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28 marzo 2024

Conegliano

Uccise l'ex fidanzata incinta con una pietra, confermati i 30 anni di carcere a Savciuc

La sentenza è stata pronunciata quest’oggi in aula bunker a Mestre: commossa e soddisfatta la mamma della vittima

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Uccise l'ex fidanzata incinta con una pietra, confermati i 30 anni di carcere a Savciuc

CONEGLIANO - “Sì. Trent’anni a quell’assassino. Giustizia è stata fatta per mia figlia e per mio nipote”. E’ stata accolta come una liberazione da Galia, la mamma di Irina Bacal, la lettura della sentenza con cui oggi, 20 novembre 2018, in aula bunker a Mestre, la Corte d’Assise d’Appello di Venezia ha confermato in toto la condanna inflitta in primo grado a Mihail Savciuc, il carnefice reo confesso della figlia e del bimbo anche suo che portava in grembo.

 

Dunque, nessuno sconto di pena. Il crimine è stato perpetrato la sera del 19 marzo 2017: l’omicida, oggi ventenne, dopo averla tramortita colpendola con una grossa pietra, ha strangolato l’ex fidanzata, appena vent’anni, residente a Conegliano, che non aveva voluto interrompere la gravidanza, e poi ne ha occultato il cadavere in un boschetto nel Vittoriese. L’imputato, che aveva chiesto il rito abbreviato, in primo grado era stato condannato dal Tribunale di Treviso a trent’anni di reclusione, oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il giudice Piera De Stefani, aveva anche accolto la richiesta del legale di parte civile, Andrea Piccoli, per il risarcimento dei danni da liquidarsi in sede civile, accordando una provvisionale già esecutiva di 200mila euro a favore della mamma Galia e di 80mila euro per la sorella Cristina, costituitesi appunto parte civile.

 

I precedenti legali di Savciuc avevano proposto appello chiedendone addirittura l’assoluzione e si è così arrivati all’udienza odierna a cui era presente anche l’imputato, che però non ha profferito parola mantenendo per lo più gli occhi abbassati e sottraendosi agli sguardi della mamma di Irina, anche oggi in aula accompagnata da sua sorella, come a tutte le udienze.

 

Il nuovo leale dell’assassino, Giorgio Pietramala, nominato da appena un mese, ha chiesto di “conteggiare” le attenuanti generiche e l’esclusione dei motivi abbietti, ma il Procuratore Generale Paola Cameran, si è battuta per la conferma della sentenza di primo grado asserendo, tra l’altro, che non c’era alcun presupposto per la concessione delle generiche.

 

Sulla stessa linea l’avvocato Andrea Piccoli, del Foro di Treviso, che fin dalla prima ora assiste i familiari di Irina in collaborazione con Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini. Piccoli ha a sua volta ha chiesto con forza che fosse confermata la sentenza pronunciata dal Tribunale di Treviso, “che è solida – ha detto – e che rispecchia l’impianto accusatorio se si eccettua il mancato riconoscimento della premeditazione”.

 

L’avvocato di parte civile, peraltro, ha anche ricordato come Savciuc, oltre a Irina, abbia posto fine alla vita di un feto già formato: la giovane era incinta al settimo mese. Ebbene, c’è voluto poco più di un’ora e mezza di camera di consiglio per il collegio, presieduto da Alessandro Michele Apostoli Cappello, per confermare integralmente la sentenza di primo grado, comprese le provvisionali per i familiari della vittima.

 

“Me l’aspettavo, è il problema della legge sull’abbreviato, che non consente pene intermedie: o trent’anni o venti” ha detto l’avv. Giorgio Pietramala, annunciando che ricorrerà in Cassazione. “C’è grande soddisfazione per aver ottenuto la conferma della sentenza di primo grado che ritengo giusta ed equilibrata – ha commentato invece l’avvocato Piccoli - Ora leggeremo le motivazioni e se ci saranno ulteriori prosecuzioni in Cassazione siamo pronti a far valere le nostre ragioni anche in quella sede”.

 

“Sono contenta, tanto contenta. Ringrazio i giudici che hanno reso giustizia a mia figlia e al mio nipotino. Per noi questa sentenza vuol dire molto: temevamo che potessero esserci riduzioni di pena, ma così non è stato. L’assassino di Irina meriterebbe l’ergastolo e né lui né la sua famiglia hanno mai dato un segno concreto di pentimento” ha affermato infine Galia, commossa fino alle lacrime, abbracciando sua sorella e il suo legale.

 


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