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24 aprile 2024

Treviso

Tonella chiede di non ricandidare i cattolici contrari alle unioni civili

Cirinnà: Senato al voto ma la base PD è divisa

| Davide Bellacicco |

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| Davide Bellacicco |

Tonella chiede di non ricandidare i cattolici contrari alle unioni civili

TREVISO - «Se i cosiddetti cattodem fanno saltare la legge sulle unioni civili, non devono essere più ricandidati alle prossime elezioni». Parola di Giovanni Tonella, capogruppo del Partito Democratico a Palazzo dei Trecento e leader dei giovani turchi di Marca. Una presa di posizione forte e che non lascia spazio ad interpretazioni, quella pubblicata questa mattina sul profilo Facebook del consigliere e che ha trovato l’apprezzamento di diversi altri notabili locali del partito, fra cui Antonella Tocchetto, Antonio Bortoluzzi, Leone CimettaMichela Nieri, Paola Poldelmengo e Stefano Pelloni.

 

Toni decisi, dunque, per appoggiare un iter legislativo che pare godere di una ampia condivisione anche fra gli amministratori nostrani di centro-sinistra. Anche a Treviso, tuttavia, è emersa una componente, in prevalenza cattolica e proveniente dalle fila della Margherita che fu, e che, pur senza giungere a mettere in dubbio le unioni civili in sé, chiede una riflessione ulteriore per la legge Cirinnà, in particolare sul nodo adozioni: è anzitutto il caso di una combattiva Simonetta Rubinato, che ne ha chiesto lo stralcio, assieme ad altri sette deputati del suo partito, chiedendo di evitare la «confusione fra un tema che riguarda i diritti civili degli adulti ed un tema delicato come l'adozione dei minori» e aggiungendo che «Un bambino non è un diritto, ma una persona con dei diritti. Per questo ci si deve occupare del suo preminente interesse in una riforma complessiva dell’istituto dell'adozione». Il PD di Treviso tenta dunque di serrare i ranghi e ribadisce dinnanzi all’elettorato la propria posizione favorevole al ddl e così a livello nazionale, dove pure la diversità di vedute si ripropone molto più vivacemente nel dibattito in corso a Palazzo Madama, dove ad un solo gruppo parlamentare (e in molti casi persino all’interno della stessa corrente renziana) sono iscritti tanto l’ex ministro Fioroni e gli ultradeterminati ad affossare parte della Cirinnà, Lepri e Di Giorgi (assai probabile un no secco a tutto l’impianto se dovesse essere approvato il supercanguro di oggi pomeriggio con relativa soppressione della quasi totalità degli emendamenti), quanto i più strenui difensori del ddl e attivisti della galassia associativa gay, Scalfarotto e Lo Giudice (il senatore reso celebre dall’intervista a Le Iene nel quale ha dichiarato di aver fatto ricorso alla pratica dell’utero in affitto all’estero spendendo 140.000€ e scatenando un vespaio di polemiche). Le più recenti contrapposizioni di vedute provengono tuttavia dall’Europarlamento, dove alle passate prese di posizione delle cattoliche Patrizia Toia e Silvia Costa (che si espresse sull’esistenza di lobby gay) cui già aveva fatto da contraltare Cristiana Alicata (chiedendone l’espulsione dal partito), oggi si aggiunge Daniele Viotti che via Twitter, con il pacato aplomb anglosassone e la profondità di chi ha trovato risposta alle grandi domande della vita, cui senza confini di schieramento il mondo politico ci ha abituato, così ha esordito fra qualche perplessità dei colleghi: «La dico semplice, ma non mi vengono altre parole: i senatori, Di Giorgi, Lepri e i cattodem hanno rotto il c****», in verità, senza asterischi.

 

Che non vi sia un pensiero unico fra i democratici non è cosa che si nota solo dalle interviste in tv dei grandi leader. In qualche modo, questa mancata convergenza riflette quella, forse più netta, che interessa la base del partito. Circa l’ingresso delle unioni civili nel nostro ordinamento, un sondaggio condotto nel weekend da Ipsos ha rilevato il parere favorevole del 52% del campione di italiani, che sale a 61% fra gli elettori PD dove trova il suo dato di punta. Relativamente al capitolo stepchild adoptions l’opinione degli italiani sembrerebbe decisamente più polarizzata, con i favorevoli che non superano il 39% ed un dato che li vede maggioritari nella sola sinistra radicale e, seppur di misura, nel Partito Democratico (il 53%), mostrando invece una inclinazione leggermente sfavorevole anche fra i Cinque Stelle (i sì si fermano al 47%). I numeri del consenso grillino all’art. 5 del ddl Cirinnà, quello appunto sulle adozioni, risultano interessanti anche per via di un altro elemento: con un risultato piuttosto inatteso, considerata la partita in gioco, il 58% degli elettori PD intervistati ha dichiarato di guardare positivamente la scelta del direttorio pentastellato a favore della libertà di scelta, una strategia che potrebbe portare qualche altro voto dalla parte del no.

 

La base dem, insomma, appare assai divisa su un disegno di iniziativa parlamentare (di cui, a onor del vero, si è discusso sin dall’ultimo congresso nazionale) e su cui, non a caso, un po’ per evitare di legare troppo la propria immagine ad un tema tanto delicato, un po’ per non irritare troppo gli alleati centristi indispensabili per la tenuta dell’esecutivo, il governo aveva deciso di restare in disparte. La neutralità di Palazzo Chigi è apparsa piuttosto evaporata nelle ultime ore, con le prese di posizione e gli scontri apertissimi fra il ministro Boschi col suo entourage e i cattodem. Nel pomeriggio sarà votato il cosiddetto supercanguro a voto palese e sarà interessante verificare in quella sede la consistenza delle parti in causa. Quel che è certo è che tanto a livello nazionale quanto sul territorio il PD trova agevolmente delle efficaci sintesi fra le sue componenti, cosa che puntualmente non riesce a realizzare quando si discute di questioni eticamente sensibili o afferenti la coscienza individuale, perché anche il rimettersi al voto di coscienza in deroga alla disciplina di partito, implica una scelta da parte degli organi di vertice di turno sul dove consentire la libera espressione e dove negare un diritto che allora non è più qualcosa di originario ma diventa qualcosa di concesso, con tutti i malumori, le faide e le fronde del caso. Chissà, forse per un partito nato da culture un tempo così distanti è un compromesso già sufficientemente avanzato; forse sta nella natura delle cose che non si riesca a trovare agevolmentente vie di mezzo fra il centralismo democratico che fu e un liberi tutti che renderebbe inutile la stessa forma partito, o forse occorrerebbe semplicemente prendere atto che su certi temi si può non pensarla allo stesso modo, senza con ciò lanciarsi in reciproche accuse, senza minacce di provvedimenti, senza attacchi personali o dichiarazioni al vetriolo che richiamino a scontri di civiltà o a redde rationem fra paladini del medioevo e condottieri del progresso. La settimana decisiva per il ddl Cirinnà ha inizio: buon divertimento.

 


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