Ricordare. Per non ripetere gli stessi errori
La Giornata della Memoria negli occhi, e nel cuore, dei ragazzi
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27 gennaio 1945, migliaia di Ebrei e prigionieri politici scappano da Auschwitz, liberati dalle armate rosse. Dietro di loro lasciano baracche fatiscenti, freddo glaciale e un milione e mezzo di morti ridoti a cenere. Sono passati esattamente 70 anni da allora, e il mondo piange ancora; piangono i fratelli, i figli, e piangono i nipoti e pronipoti dei prigionieri e dei partigiani.
In questo giorno la Shoah si ricorda in ogni parte del mondo. Si ricorda in Germania, in Polonia, in Israele. E si ricorda anche qui, dove la guerra ha fatto innumerevoli vittime. Dove uomini straordinari hanno saputo rispondere alla propria coscienza e correre dei rischi per ciò che credevano giusto. Uomini come Giorgio Perlasca, padovano, funzionario per il regima fascista, che nonostante la propria ideologia politica riconobbe l'efferatezza delle leggi raziali e fingendosi ambasciatore spagnolo in Ungheria salvò migliaia di ebrei dal concentramento.
Per le nuove generazioni uomini come Giorgio Petrasca sono eroi, sono simbolo di centinaia di nonni e bisnonni che nascosero nei fienili gli ebrei, simbolo di una storia che pare lontana.
Chi ha una memoria di terza mano, i giovani che hanno stentito queste storie e ne hanno letto, sono però attentissimi all'argomento; s'informano, conoscono, sentono. C'è l'orrore per la tragedia, l'indignazione per l'indifferenza di chi ha lasciato che questa si consumasse, la speranza che avvenimenti del genere possano non ripetersi più e la paura che invece sarà così.
I ragazzi sono umanamente vicini alle vittime, profondamente e non superficialmente coinvolti. E vorrebberlo esserlo ancora di più; vorrebbero più informazioni, più attenzione su questa parte di storia che sembra già così irreale, così lontana talvolta anche nello spazio e, soprattutto, nel tempo. Ma che non lo è poi così tanto: molti riconoscono che il razzismo è duro a morire, e l'attualità ne è dimostrazione.
Il razzismo, dicono, esiste ancora, anche se in forma più lieve. E coinvolge nel nostro piccolo le vite di tutti: lo si respira nei pregiudizi, non solo quelli razziali, di cui troviamo esempi ogni giorno, e che rendono difficile la convivenza tra persone di etnie diverse.
La nostra è una richiesta dal cuore: che queste storie vengano ricordate, tramandate, che ci insegnino a essere uomini veri, e non crudeli. Perché non si dimentichino le nostre radici, i nostri errori, i nostri eroi.
Chiara Moret