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29 marzo 2024

Vittorio Veneto

La tappa, la vittoria, l’ombrello e il paradosso

Il gesto dell'ombrello scatena la polemica

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

La tappa, la vittoria, l’ombrello e il paradosso

VITTORIO VENETO – Lo devo ammettere. Anziché presenziare, da piazza del Popolo, all’arrivo dei ciclisti impegnati nella 17^ tappa del Giro d’Italia, conclusasi proprio qui a Vittorio Veneto poche ore fa, ho seguito la manifestazione dallo schermo dell’iPad.

Il fatto è che, tappa (anch’io!) come sono, avrei rischiato di non vedere lo sprint finale e di essere fagocitata da bandierine, urla gioiose, battimani eccetera.

E così – più o meno in panciolle - ho visto (con compiacimento), la volatissima, e le immagini aeree catturate dall’elicottero che volteggiava sopra Serravalle e il centro città pensando che questo (il nostro) è davvero un territorio splendido.

Commenti ameni a latere, mi sono entusiasmata nel vedere il campione Stefano Pirazzi (tutto verde pisello, dalla bici alla tutina strech) tagliare il traguardo in volata, alzare le mani al cielo, fare il “gesto dell’ombrello” e poi piangere di commozione per aver vinto (per la prima volta nella sua carriera) una tappa così importante.

Quello che mi ha fatto venire l’orticaria (in senso metaforico: non ho segni visibili sulla pelle) è stato il seguito.

Nel posticcio set televisivo allestito in piazza del Popolo dove “a botta calda” giornalisti, esperti e nonsochialtri commentavano il giro, anziché parlare di questo bravo 27enne laziale, della sua impresa, della tappa Sarnonico-Vittorio Veneto (con tutti i tecnicismi ciclistici del caso), i commentatori si sono focalizzati sul “gesto dell’ombrello” che Stefano ha compiuto con una spontaneità genuina. Il “gesto dell’ombrello” a traguardo tagliato, è stato una sorta di catartico impeto d’orgoglio per una vittoria meritata. Meglio: uno sfogo comprensibile dopo una fatica bestiale. Eppure i commentatori ci hanno trovato dentro volgarità, pseudocattiveraia, l’occasione per uscirsene con moralistici NoQuestoNonSiFa, o peggio “Non avrebbe dovuto farlo, ma chiederà scusa”.

Insomma il ragazzo che ha vinto la tappa vittoriese del giro prima dell’incoronazione ha subito un processo.

E allora? Allora ho trovato paradossale (no: non trovo parole più adatte) che in un paese dove un ex presidente del consiglio, già cavaliere eccetera, che alle ultime elezioni non ha votato perché ha perso (per gesti che non hanno nulla a che fare con gli ombrelli) persino i diritti civili; in un paese dove il leader di un grande movimento, dalle più grandi piazze d’Italia, manda bellamente affanculo tutto e tutti; in un paese dove la corruzione è spesso sinonimo di meritocrazia, si processi un ragazzo che dopo aver pedalato per 208 chilometri ricorre a un mezzo espressivo “tipico” per dire “Ce l’ho fatta! Ho vinto!”.

Tutto qui. Il “commento” si chiude qui.

Anche se – per finire - potrei ricordare che il gesto incriminato, prima di Stefano Pirazzi (che ora lo sconterà in chissà quante repliche web-televisive), in un recentissimo passato era stato compiuto (senza pedalare) da senatori del calibro di Bossi o Borghezio. E no. Non una volta sola.

 

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Emanuela Da Ros

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