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24 aprile 2024

Treviso

Trent'anni di Radiofiera: la band trevigiana prepara un tour, una mostra e un libro

Il rock in dialetto veneto segnò la cifra stilistica dei Radiofiera

| Isabella Loschi |

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| Isabella Loschi |

Radiofiera

TREVISO - Sei dischi da studio e più di 1000 concerti, cui si aggiungono un album live, una raccolta, innumerevoli collaborazioni e un EP in edizione limitata con le canzoni della Grande Guerra: i Radiofiera tagliano il traguardo dei 30 anni di attività. La band nasce a Fiera appunto, il porto lungo il Sile, dalle ceneri dei Circle. Ricky Bizzarro e Bepi Fedato, insieme ai primi compagni di avventura, scrivono e suonano rock con Lou Reed, Bob Dylan e Joe Strummer nelle orecchie, in una stanza del vecchio asilo Maria Bertilla, proprio in Prato della Fiera. Presto arriva “Piova”, una ballad elettrica e disincantata in dialetto veneto, che li rende famosi in tutta Italia e apre le porte al contratto con la Sony: “la scrissi di getto, quasi vergognandomi di aver usato il dialetto” confessa oggi Bizzarro.

Il rock in dialetto veneto segnò invece la cifra stilistica dei Radiofiera: una formula che sdoganava una lingua non più macchiettistica, ma funzionale al racconto di una terra consacrata al lavoro, trasformata da ambizioni e capannoni, indulgente con i conformisti, spietata con gli infedeli.

 “Trent’anni anni di rock sono un atto di resistenza – esordisce Ricky Bizzarro – li celebriamo perché fare il lavoro del musicista, in una terra come la nostra, è stato visto per tanto tempo come un’anomalia, una stravagante attività improduttiva. Non è stato facile portare avanti un discorso artistico coerente quando ogni giorno “gli adulti” ti chiedevano Ma situ ancora drio a sonar batoci?.   Fare l’artista, qui, negli anni ‘80 e nei primi ‘90, non poteva essere un mestiere, ma solo un hobby. Noi invece sognavamo in grande, ambivamo a trasformare le nostre fatiche e passioni in professione, volevamo ci fosse riconosciuta una nostra dignità. Per molti della mia generazione, fare musica significava trovare un rifugio, scappare dalle cose brutte che succedevano a Fiera, dall’eroina o dalla violenza quotidiana: come dicevano gli Who: “Cosa può fare un povero ragazzo se non suonare in una rock band?”.

“Con il successo di Piova, fummo catapultati dalla stanzetta in Prato della Fiera al Condulmer Studio, accanto ai Simply Red, a Vasco Rossi, a Sade, a Ivano Fossati. E poi in tour in tutta Italia, a suonare rock e a cantare in dialetto veneto a Napoli, in Sicilia, ovunque”. Ecco allora che il tour, la mostra, il libro, non sono più solo il racconto di una band per appassionati del genere, ma la storia di un’evoluzione sociale, di una scena musicale, di un’epoca: tratteggiamo ritratti complessi, singolari universali, figli della nostra poetica. Credo che oggi sia giunto il momento della riconciliazione, la dicotomia Veneto-produttivo/artisti-contro si rivelata fuorviante, si tratta di due espressioni della medesima storia. Le iniziative Radiofiera 30 delineeranno l’identità di un luogo e di un tempo comune”.

La band sta definendo il calendario dei concerti per la prossima estate: porteranno in tour lo spettacolo-concerto “Radiofiera 30”, racconto in musica della loro carriera, che riserverà anche qualche sorpresa, ospitando ex componenti e amici musicisti. Ma l’appuntamento più atteso è per questo autunno: una mostra multimediale patrocinata dal Comune di Treviso dedicata allo speciale anniversario, con foto d’archivio e video inediti, letture, incontri e session musicali. Associato alla mostra, i Radiofiera stanno preparando un progetto editoriale esclusivo: un libro fotografico ricco di storie, volti e aneddoti, per disegnare l’ambiente in cui si è mossa la band in questi 30 anni.

 


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