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28 marzo 2024

Quinto (comandamento): Non accogliere

Categoria: Notizie e politica - Tags: profughi quinto di treviso; Zaia, Salvini; prefetto Marrosu

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Emanuela Da Ros | commenti |

Quinto. Inteso come comandamento. Il quinto comandamento (parliamo di quelli consegnati a Mosé sul Sinai, parliamo dei precetti base del cattolicesimo) ordina di "non uccidere".

Padre Pio (quello di Pietrelcina, quel santo "terrone", originario di un paesino di pietre del profondo sud), spiegando il quinto comandamento diceva che questo dev'essere interpretato in senso ampio: cioè che non solo non si dovrebbe uccidere (e fin qua non ci piove, anzi fa un caldo africano), ma non bisognerebbe neppure arrecare danno agli altri, nel corpo e nell'anima. Altrimenti si cade in peccato. Un peccato contro il quinto comandamento (ovvio).

 

Quinto comandamento o Quinto comune? A Quinto, comune trevigiano del profondo nord (considerato "terrone" dai bolzanini/ bavaresi in su), un gruppo di persone (probabilmente non cattoliche, probabilmente non catechizzate, probabilmente non devote a Padre Pio), ha arrecato danno agli altri, al prossimo. Come sapete (i media ne hanno scritto ampiamente), si sono introdotte (reato) in appartamenti non loro, hanno asportato letti, comodini, materassi ecc. (reato), li hanno ammassati su un marciapiede e gli hanno dato fuoco (reato). 

Questi quintesi non catechizzati e ovviamente non cattolici non solo hanno peccato contro la legge di Dio venendo meno al quinto comandamento (quei materassi, quelle brande, quei comodini erano destinati a dei profughi, cioè a un prossimo da amare come te stesso), ma hanno pure infranto un sacco di leggi.

Certo: avevano i loro motivi. Tipo: avevano freddo e avevano bisogno di scaldarsi con un falò. Tipo: si annoiavano perché l'Aquafollie di Caorle era un tantino troppo lontana. Tipo: quelle brande erano destinate a un prossimo che manco parlava diaeto, perché veniva boh tipo dall'Africa, ma non dai villaggi turistici, piuttosto da posto pieno di miseria e fame e guerra e che schifo io non ci andrei nemmeno se mi pagassero. E poi quei profughi sarebbero stati ospitati in condomini proprio vicini ai loro. In appartamenti che era meglio lasciarli vuoti, piuttosto che usarli così.

Leggendo le interviste, appuriamo che i motivi erano anche ricolmi di affetto: madre Teresa di Quinto - per esempio - ha detto che lei non avrebbe avuto il cuore di mandare i suoi figli piccini a giocare nel garage sapendo che intorno c'erano dei profughi. Perché "il prossimo da amare come noi stessi" in questo caso, quello di Quinto, erano - repetita aiuta - dei profughi. Gentaglia, per antonomasia. Gentaglia a priori, visto che manco possono permettersi una visitina all'Ikea e si aspettano sia il comune a dargli i comodini in prestito. 

Ipotesi di reato. Nel casino che è successo a Quinto, le istituzioni, tipo Zaia, sono state accanto ai quintesi non catechizzati perché recandosi lì sul posto hanno capito le loro ragioni. E il sindaco di Quinto, per esempio, ha detto che i profughi non avrebbero potuto essere ospitati negli appartamenti messi a loro disposizione dalla prefettura perché mancava l'elettricità. 

Il prefetto Marrosu (che è pure una donna con un cognome così poco nostrano che come avrà fatto ad arrivare lì?) ha puntato i piedi. Ha detto che l'elettricità era stata attivata in quegli appartamenti, che l'accoglienza era necessaria (mi sa che il prefetto è catechizzato) e che non c'era altra scelta per dare una risposta all'arrivo continuo dei profughi.

Il prefetto ha inoltre fatto sapere che "chi ha commesso dei reati verrà denunciato". E questo era proprio il comandamento legislativo che mi aspettavo.

Bruciamo la carega vecia. Perché quando ho letto basita (vorrei tradurre l'aggettivo per i quintesi di via Legnago, ma suppongo non abbiano acceso il falò con lo Zanichelli, quindi si vadano pure a cercare il significato del lemma) che i residenti colpevoli di questi reati hanno pure acceso un falò in un luogo pubblico senza nessun permesso, mi sono cadute la braccia (metafora da pupara).

Mi sono ricordata che in ogni comune del Trevigiano ci sono regolamenti severissimi tesi a rispettare il decoro urbano. Per esempio a Cison (ma anche in altri comuni) si può venire multati per buttare un mozzicone di sigaretta dal finestrino della macchina, si può essere multati se non si rispetta la raccolta differenziata spinta, se si bruciano ramaglie senza preventiva autorizzazione. Insomma: ci si deve comportare bene se no zac: ti arriva la sanzione.

Ora: se i residenti di Quinto, tipo madre Teresa, hanno violato proprietà non loro, si sono appropriati di beni non loro, li hanno bruciati su suolo pubblico, che multe dovranno apsettarsi? Spero tanto che quelle telecamere che, in virtù della sicurezza generale, sono state posizionate più o meno dappertutto servano a rintracciare - in tempi brevi (che fa caldo) - i colpevoli di questi reati (non manchevolezze). Altrimenti mi sentirò autorizzata a ignorare ogni regolamento. Anche se non fumo butterò i mozziconi fuori dal finestrino dell'auto transitanto a Cison, anche se non ho le chiavi, entrerò dalla mia vicina di casa a rubarle il cornetto Algida Quello sbagliato, anche se non sono una dipendente del signor Ikea brucerò una vecchia sedia impagliata della mia cucina allo scopo di sostituirla con una più simpatica. 

E farò il falò magari in Piazza del Popolo. A Vittorio Veneto.  Magari alle sette di sera di domani.

Salvini. Ah! Inviterò Salvini ad accendere il rogo. In fondo sarà a Quinto a pochi passi da me.



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