Sanità, allarme in Veneto: "Il 7,4% rinuncia a curarsi"
Bigon (PD): "Liste d’attesa insostenibili, servono 40 miliardi per salvare il sistema pubblico"

VENETO - Il Veneto si scopre tra le regioni con più alta percentuale di cittadini che rinunciano alle cure. A lanciare l’allarme è Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Partito Democratico e vicepresidente della commissione sanità, insieme ai colleghi Vanessa Camani, Chiara Luisetto, Francesca Zottis e Jonatan Montanariello. I dati del Ministero della Salute, che indicano il 7,4% della popolazione veneta tra coloro che rinunciano a prestazioni sanitarie, mettono la regione dietro a Calabria, Sicilia, Basilicata, Lombardia e Campania. Un risultato che preoccupa, soprattutto considerando il reddito medio più elevato che in passato permetteva di far fronte privatamente alle lunghe liste d’attesa. "Anche in Veneto – afferma Bigon – il sistema sanitario pubblico sta mostrando evidenti segnali di cedimento. Non basta più la capacità economica dei cittadini a compensare il disservizio: cresce il numero di chi, di fronte a tempi troppo lunghi, rinuncia alle cure".
Bigon critica inoltre la linea del ministro Schillaci sul possibile commissariamento delle Regioni che non riescono a gestire le liste d’attesa: "L’interventismo ministeriale deve puntare sugli investimenti, non sulla retorica. Il Governo non ha realmente aumentato le risorse, visto che l’inflazione e i costi crescenti hanno eroso i fondi disponibili". Secondo il gruppo PD, servirebbero 40 miliardi di euro a livello nazionale per affrontare l’emergenza, non solo per acquistare prestazioni sanitarie, ma soprattutto per potenziare il personale, favorire il ricambio generazionale e migliorare le condizioni lavorative. Infine, viene criticata anche l’attuale gestione dell’accesso alle facoltà di medicina: "L’aumento dei posti è solo apparente – spiegano – perché molti studenti abbandonano entro il primo anno. Il vero intervento sarebbe un piano concordato con le università, capace di formare un numero adeguato di medici rispetto ai reali bisogni del sistema sanitario".
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