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28 marzo 2024

Vittorio Veneto

Sentenza storica sui derivati, ora che succede a Vittorio Veneto?

Il Comune siglò nel 2005 e 2006 con la banca due prestiti milionari, soldi che sta restituendo

| Claudia Borsoi |

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| Claudia Borsoi |

muncipio Vittorio Venetoi

VITTORIO VENETO – La sentenza 8770 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 12 maggio ha sancito la nullità dei contratti derivati stipulati dagli enti pubblici. Questa sentenza potrebbe avere un’eco anche a Vittorio Veneto, Comune che nel 2005 e nel 2006 siglò due contratti di interest rate swaps con Banca Intesa Sanpaolo, cioè prestiti di denaro, soldi che fino al 2024 con rate semestrali il Comune è chiamato a restituire per oltre 15 milioni di euro complessivi.

 

Vittorio Veneto è al momento uno dei 16 enti locali veneti (fonte Bankitalia) ad avere ancora in essere dei contratti derivati (nel 2019 erano 36 in Veneto). Il tema dei derivati ha tenuto a lungo banco in consiglio comunale, soprattutto all’epoca dell’amministrazione Da Re quando il consigliere Giorgio De Bastiani del PdL fece un esposto sollevando dei dubbi sull’operazione. L’amministrazione Tonon nell’ottobre 2018 decise di avviare una causa civile contro la banca dopo che aveva sottoposto i due contratti ad una verifica di conformità alla normativa (ed erano emerse delle criticità), la cui prima udienza si è celebrata lo scorso dicembre.

 

Ora questa sentenza, che fa scuola a livello nazionale, potrebbe avere delle possibili ricadute anche a Vittorio Veneto. «La stiamo studiando – conferma il vicesindaco con delega agli affari legali e al bilancio Gianluca Posocco -, forse potrebbe comportarci dei risparmi su interessi e costi, chiaro che non vedremmo di punto in bianco estinto il nostro debito. Siamo dunque in attesa di buone nuove. La causa contro Banca Intesa Sanpaolo comunque è tutt’ora in corso e va avanti».

 

L’amministrazione comunale aveva ipotizzato, prima della pandemia e grazie anche all’aumento dell’Imu, di andare ad estinguere uno dei derivati, quello contratto nel 2006, così da ridurre l’indebitamento dell’ente e liberare risorse per la spesa corrente. «Al momento questa possibilità è congelata, perché i soldi li abbiamo usati per affrontare l’emergenza coronavirus: valuteremo il da farsi anche alla luce della recente sentenza della Cassazione» conclude Posocco.

 



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Claudia Borsoi

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