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11 ottobre 2024

Nord-Est

Profughi nel residence di Eraclea: le denunce dei vicini gettano ombre sulla gestione

I residenti raccontano i retroscena della convivenza, fra proteste, solidarietà e inefficienze

| Davide Bellacicco |

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| Davide Bellacicco |

Profughi nel residence di Eraclea: le denunce dei vicini gettano ombre sulla gestione

ERACLEA MARE-Abbiamo chiesto a coloro che vivono nel residence che ospita gli immigrati di raccontare la loro esperienza diretta circa la reale situazione in atto in queste settimane. Il rischio della sovraesposizione mediatica cui stiamo assistendo, che privilegia il punto di vista dei rappresentanti politici delle comunità cittadine e delle forze parlamentari alla ricerca di soluzioni (e di consenso)  è, infatti, quello di limitare la conoscenza dei fatti, essenziale per giudicare a trecentosessanta gradi un fenomeno, alla descrizione degli stessi filtrata da visioni più o meno legittimamente di parte. Se però a indossare inconsapevolmente “gli occhiali” di chi descrive parzialmente fatti più complessi è il cittadino, si genera buonismo senza soluzioni o odio sociale ingiustificabile prima ancora che ingiustificato, due mali da cui è bene vaccinarsi ancorando i piedi per terra e attenendosi ai fatti, per poi giudicare in autonomia.

Residence Le Magnolie, località Eraclea Mare. Uno dei siti in cui da diverse settimane sono giunti i migranti. Il luogo ha assunto una certa celebrità con diverse dirette televisive dei talk show e dei tg che hanno posto in evidenza una serie di anomalie gestionali, dall’individuazione di un condominio abitato da residenti stabili e vacanzieri, al fatto che si tratti di una località turistica e che la gestione dell’emergenza, secondo taluni, possa minare le entrate della stagione balneare. La quantità di alloggi sfitti è, effettivamente, rilevante: con velata ironia qualche abitante risponde che più degli immigrati il danno lo ha prodotto l’eco mediatico costante sul loro arrivo in città. Pochi i profughi veri o presunti tali sulle spiagge. Di giorno quasi nessuno, e così nel resto della cittadina. Nel Residence Le Mimose, la cooperativa che gestisce gli arrivi e cura i servizi ai migranti ha allestito degli ampi spazi che fungono da sala mensa e da uffici. È mattina e dagli alloggi alle Magnolie, gli ospiti sciamano verso le Mimose, struttura antistante, per la colazione. Incontriamo al cancello due gruppi di residenti stagionali proprietari di alcuni immobili (solo un uomo vive nella palazzina tutto l’anno ma ora pare abbia trovato un’altra sistemazione): osservano i nuovi vicini e si interrogano vicendevolmente sulle novità. C’è tensione nell’aria ma, curiosamente almeno rispetto a quanto ci si potrebbe attendere dopo i fatti di Quinto di Treviso, oltretutto in una situazione abbastanza simile a questa, il rapporto dei vicini con i profughi è molto cordiale: i commenti più duri sono riservati quasi esclusivamente alla realtà cui è stata affidata la gestione e la condanna appare unanime fra i presenti. Sorpreso, chiedo lumi.

Inquadriamo anzitutto la situazione: gli immigrati residenti in queste strutture sono etnicamente omogenei o appartengono ad una pluralità di comunità? 

"Ci sono musulmani e cristiani. All’inizio litigavano fra loro. La cooperativa ha ben pensato di far alloggiare negli stessi appartamenti gruppi etnici che si uccidono vicendevolmente nei Paesi di origine. I cristiani hanno ricavato in una stanza una piccola chiesa in cui si riuniscono per pregare. Abbiamo fatto notare loro la presenza nelle vicinanze della chiesa in pineta, dove si celebra la Messa, ma preferiscono restare qui nella loro cappellina (In Nigeria il 48% dei cittadini è cristiano, ma solo una minima parte è cattolico ndr.). Islamici ce ne sono, pochi ma ci sono. Sono molto religiosi: si ritrovano per i loro momenti di preghiera e poi tornano insieme agli altri. Tutti i presenti sono ragazzi, tranne tredici donne”.

Esiste un tentativo da parte di residenti e immigrati di instaurare delle relazioni di vicinato, considerato che, di fatto, resteranno qui per un tempo indefinito?

"Noi diamo loro da vestire, persino il sapone per lavarsi. La cooperativa è assente. Qualche giorno fa c’è stata una protesta del gruppo francofono. Chiedevano una equa distribuzione fra loro dei pasti ma soprattutto del sapone: sono stati trasferiti con un pullman e chi resta oggi qui è in massima parte nigeriano e parla inglese. Capita spesso che molti di loro fermino noi residenti per domandarci la traduzione in italiano dei termini di uso più comune. Hanno molta voglia di dialogare con noi, di imparare e di integrarsi”.

La cooperativa organizza già i corsi di lingua…

"Per gruppi da cinquanta. Non mi risulta che altre realtà gestiscano i corsi allo stesso modo. Qualcosa che non va c’è. L’altro giorno è arrivato un dirigente e ha iniziato a urlare contro i migranti che, però, non capivano. Non è il migliore dei modelli di relazione da offrire”.

In questi giorni ho potuto constatare come Eraclea Mare sia assolutamente sicura per i turisti, anche se, certamente, qui alle Magnolie è un tema più scottante che altrove. In che modo, invece, avvertite il problema sicurezza all’interno del Residence?

"I presidi delle forze dell’ordine, nei momenti critici, ci sono. La sicurezza qui però è gestita da alcuni rumeni. Organizzano delle ronde notturne. Qualche sera fa abbiamo visto uno di loro mettere le mani al collo di un profugo. Ci creda, sono squadristi, come quegli altri, quelli neri, energumeni, reclutati anche loro per garantire la sicurezza. Le racconto un fattaccio: due settimane fa c’è stata una lite piuttosto degenerata fra due fazioni. Sono arrivate le volanti delle forze dell’ordine. La cooperativa ha chiamato questi ragazzi perché portassero via i responsabili mentre ancora i carabinieri riportavano la calma. Era l’una di notte. Una signora è riuscita a filmare ma è stata vista da un uomo della sicurezza che è sceso dal SUV e l’ha minacciata. Fortunatamente c’era un gruppo di ragazzi che tornava a casa in bicicletta e che ha fatto desistere quell’uomo”.

Si è letto, non di rado, della pubblica indignazione scaturita dalle proteste per le richieste di climatizzatori e per il rifiuto da parte di tutti i migranti, reiterato due volte, di consumare la cena.

"L'aria condizionata qui a Eraclea l’abbiamo chiesta noi per loro. Ne sarebbero provvisti tutti gli alloggi, ma in molti non funzionava. Risultato? La notte molti di loro dormivano per terra nel piazzale condominiale, altri si ammassavano in una media di dodici, nelle stanze in cui l’aria condizionata garantiva refrigerio. Quando hanno domandato a qualcuno di loro se effettivamente i climatizzatori fossero guasti, hanno risposto sinceramente: i media nazionali, che non conoscevano i retroscena e l’istanza di noi residenti, hanno parlato di pretesa da parte dei profughi”.

Circa i pasti respinti i residenti non sanno rispondere. Uno solo di loro ragiona: “Deve essere accaduto qualcosa che non conosciamo. È difficile pensare che un intero gruppo multietnico rinunci in blocco a dei pasti senza un qualche coordinamento e una qualche motivazione. Non è possibile che neanche uno di loro, che sono centinaia, avesse appetito o gradisse”.

Interviene il titolare di un altro alloggio. Racconta di aver anche investito nelle vicinanze. È visibilmente scosso dai fatti di questi mesi. Gli altri residenti concordano e annuiscono, condividendo i contenuti della sua invettiva: “Ora che avrei necessità di liquidità so che se vendessi vedrei il mio immobile enormemente svalutato. Dopo i fatti di Treviso si guarderanno bene dal mandare altri profughi nei condomini, il che è concettualmente giusto, ma dispiace che resti l’idea che quelle reazioni violente abbiano risolto il problema. Si è creato un precedente. Noi viviamo la stessa situazione. Cerchiamo di vivere in armonia, ma i profughi che arrivano sono molti e sono solo dei ragazzi. Potrà accadere che anche qui si verifichino fatti spiacevoli che coinvolgano qualcuno di loro e gente del vicinato. Quando gestisci centinaia di giovani non puoi pretendere che siano tutti bravi ragazzi educati. A volte ne basta solo uno. Vorremmo prevenire reazioni inconsulte: un condominio non può essere una soluzione. Da Duna Verde a Caorle ci sono cinque colonie dismesse. Erano tutte inagibili? Il problema sta nel valore degli immobili, nelle comunque assai sporadiche tensioni fra comunità molto eterogenee e nella sicurezza dei giovani che lavorano negli esercizi commerciali limitrofi o che vivono qui: la presenza dei profughi in sé non ci arreca alcun disagio. In particolare con i siriani avevamo sviluppato ottimi rapporti. Per questo pensiamo che l’utilizzo delle caserme in periferia sia una soluzione ottimale per tutti, chiaramente purché vengano ripartiti sul territorio, altrimenti, con imponenti concentrazioni, torniamo al punto di partenza”.  

 


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