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29 marzo 2024

Treviso

Una task force dei pedagogisti in aiuto a scuola, studenti e famiglie

Il segretario nazionale dell'Associazione pedagogisti, De Lorenzo: "Dobbiamo puntare a ricostruire i rapporti sociali per favorire una rinnovata cittadinanza"

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

Una task force dei pedagogisti in aiuto a scuola, studenti e famiglie

TREVISO - Giuseppe Conte ha dichiarato ieri che il Governo sta lavorando per rimandare in classe gli studenti delle superiori prima di Natale. E sempre ieri lo stesso Cts aveva dato disco verde alla riapertura dei licei. OggiTreviso ha chiesto un parere a Gianfranco De Lorenzo, segretario nazionale dell’Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani (Anpe).

Il Presidente del Cts ha annunciato che si possono riaprire le scuole superiori, come in Germania e Francia? Concorda?

L’importante è che ciò avvenga in totale sicurezza perché se nel luogo scuola possono essere prese tutte le precauzioni possibili per evitare il contagio. Non vogliamo però che la discussione si appiattisca sulla dicotomia tra il diritto all’istruzione e il diritto alla salute perché altrimenti ne sminuiremmo uno a discapito dell’altro quando entrambi sono ritenuti fondamentali.

Ci sono medici e psicologi che paventano effetti deleteri sul piano cognitivo e socio-relazionale per una intera generazione di liceali: che ne pensa?

Crediamo proprio di no. La società moderna è centrata molto sul benessere anche come evitamento di problematiche, ma pensiamo ai nostri antenati che hanno vissuto le pestilenze in assenza delle conoscenze attuali e della qualità sanitaria odierna, hanno vissuto le guerre con la chiamata alle armi anche dei ragazzi.

Sta dicendo che potrebbe anche essere una occasione di crescita questo tipo di esperienza?

Ogni evento tragico può anche condurre a un’evoluzione positiva delle proprie capacità e risorse. determinando una trasformazione della propria visione nei confronti dell’esistenza e del proprio modo di vivere, rendendo ogni persona più disponibile ad aiutare gli altri e a ricevere aiuto. Questa capacità empatica è una reazione positiva e molto efficace che permette a ognuno di ripensare la propria situazione di vita e quella della comunità della quale fa parte.

Come giudica il momento attuale della scuola in Italia?

Frequentare la scuola per i bambini e i ragazzi non significa solo garantire loro una forma di istruzione strutturata, ma anche favorirne il processo di socializzazione che, come noto, è fondamentale per la trasmissione di valori, norme, atteggiamenti e comportamenti condivisi dalla società alla quale appartengono. Nella scuola è indispensabile il passaggio ad una visione prevalentemente educativa rispetto a quella di “matrice clinica” che finora l’ha caratterizzata e che ha portato ad una organizzazione del sistema scuola poco funzionale.

Quali priorità dovrebbe perseguire il mondo della scuola da adesso in avanti?

Il sistema di istruzione e formazione è chiamato, soprattutto in questo difficile momento e in particolare in alcuni contesti, a svolgere una complessa attività di formazione sia di giovani che di adulti e per questo motivo debba essere sostenuto a sviluppare una più efficace funzione sociale.

La ricerca pedagogica su che cosa sta lavorando?

Riflette su quanto accade e sulle trasformazioni in atto per ricercare soluzioni nuove nei diversi contesti sociali, nella scuola, nell’extrascuola, nella famiglia. Agendo su questi aspetti ne scaturisce una rinnovata idea di educazione, che mira alla ricostruzione dei rapporti sociali e delle relazioni, perché proprio nei momenti come quello attuale, molti dei paradigmi fino ad ora assunti mostrano i loro limiti, l’educazione viene chiamata in causa per accompagnare globalmente la persona nella gestione delle proprie insicurezze, aiutandola ad affrontarle in modo personale e facendola partecipare a una rinnovata e concreta cittadinanza.

La pedagogia quindi può essere un valido supporto in questo momento di particolare difficoltà?

Può aiutarci a realizzare un progetto collettivo nuovo, orientato al futuro della società, perché educare nel tempo della problematicità non significa aumentare il senso di sicurezza, bensì far emergere a livello cosciente le resistenze alla necessità di evoluzione e aiutare a decidere se veramente si vuol affrontare il difficile compito di imparare a cambiare.

L’Anpe sta predisponendo itinerari particolari?

E’ indispensabile dedicare ancor più attenzione alle famiglie: alla chiusura delle scuole, si sommano separazioni, divorzi, comportamenti problematici nei figli, violenza, dipendenze. I pedagogisti dell’Anpe si sono dimostrati disponibili e operativi nel garantire un servizio di consulenza al fine di offrire sostegno a distanza a famiglie e ragazzi, utilizzando le opportunità offerte dagli strumenti digitali come WhatApp, Skype, chiamate telefoniche e App come Zoom. Inoltre stiamo curando la formazione continua dei soci attraverso webinar sui diversi settori di intervento del pedagogista.

Vi state interfacciando con il Ministero dell’Istruzione?

A fine agosto abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa che impegna a intervenire nelle situazioni di emergenza o di particolare povertà educativa. Si tratta di mettere in essere interventi non di ordine clinico o sanitario ma prettamente pedagogici ed educativi che dovrebbero essere alla base delle stesse finalità della scuola.

Dopo questa pandemia nascerà una scuola diversa?

Crediamo sia importante acquisire maggiore consapevolezza che ci troviamo di fronte ad un processo di profonda innovazione del nostro sistema d’istruzione e formazione che si sviluppa su due versanti: i processi di insegnamento e apprendimento che necessitano di nuove metodiche didattiche con riferimento al potenziale di educabilità dei singoli alunni, ed i processi educativi per l’acquisizione di nuove forme di civile convivenza e, quindi, la promozione di nuove identità personali e sociali nell’ottica della corresponsabilità educativa con le famiglie e le altre istituzioni del territorio.

 


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