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27 marzo 2023

Cronaca

"Sui barconi tanti bimbi e donne incinte, mai visti palestrati"

Angela Ferruzza ha fatto nascere la piccola Fatima ieri su una motovedetta della Guardia Costiera

| AdnKronos |

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migranti

ITALIA - Sull'ambulanza che le avrebbe condotte al Pte di contrada Grecale a Lampedusa, in francese le ha sussurrato: "Ce l'hai fatta, sei in Italia con i tuoi bimbi". E lei, la giovane mamma ivoriana di 28 anni che aveva assistito pochi minuti prima sulla motovedetta della Guardia costiera attraccata al molo Favaloro durante il parto della sua piccola Fatima, le ha sorriso. "Un sorriso che mi ha riempito il cuore", dice adesso all'Adnkronos Angela Ferruzza. Da 12 anni, per tre giorni al mese, vola a Lampedusa per prestare servizio come rianimatore del 118. Era sull'isola anche domenica pomeriggio quando per oltre un'ora insieme ai colleghi ha tentato di strappare alla morte Rokia, la piccola di 30 mesi annegata in braccio alla madre nell'ennesimo naufragio davanti le coste della più grande delle Pelagie. "Non ci siamo riusciti - dice con un filo di voce -, ci si siamo prodigati in ogni modo, ma quando è arrivata al molo era già morta da due ore. Era troppo, troppo tardi".

 

Ieri sera, invece, è andata diversamente. "Mi avevano pre-allertato per l'arrivo di un gruppo di migranti, tra cui una donna incinta al termine della gravidanza", racconta. Quello che la dottoressa Ferruzza non poteva sapere arrivando al molo Favaloro è che la piccola Fatima era già pronta a venire al mondo. "Non c'era tempo per andare al Pte - dice -. Quando sono salita a bordo della motovedetta, dove c'erano già i colleghi dell'emergenza sbarchi e l'infermiere del Punto territoriale di emergenza, ho trovato la donna nella fase avanzata del travaglio". Così in pochi minuti, intorno alle 22.30, la piccola Fatima ha emesso il suo primo vagito. "Dopo il parto mi sono accertata che entrambe stessero bene e ho disposto il trasferimento nel Pte a bordo dell'ambulanza". A Lampedusa la giovane mamma è arrivata con il fratellino della piccola Fatima, un bimbo di due anni e mezzo. Insieme, stretti su un barchino insicuro e sovraffollato, hanno affrontato la traversata. "Mi ha detto che il marito non era riuscito a imbarcarsi, era rimasto bloccato in Tunisia. E' stato l'unico momento in cui il suo volto si è rabbuiato". Adesso lei e i suoi piccoli sono ad Agrigento. Trasferiti in elisoccorso per i normali controlli sanitari. Ma quello di Fatima e della sua giovane mamma non è un caso isolato. "Negli ultimi tempi arrivano molti più bambini e donne incinte. Capita sempre più spesso", racconta Angela che due anni fa ha assistito un parto su un elisoccorso. "Non abbiamo fatto in tempo a raggiungere Agrigento".

 

A colpirla è "la grande forza d'animo" di queste donne. "Sfidano qualunque pericolo e spesso si trovano ad affrontare uno dei momenti più belli, ma anche più importanti nella vita di una donna qual è il parto, circondate da sconosciuti, con barriere linguistiche e spesso fisiche perché indossiamo tute e mascherine. Lo fanno con una dignità e compostezza che è straordinaria". Si nasce e si muore a Lampedusa. Sul quel lembo di terra che per molti è l'unica speranza. "Quando ho detto alla mamma della piccola Rokia che la sua piccola non ce l'aveva fatta mi ha detto solo: 'Che senso ha avuto affrontare tutto questo se ora lei non c'è più?'. E' stato straziante". Non ci si abitua al dolore. Neppure dopo anni. "Con i miei occhi ho visto sui corpi di chi arriva i segni delle torture, ustioni da carburante riportate durante la traversata. Sono emaciati, completamente disidratati. Mai visto palestrati... Anche la giovane mamma che ha partorito sulla motovedetta era affamata". Un'umanità sofferente che "non può lasciare indifferenti", dice la dottoressa che a Lampedusa c'era anche quando l'hangar dell'aeroporto si è riempito delle bare dei 368 migranti morti nella strage del 3 ottobre del 2013. "Non esistono uomini e donne di serie A e B - dice -. Tutti hanno diritto di essere presi in carico da chi ha più strumenti per dare loro un futuro, per darlo a questi bimbi. E chiunque salvi vite, Guardia costiera, Guardia di finanza oppure ong va ringraziato. Credo che sia dovere di un popolo civile soccorrere chi ha bisogno. E' un obbligo morale che investe tutti, perché se una donna incinta al termine di una gravidanza affronta il mare in quelle condizioni significa solo una cosa: scappa da qualcosa che è ancora più spaventoso. Ecco perché, a prescindere da ogni dibattito politico, chiunque può aiutarli ed evitare stragi in mare deve essere sostenuto e valorizzato e non giudicato o condannato".

 

A Lampedusa tornerà presto come sempre. "Prestiamo servizio h24 in regime di reperibilità. Siamo tutti rianimatori ospedalieri", dice. Sulla più grande delle Pelagie dove l'ospedale non c'è intervengono in casi di emergenza sul territorio o per i trasferimenti in elisoccorso. "Collaboriamo con gli operatori dell'Asp di Palermo - dice all'Adnkronos, Fabio Genco, direttore della centrale operativa 118 Palermo-Trapani -. Abbiamo sempre due equipaggi con un rianimatore e un infermiere che si occupano del volo in elicottero e dei codici rossi al Pte. Interveniamo quando ci sono casi difficili. Nell'ultimo anno abbiamo fatto due parti in volo in elicottero. Entrambe con mamme positive. E' un grande lavoro di squadra". Fatto in silenzio e lontano dai riflettori.

 

(di Rossana Lo Castro)

 


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