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19 aprile 2024

Politica

Per Renzi lasciare la politica in caso di sconfitta era un atto di dignità, ora è un atto di vigliaccheria

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Lasciare la politica in toto? "Sì, nei primi giorni. Mi tentava: e devo dirle, un po’ per curiosità, un po’ per arroganza", e poi "ho pensato che solo il vigliacco scappa nei momenti di difficoltà. Ho ripensato alle migliaia di lettere ricevute, al desiderio di futuro espresso da milioni di persone. La nostra battaglia è appena incominciata". Lo afferma Matteo Renzi in una intervista alla Repubblica, specificando che per lui il Pd è quello che "ha preso il 40,8 per cento alle Europee, miglior risultato di un partito politico in Italia dalla Dc del 1959" e dicendosi "convinto che se il 4 dicembre si fosse votato per i partiti, saremmo risultati nettamente primi".

Invece il voto è stato quello del referendum e, dice Renzi, "brucia, eccome se brucia. Tanto che il vero dubbio è stato se continuare o lasciare. Ma poi uno ritrova la voglia e riparte".

"Sarei andato via anche con il 49 per cento. In realtà mi sono dimesso tre volte", aggiunge Renzi quanto alle dimensioni numeriche della sconfitta refrendaria e spiega poi le triplici dimissioni: "La prima appena usciti risultati, domenica sera. La seconda davanti a Mattarella, lunedì. Poi il Presidente mi ha chiesto di portare a casa la legge di bilancio, l’abbiamo fatta in 48 ore. E con 173 voti a favore presi al Senato mi sono dimesso per la terza volta. Adesso c’è il presidente Gentiloni cui va tutto il nostro sostegno".

Nel Pd "adesso - aggiunge l'ex premier - c’è da fare. Lanceremo una nuova classe dirigente, gireremo in lungo e largo l’Italia, scriveremo il programma dei prossimi cinque anni in modo originale. Siamo ammaccati dal referendum ma siamo una comunità piena di idee e di gente che va liberata dai vincoli delle correnti. Ci sarà da divertirsi nei prossimi mesi dalle parti del Nazareno".

Quanto al voto, all'opportunità o meno di arrivare presto alle urne, "mi è assolutamente indifferente. Io non ho fretta, decidiamo quel che serve all’Italia - risponde Renzi - senza ansie ma anche senza replicare il 2013 dove abbiamo pagato un tributo elettorale al senso di responsabilità del Pd. Forse alcuni parlamentari, specie dei nuovi partiti, sono terrorizzati dalle elezioni perché sanno che non avrebbero i voti neanche per un’assemblea di condominio. Ma noi no. Noi faremo ciò che serve al Paese".

"Io credo nel Pd, credo nell’intuizione veltroniana del partito maggioritario, credo possa essere la spina dorsale del sistema, soprattutto in un quadro bipolare come piace a me", aggiunge Renzi che al mantenimento del ballottaggio, anche con Grillo in campo, dice "sì, è il modo per evitare inciuci, governissimi, larghe intese tra noi e Forza Italia che non servono al Paese e aprono un’autostrada al grillini. Ballottaggio, o se no Mattarellum. Se poi dalla Corte verrà fuori un sistema diverso ci confronteremo con gli altri. Col maggioritario il Pd è il fulcro di un sistema simile alla democrazia americana. Con il proporzionale torniamo a un sistema più simile alla democrazia cristiana. Ma il Pd sarà decisivo comunque. Il futuro dell’Italia passa da noi, dai nostri sindaci, dalla comunità di valori della nostra gente. Che non ne può più di chi tutti i giorni spara contro il quartier generale".

Renzi poi afferma di non credere alla possibilità di una scissione della sinistra del Pd: "Non mi sembra l’aria. Una parte del gruppo dirigente ha votato 'no' con Lega, Grillo e Berlusconi, ma il 91 per cento degli elettori del Pd ha votato sì. La scissione la farebbero i parlamentari, non gli iscritti. Nonostante le leggende nere, abbiamo perso a destra, non tra i compagni". Quanto alla crisi dell'Unità, alla domanda su cosa farà Renzi risponde: "Faremo di tutto. Vedrò Staino e gli editori la settimana prossima. Ma se il giornale vende poco davvero pensiamo che la colpa sia del segretario del partito? Lavoreremo a una soluzione con umiltà e buon senso".

 


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