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20 aprile 2024

Treviso

Quarto potere imbavagliato dal Covid e… non solo

EDITORIALE - Continueremo a tutelare il diritto fondamentale dei cittadini di essere informati

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

no alle querele bavaglio

EDITORIALE – L’espressione “quarto potere” indica solitamente l’attività svolta dai mezzi di comunicazione di massa, intesi come strumenti volti a coadiuvare la democrazia che si basa su tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Già perché di fatto l’informazione giornalistica è la sentinella della democrazia.

In una società costantemente in divenire dove i cambiamenti si succedono con grande rapidità anche i media sono soggetti ad un’evoluzione, soprattutto in tempi recenti. Il giornalismo sta quindi cambiando ma ci sono principi cardine che non possono essere soggetti ad addomesticamenti dettati dalle circostanze.

Sempre più spesso i giornalisti anziché cercare le notizie, usano le “veline”, vale a dire delle comunicazioni, in molti casi istituzionali, preconfezionate. Sempre più spesso le conferenze stampa sono l’unica fonte di informazione e nel caso di quelle online (imposte dal Covid) sovente senza possibilità di fare domande. I giornalisti quindi cosa dovrebbero fare, limitarsi a riportare dati e informazioni senza possibilità alcuna di approfondire?

Che il giornalismo d’inchiesta, soprattutto nel nostro paese sia in difficoltà è un dato di fatto e la pandemia ha peggiorato la situazione. I reparti Covid sono preclusi a chicchessia, giornalisti compresi, e le poche testimonianze di quanto accade all’interno degli ospedali, fonti istituzionali a parte, sono le voci di chi, non senza timore, decide di raccontare la propria esperienza professionale ma evitando di esporsi.

Di recente in un network televisivo tutti abbiamo visto un servizio giornalistico in cui un sanitario, debitamente camuffato nell’immagine e nella voce (per non essere riconoscibile), ha raccontato dei problemi con cui gli operatori sanitari devono confrontarsi nei reparti Covid. Beh, siamo nel 2020 e francamente assistere a simili testimonianze come se a parlare fosse un pentito di mafia, lascia sconcertati.

Perché dunque, pur senza accusare nessuno ma evidentemente diffondendo informazioni scomode a qualcuno, i sanitari scelgono di non comparire? Da più parti esponenti politici hanno affermato che nei reparti Covid siano giunte circolari che vietano ai sanitari di parlare con i giornalisti. Viene da chiedersi se una simile imposizione, se veritiera, non travalichi i diritti personali dell’individuo, censurando la sua sacrosanta libertà d’espressione!

Di certo, quanto sta accadendo non consente ai giornalisti di fare il loro lavoro al meglio, di essere “sentinelle della democrazia”. In questo scenario, già poco incoraggiante di recente si è aggiunto un ulteriore fattore che sindacato e autorevoli rappresentanti della stampa hanno definito “querela bavaglio”. In Veneto in particolare più di un giornale, tra i quali anche OggiTreviso, è stato oggetto di minaccia di querela, in tutti i casi per aver dato voce a operatori della sanità che lamentavano difficoltà e rischi.

A chi pensa in questo modo d’intimidire la stampa libera rammento quanto recita la Carta dei doveri del giornalista: “Il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile”.

Tra i principi della Carta dei doveri c’è anche: “Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo degli atti pubblici. La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. II giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di altri organismi dello Stato”.

L’unica cosa che mi sento di aggiungere come giornalista e come direttore di OggiTreviso è che ne io nei i colleghi giornalisti della nostra testata intendiamo tradire quelli che sono i nostri doveri; non chineremo il capo al volere di chi minacciando di “tutelarsi nelle sedi opportune”, intende d’intimorirci. Facciamo da sempre il nostro lavoro con serietà e mettendo al primo posto chi ci legge, e continueremo a farlo.

A quanti si sono permessi di denigrare il nostro operato dico che non intendiamo più tollerare simili pratiche volte a screditare chi mette al primo posto l’indipendenza dell’informazione. Vista la china che certi comportamenti hanno ingenerato ora saremo noi a valutare se tutelarci nelle sedi opportune, verso chi lede la nostra immagine e dignità professionale, chi ci diffama.

Purtroppo, viviamo in un epoca particolare che rischia di omologare ulteriormente il comune pensare. Il fatto che le notizie vengano in maniera costante solo da una fonte non aiuta e, rischia d’ingenerare un pericoloso “pensiero unico”. Forse anche per questo c’è chi confonde le notizie sulla pandemia, con una sorta di “fede politica”.

Beh, vi comunico che il virus prima di contagiarvi non mi chiederà per chi avete votato. Limitarsi a una sola fonte quando si scrive di Covid non vuol dire abbracciare un’idea partitica ma non fare al meglio il proprio lavoro di giornalista. Al contempo dare voce a chi ha un pensiero diverso, maturato della propria esperienza professionale sul campo, non significa schierarsi politicamente da una parte ma rivendicare il diritto/dovere all’informazione libera e democratica.

Quando decidiamo di scrivere una notizia, di dare voce a qualcuno, di raccontare un’esperienza lo facciamo sempre con la ferma convinzione di svolgere un servizio ma soprattutto di tutelare un diritto fondamentale che è quello di tutti i cittadini di essere informati!


Concludo con un doveroso ringraziamento a chi ci ha manifestato la sua vicinanza e solidarietà: lettori, colleghi, figure istituzionali e cittadini. Grazie per le belle parole e per il sostegno ma al contempo mi preme sottolineare, che da parte nostra non c’è alcun eroismo: siamo giornalisti e facciamo il nostro lavoro, un lavoro che amiamo e in cui crediamo, tutto qua.

 

 


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