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29 marzo 2024

Treviso

Il sindaco di Quinto ordina lo sgombero degli alloggi destinati ai profughi

Una coop attiva da 31 giorni e una società in affari con la "Cpl Concordia" al centro dell'operazione accoglienza nel condominio

| Davide Bellacicco |

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| Davide Bellacicco |

Il sindaco di Quinto ordina lo sgombero degli alloggi destinati ai profughi

QUINTO DI TREVISO- E’ stata notificata questa sera, giovedì, l’ordinanza di sgombero, firmata dal sindaco Mauro Dal Zilio, relativa agli alloggi del complesso residenziale ex Guaraldo, in cui sono stati collocati oltre un centinaio di profughi, decisione che, come noto, ha condotto ad una tenace opposizione del vicinato. Entro 48 ore gli immobili dovranno essere sgomberati, se necessario anche mediante l’uso della forza pubblica.

La vicenda ha assunto, con il passare delle ore, contorni sempre più complessi, sicché sono molte le domande sorte nell’opinione pubblica attorno al caso. Facciamo un passo indietro.

L’ondata di questi mesi ha generato difficoltà nella gestione dei nuovi arrivi. Ad occuparsi della logistica e della sistemazione, la Prefettura chiama gli enti locali che, tuttavia, non dispongono più degli spazi idonei a gestire quella che ormai non è più un’emergenza ma un problema di lungo termine. Si passa al terzo settore: Caritas, parrocchie, uomini e donne di buona volontà etc. ed anche cooperative e imprese del territorio e non, capaci di far fronte al problema. In questo caso (ne arrivano di nuovi e c’è da sgomberare l’inagibile ex Treviso Servizi) la Prefettura accetta la collaborazione di una coop costituita a Grosseto esattamente 31 giorni fa, la Xenìa, che significa più o meno ospitalità. Inutile cercare informazioni in rete su questa realtà.

A quanto si apprende, circa venti minuti prima dell’arrivo dei migranti, il Comune di Quinto è informato della decisione: il pullman contenente i profughi giunge nei pressi di un condominio la cui storia merita un breve flash. È l’ex Guaraldo, una coppia di edifici costruiti dal Gruppo Guaraldo a fine anni ’90, ex perché la società, complice la congiuntura economica sfavorevole, sarà ammessa al concordato preventivo dopo una serie di vicissitudini. La struttura è costruita, incompleta nei dettagli (niente luci nei pianerottoli etc.) ma le case sono in parte vendute. Quelle restanti restano vuote (fino a ieri) e sono gestite dalla “Nova Marghera Facility”, società facente capo alla stessa famiglia Marinese, di Termini Imerese, che il Gruppo Guaraldo lo ha amministrato. La “Nova Marghera Facility”, alcuni ricorderanno, era saltata fuori nelle inchieste giornalistiche di aprile 2015 per alcuni fatti poco chiari afferenti la Vega Energie, società che forniva acqua, luce e gas al Parco Tecnologico di Porto Marghera e di cui la società di Marinese deteneva il 35%, condividendo gli affari con la “Cpl Concordia” (65%), la coop al centro dello scandalo politico nazionale di queste settimane.   La Xenìa sceglie di destinare negli alloggi vuoti del comprensorio il pacchetto (il termine non è felice ma la scelta, considerata la situazione, non è casuale) di profughi da gestire.

Presto si costituisce un comitato di protesta: sit-in, striscioni, tricolori e così via. Si genera una situazione confusa che vede insieme e difficilmente distinguibili i disperati residenti che lamentano un crollo del valore di immobili acquistati da pochissimi anni e in massima parte ancora da pagare, nonché un problema di sicurezza, e i militanti di estrema destra. Si resiste fuori, in giardino, per marcare la scelta ritenuta irragionevole di far alloggiare i migranti negli edifici condominiali. Gli alloggi sono stati preventivamente arredati per l’occasione ma, sfondati gli ingressi, sono depredati di ogni suppellettile. In strada va al rogo il mobilio e tutto il resto è confiscato dai militanti per essere ceduto alle famiglie colpite dal disastro di Dolo. Occorreranno le forze dell’ordine per consentire alla cooperativa di distribuire le vivande. L’ULSS 9 trevigiana dispone questa mattina un’ispezione onde verificare l’abitabilità degli immobili. L’esito è negativo: manca la corrente elettrica (disponibile dal pomeriggio), le aree cottura (ma si potrebbe obiettare che c’è già il servizio della cooperativa), ma soprattutto gli alloggi risultano sovraffollati (dato incontrovertibile).  Nel corso della giornata giunge persino il Presidente della Giunta Regionale, Luca Zaia a verificare in concreto la gravità della situazione e, al netto delle considerazioni politiche, conviene sulla inopportunità della sistemazione.

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In serata, mentre i movimenti di estrema destra temono l’arrivo di un altro mezzo carico di migranti e si prepara alla mobilitazione, il sindaco (che è anche responsabile della sicurezza sul territorio), ordina lo sgombero dei profughi dalle case, facendo leva sull’ispezione dell’ULSS. L’esito non è scontato: si consideri che quegli alloggi sono stati ceduti in locazione alla cooperativa, la quale si è impegnata a versare delle ingenti risorse (i canoni mensili per gli appartamenti). In linea teorica l’argomento della sicurezza, del non conoscere l’identità dei probabili rifugiati, della svalutazione del centro abitato per via di una massiva presenza di immigrati, tutte questioni di cui si sta discutendo fra i residenti in queste ore e che trovano consenso o dissenso anche nella cittadinanza solo a seconda delle inclinazioni ideologiche di ciascuno, potrebbe non essere così forte dinnanzi all’evidenza del diritto ad ospitare in casa propria chiunque si desideri.

 

L’argomento della abitabilità e del no dell’ULSS potrebbe risultare più forte e spendibile. Si potrebbe anche rilevare come si sia in presenza di una fase pre-integrativa che potrebbe far risultare effettivamente prematuro un inserimento così massivo di migranti in un’unica area condominiale. Resta una considerazione: il rischio più grande che i residenti possano correre in queste ore perché la loro protesta sia avvertita come seria sta nel confondere le categorie politiche (immigrazione, governo, accoglienza) che per loro natura si prestano a strumentalizzazioni di parte, con le legittime critiche ad una organizzazione poco idonea e che se portate avanti con chiarezza ed intelligenza e illustrate agli amministratori potrebbero condurre abbastanza agevolmente ad una soluzione.

 

Zaia questa mattina ha stigmatizzato l’uso della violenza che non può trovare giustificazione neanche nella disperazione. A maggior ragione questo dovrebbe valere nei confronti di persone che non hanno scelto quegli alloggi ma vi sono stati tradotti. Nelle prossime ore la Prefettura potrà impugnare il provvedimento del sindaco. Se così non sarà i profughi dovranno andar via e si riaprirà il risiko delle strutture idonee. C’è chi sostiene fra gli amministratori che sia giunta l’ora di un coinvolgimento attivo della efficiente logistica dell’Esercito, anche al di fuori della Caserma De Dominicis, magari con una organizzata tendopoli in una area disabitata, come è già avvenuto in modo efficace in caso di sfollati per disastri naturali. Vedremo.

 


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