A proposito di anguilla

Pesce straordinario e misterioso: i due fiumi più noti per la qualità delle anguille sono il Sile e la Livenza

| Giampiero Rorato |

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Giampiero Rorato | commenti |

TREVISO - La Marca Trevigiana è una provincia ricca d’acque fluviali e, fra i pesci ospitati, ci sono anche le anguille. Come e è ben noto ai pescatori, ai ristoratori e agli amanti di questo pesce straordinario e misterioso, i due fiumi più noti per la qualità delle anguille sono il Sile e la Livenza.

I buongustai ricordano sicuramente la tradizione di Quinto di Treviso dove apriva le sue porte l’Osteria della famiglia Righetto, a pochi metri del Sile, che, dal 1875 e fino a non molti anni fa richiamava appassionati da tutto il Veneto e da altre regioni, per le sue squisite preparazioni dei bisati del Sile. Era molto rinomati e richiesti il risotto de bisati, la bisatela fritta uso scampi, la bisatela in tocio, el bisat alla griglia, i rodoleti de bisato. Ora la tradizione è passata ad altre trattorie della zona, specie da Santa Cristina a Canizzano, tratto fluviale nel quale le anguille sono di straordinaria delicatezza, grazie alle caratteristiche di quelle acque di risorgiva, limpide e fresche.

Attualmente, come confermano anche gli Accademici italiani della cucina del Trevigiano, il primato nella preparazione delle anguille è passata a una trattoria storica lungo le sponde della Livenza, proprio a metà del suo corso. È la Trattoria al Vecchio Mulino di Villanova di Motta di Livenza, dove opera in cucina Ottavio Nadalon, chef patron del locale, innamorato delle anguille (è comproprietario lì vicino di una enorme bilancia sulla Livenza, anche se si fornisce dal “Canarin”, al secolo Felice Gazzelli (nella foto), l’ultimo famoso pescatore d’anguille della Livenza).

Ottavio prepara dei raffinati rollé d’anguilla farciti d’erbe od ortaggi di stagione, una straordinaria e originale zuppa d’anguilla che affascina i buongustai, poi la sempre richiesta anguilla ai ferri, magrissima e molto gustosa ed altre preparazioni sempre con l’anguilla.

I migliori periodi per gustare le anguille sono la primavera - (in questa stagione è nato il celebre piatto della Bisata coi amoli), da secoli presente tra Meduna di Livenza, Motta, San Stino di Livenza e Torre di Mosto - e l’autunno, quando le anguille femmine, giunte alla maturità sessuale, scendono dai fiumi e prendono la strada per il mar dei Sargassi, dove nasceranno le nuove anguillette, piccolissime che, a loro volta, torneranno nei luoghi dove vivevano le loro madri.

La tradizione dell’anguilla non è solo del Trevigiano e vorrei citare qualche altro luogo dove ne ho gustate di straordinarie: Marano Lagunare, enclave veneziana nel vicino Friuli, dove si prepara lo spiedo anguilla (c’è anche una Confraternita con un suo preciso disciplinare), poi Fossalon di Grado, tra Grado e Monfalcone e, infine, ma non certamente per ultimo, il Delta del Po, con una tradizione antichissima, specie attorno alla Sacca di Scardovari, le cui anguille, tra acqua dolce e acqua salata, sono fra le migliori in assoluto.

Ricetta del “Bisat coi amoi”



Per 6 persone monda ed eviscera 1,5 kg di anguillette sui 3-400 g l’una e tagliale a rocchi sui 5 cm, infarinale e mettile a rosolare in un soffritto di aglio (2 spicchi) e olio extravergine d’oliva, aggiungendo subito dopo un pizzico di prezzemolo tritato, 3 cucchiai di salsa di pomodoro (aggiunta questa in tempi recenti), 2-3 rondelle di limone e 1 foglia d’alloro che poi elimini. Bagna con un bicchiere di vino bianco secco, unisci 2-300 g di susine selvatiche (amoi) ancora acerbe. Fa consumare pian piano il tutto, quindi informa a fuoco basso dopo aver insaporito di sale e pepe.

Lascia cuocere una decina di minuti e, come l’anguilla risulta cotta e, quindi, tenerissima, mandala in tavola col sugo di cottura e polenta bianca calda di buona consistenza.

 



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