvenuta nel 1991, a causa delle silicosi. “Questa mostra racconta una generazione che si è persa e unisce i racconti di vita di chi ha vissuto le miniere del Belgio – spiega Lino Polegato - La mostra va vista come una testimonianza incentrata su due chiavi di lettura: un modo storico, sociale, didattico e un modo più poetico con la partecipazione di alcuni artisti, anche loro figli di minatori (Gianni Stefanon, Amo Falcata, Sonia Gottardello).La mostra inizia con il carbone, quello delle miniere, e finisce con il carbone, quello inghiottito dai polmoni dei minatori”.

 

Alla mostra ha contribuito con materiale fotografico anche Walter Basso (giornalista pubblicista), nato a Camposampiero (Pd) che a seguito della morte del padre e dello zio nelle miniere della Vallonia ha dedicato al fenomeno dell’emigrazione dal 1946 al 1963 una approfondita ricerca recandosi più volte a Charleroi e a Liegi. Ha scritto oltre 60 libri di narrativa, poesia, cultura veneta e ha collaborato con diverse riviste. Di recente ha pubblicato due volumi dedicati al fenomeno dell’emigrazione “I due volti della morte nera. Morire di carbone in Belgio” e “Carne da miniera – Le storie e le stragi degli italiani invisibili nelle miniere del Belgio”. In quest’ultimo volume è riportato per la prima volta un elenco dei 610, su 867 dichiarati e di cui 76 veneti, giovani morti in incidenti minerari in Belgio.

 


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Ma come si permette di giudicare?

Tiratina d’orecchie alla sottoscritta per un giudizio banalotto-superficiale dato alla mostra allestita al Biscione. Le buone argomentazioni della curatrice (che meritano eco)

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