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24 aprile 2024

Vittorio Veneto

Quattro profughi e un progetto. Per diventare cittadini

Fregona accoglie e integra con un sistema unico, autonomo, che si autofinanzia

| Stefania De Bastiani |

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| Stefania De Bastiani |

Quattro profughi e un progetto. Per diventare cittadini

FREGONA - Se, per un richiedente asilo, non ottenere il permesso di soggiorno è una disgrazia, riceverlo non è certo un problema da meno. Nel primo caso il migrante diventa un clandestino, nel secondo un senzatetto.Quando un richiedente asilo diventa profugo a tutti gli effetti e ottiene lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria non ha infatti più diritto all’accoglienza in quelle strutture dove durante l’attesa aveva vissuto. E’ su una strada, senza soldi, senza aiuti. Non ha un casa, né un lavoro, né tantomeno le possibilità di trovarsi un impiego.

 

Si sono scontrati contro le falle di un paradossale sistema di accoglienza Adbulie, Keita, Mamadou e Isifa, quattro profughi del Ceis che dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno sono stati costretti ad arrangiarsi. Era Natale, quando i quattro ragazzi sono finiti in strada. Quando, tra Vittorio Veneto e Fregona, è stata messa in moto una macchina per dare a questi ragazzi non solo un posto dove dormire e mangiare, ma gli strumenti necessari per diventare autonomi. Per diventare cittadini non solo sulla carta, ma nella pratica.

A mettere il tassello mancante in un sistema di accoglienza tronco sono state famiglie e associazioni, cittadini e sacerdoti. Il Gallo Rosso di Fregona, la Consulta dell’Associazionismo Culturale vittoriese, don Angelo Arman, parroco di Fregona e don Ermanno Crestani, parroco di Sant’Andrea, hanno avviato un percorso comune che ha portato a costruire un progetto per accogliere quei quattro ragazzi fuggiti da guerre e persecuzioni. Da qualche settimana Adbulie, Keita, Mamadou e Isifa hanno trovato alloggio a Sonego, frazione di Fregona, presso la canonica. Mentre il parroco offre un alloggio, alcune famiglie  che gravitano attorno alla Consulta Culturale si stanno dando da fare per raccogliere le risorse e il Gallo Rosso offre un servizio di doposcuola.

 

“Questo è un progetto autonomo, che si autofinanzia - spiega Pier Lorenzo Parrinello del Gallo Rosso - è un progetto-camera di decompressione tra l’accoglienza del Ceis e la vita civile in cui si dovranno trovare a vivere i profughi. E’ il tassello che manca in tutta la legislazione, e dopo il naufragio dello Sprar ci siamo sentiti in qualche modo obbligati a crearlo. Questi ragazzi non hanno avuto la possibilità di studiare: ora necessitano degli strumenti base per potersi affacciare alla vita lavorativa, alla vita vera, e noi stiamo cercando di darglieli. Se non ci fossimo noi l’unica alternativa per i ragazzi sarebbe quella di finire in mano alle malavita”.

 

Un tassello mancante, creato da cittadini, che non ricevono nulla. Attuato dalla società civile, autonomamente alle istituzioni. “Io non ne sapevo nulla: ho scoperto che a Sonego ci sono 4 ragazzi solo a cose fatte - è stata la reazione del sindaco di Fregona Laura Buso - Credo che non ce ne saremmo nemmeno accorti, se qualcuno non ce l’avesse detto. Io ho promesso alla prefettura che ospiterò cinque profughi e mi sto attivando per trovare un posto a chi arriverà, oltre che ai quattro che sono già qui, in una sistemazione che è solo momentanea. Penso che un senso di responsabilità dovrebbe portare tutti a fare la propria parte, quello che si può. Ma l’importante è che ci sia un vero progetto di accoglienza e non un parcheggio dove lasciare i ragazzi”.

Altri cinque profughi arriveranno a Fregona e i quattro presenti tra poco avranno bisogno di un’altra sistemazione. “La canonica di Sonego è disponibile fino al 10 aprile - riferisce don Ermanno Crestani - perché poi questa viene impiegata per le attività di un gruppo giovani che l’aveva già prenotata. Per una sistemazione temporanea ci è sembrata il luogo più idoneo ma ora ci si dovrà attivare per trovare un posto”.

 

Intanto i quattro ragazzi stanno imparando la lingua italiana e sabato parteciperanno a un corso di potatura che si terrà al Parco Fenderl. Un progetto unico, che è per i profughi un'occasione: l'unica possibilità che hanno di costruirsi un futuro, qui o altrove, e vivere una vita degna. Quella vita che tra la Costa d'Avorio, il Mali e il Gambia è stata loro negata. Quella vita che credevano di aver trovato a Napoli, finendo poi vittime di caporalato a raccogliere pomodori per un euro all'ora in condizioni disumane.

Quella vita che non hanno smesso di sognare.

 

 

 


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Stefania De Bastiani

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