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19 aprile 2024

Treviso

Terziario di Marca: "Un'impresa su 4 non tornerà ai livelli pre-Covid"

Nunzi, Confcommercio: “Si rischia un cambio totale di paradigma per alcuni settori del commercio, del turismo, della cultura e dello sport"

| Isabella Loschi |

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| Isabella Loschi |

Terziario di Marca:

TREVISO - “Bisognerà aspettare la fine del 2022 per tornare ai livelli pre pandemia”. Questa la previsione per il 60% degli imprenditori trevigiani del terziario intervistati nell’ambito dell’indagine condotta da Format Research e presentata oggi dalla Confcommercio Treviso.

Il settore del commercio, del turismo e dei servizi, attende una ripartenza che però ha ancora il freno a mano tirato, soprattutto per il settore turistico, alberghiero e dei servizi alla persona. Il comparto del terziario trevigiano, a fine 2020, contava 55 mila unità locali, produceva 13 miliardi di Pil e dava lavoro a circa 160 mila addetti e oggi si presenta con toni molto diversi da settore a settore. Se da un lato il settore alimentare di prossimità ha avuto una spinta dal Covid, settori come palestre e alberghi faticano a stare a galla. Un imprenditore su quattro crede che non si tornerà più alla normalità pre-Covid, per cambiamenti dovuti alla domanda e per una minor capacità di spesa dei trevigiani.

“Il Covid ha tracciato, per le imprese, le persone e la società tutta, una profonda linea di demarcazione, dettando prima di tutto un nuovo linguaggio e creando un sentiment collettivo. Esiste un pre - Covid ed un post - Covid”. La ricerca ci dice che, per il 60% degli imprenditori, per uscire dalla crisi, bisognerà aspettare 18 mesi. Uno su quattro (circa il 24%) crede che non si tornerà più alla normalità del pre - Covid, laddove il confine tra vecchia e nuova normalità è segnato dalla presenza o meno delle restrizioni. Un buon 40% si sente pessimista e ritiene che non si recupererà più la situazione precedente.

“Il sentiment è variabilissimo - spiega Pierluigi Ascani direttore di Format Research - e il settore ricettivo (alberghi e pubblici esercizi) sconta, più di altri, gli effetti del cambiamento dei consumatori, la ridotta capacità di spesa e la chiusura della circolazione tra paesi che, di fatto, ha inciso profondamente sui comportamenti di acquisto e sugli stili di vita”.

Previsioni per il futuro? Il commercio al dettaglio alimentare, per l’80%, prevede un miglioramento generale veloce, il non alimentare, per il 71%, pensa che la diffusa voglia di normalità porterà ad un miglioramento generale delle condizioni economiche della provincia, il 63% dei grossisti pensa che la fine della pandemia genererà fermento per le troppe restrizioni, il 37% dei pubblici esercizi pensa di essere stato il settore più danneggiato. Tra i servizi alle imprese, il 60% ritiene che innovazione e tecnologia risveglieranno l’economia e il 67% dei servizi alla persona pensa invece che solo il ritorno al vecchio stile di vita farà riprendere l’economia.

La quota dei pensatori “negativi, che vedono peggioramenti”, varia tra il 20% e il 40% a seconda dei settori merceologici. Per cercare di uscire dalla crisi e ripartire per le imprese intervistate è necessario e fondamentale: “sviluppare l’e-commerce, investire in marketing digitale, puntare sulla sostenibilità ambientale, assumere nuovo personale con competenze specifiche, investire in formazione del personale già assunto, defiscalizzare il lavoro, mettere in campo strumenti e aiuti per aumentare la liquidità”. ra i fattori decisivi per “uscire” indicati da alcuni settori, emerge, per la prima volta, la richiesta di “fare rete”, perché la rete è una realtà “di vendita reale, e sarebbe impensabile non utilizzarla”.

“Si rischia un cambio totale di paradigma per alcuni settori del commercio, del turismo, della cultura e dello sport - commenta Tullio Nunzi, Commissario di Unascom – Confcommercio di Treviso. “C’è bisogno di un patto per un nuovo sviluppo tra: territori–pubblico-privato-istituzioni-imprese, reso ancora più necessario per un territorio che sta cambiando. Tra Amazon, Montello Hill, crisi del turismo e del piccolo commercio, si rischia di far deflagrare un settore che ha sempre creato lavoro occupazione benessere”.

 


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