Tema di italiano alla maturità, a breve la decisione del ministro
Il prof-scrittore Fulvio Ervas: "Siamo una tribù di scimmie che pigia tasti; lo strumento della scrittura si piegherà al potere del rumore, della ripetitività e dell’impersonalità?"
TREVISO - L’ha promesso per Natale, forse addirittura prima, per la fine di novembre: ai maturandi, il ministro dell’istruzione Bianchi lo dirà per tempo con che esame andranno a diplomarsi nel giugno dell’anno venturo. Intanto le illazioni impazzano e sul toto-maturità si esercitano un po’ tutti: famiglie, insegnanti. E naturalmente loro, i protagonisti, gli studenti. Che sono già scesi in piazza per avvertire che tutto deve rimanere tale e quale l’anno scorso. Niente prima né seconda prova; solo un maxi orale. Addio agli scritti. Anche se, magari… fosse solo quello di italiano, la lingua madre. Non sarebbe proprio una idea così preregrina, da scartare a priori. E di ragionarci varrebbe la pena. Lo abbiamo fatto con un professore e scrittore del calibro di Fulvio Ervas.
Che ne pensa professore?
Devo dire, in premessa, che sono stato uno dei non pochi studenti che amava tiepidamente Dante e moriva di noia con il Manzoni. Non avevo voti particolarmente alti in italiano e l’unico riscatto lo ebbi con il tema di maturità, che mi fece ricevere i complimenti della commissione.
Ed è diventato lo scrittore che è diventato…
Non è stato lo studio della letteratura scolastica a spingermi a scrivere, se ebbi un aiuto fu dalla mia maestra, una davvero brava. Si scrive per moltissimi motivi, non ultimo quello che fa bene, alla salute mentale innanzitutto.
Alla salute mentale ha detto?
Quale altra occasione abbiamo di srotolare i pensieri, illuderci di poterli governare, connettere mente al corpo nell’atto di inventare mondi? Insomma di trovare intimità tra il proprio presente e la propria storia. Tra l’istante che viviamo e il flusso del tempo che ci trasforma. E farne materialità, attraverso parole.
A scuola tutto questo non si fa?
La scuola, non ci educa, né ci spinge a questo lavoro profondo. Forse non è nei suoi obiettivi, forse non ha gli strumenti, forse nemmeno i principali attori di questo possibile miracolo, i docenti di lettere, ne comprendono il valore, soffocati da programmi dove lo scrivere è assai meno rilevante di colui che ha scritto.
Con quali conseguenze?
Con l’effetto che il percorso individuale di apprezzare la scrittura non viene stimolato e l’imitazione del grande autore, poiché non si nasce mai con i geni di un altro, diviene un sentiero impraticabile.
Con la lettura va meglio?
Io ho cercato la lettura, quando ero al liceo, imbattendomi in Pavese e Calvino, Conrad e Melville. Calvino mio si è sciupato con il tempo, gli altri frullano nella mente ancora. Constato che, nelle scuole con rarissime eccezioni, si continua a parlare della letteratura dei morti e mai della letteratura dei vivi, nonostante il mondo continui a scrivere malgrado il lutto per la dipartita di Dante.
E invece la letteratura dovrebbe essere vita, è così?
La letteratura non è una lapide nei cimiteri, si trasforma come noi ci trasformiamo, è vita, è questo rotolio incessante della valanga dell’immaginazione che incontra tutti gli ostacoli del mondo che abbiamo e stiamo costruendo.
Comunque si legge poco e sempre meno…
Mi addolora sempre, sinceramente, quando non suscitiamo la lettura ( siamo uno dei paesi europei con il minor numero di libri letti pro-capite) e ancor più quando non facciamo vedere la forza dello scrivere, per sé stessi e per gli altri. Questo enorme oceano in cui naviga la creatività.
Veniamo al punto: esame di Stato senza la prova di italiano.
Che, Covid o meno, si pensi di togliere dall’esame di maturità anche il tema di italiano, con tutti i suoi enormi limiti, è un altro dei segnali per cui scrivere, concatenere con arte i pensieri, perde di forza.
È una raccomandazione al ministro a pensarci bene prima di mandare in soffitta è definitivamente il tema in lingua italiana?
Siamo già una tribù di scimmie che pigiano tasti rispondendo vero o falso, copiando e incollando, ripetendo a memoria frasi che non sapremmo mai generare e, forse, nemmeno pensare. Quel grande strumento di potere che è stata la scrittura, ma anche grande strumento di crescita personale e fonte d’arte e di visioni, si piegherà al potere del rumore, della ripetitività e dell’impersonalità?
Lo scrittore e professore Fulvio Ervas e il giornalista Roberto Grigoletto