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29 marzo 2024

Treviso

Professore-papà di un figlio disabile non può insegnare ai suoi alunni a distanza

La storia di un docente trevigiano che non sa a chi affidare i figli di 5 e 10 anni. Neanche la moglie (o.s.s.) può andare in smart working

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

bambini certificati

TREVISO - Com’era prevedibile, la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado ha già messo in crisi molti genitori, alle prese con la gestione dei figli più piccoli - quelli che frequentano le elementari e le medie - e che di certo non possono essere lasciati a casa da soli ad arrangiarsi con la didattica a distanza. Mamme e papà costretti a ricorrere al lavoro agile. Ammesso ma non sempre… concesso. A volte , per talune professioni, addirittura impossibile. E certe situazioni che si stanno già ingenerando hanno dell’incredibile, se non fosse che presentano una certa gravità.

E’ il caso di un allievo di dieci anni, frequentante la quinta elementare di una scuola di Treviso, con una disabilità certificata (legge 104/92) e l’insegnante di sostegno per sei ore alla settimana. L’istituto comprensivo ha assicurato - dopo che la mamma ha inviato una lettera all'Ufficio scolastico provinciale - che farà tutto il possibile per permettere all'alunno, da dopodomani, di andare a scuola con l’insegnante di sostegno. Ma il problema non sta tanto - o non sta solo - qui. E’ il restante tempo che il bambino deve trascorrere, come tutti i suoi compagni, tra le mura domestiche dopo le tre ore di didattica giornaliere che il suo istituto comprensivo ha stabilito di erogare. A casa la mamma non può rimanere: la sua professione di o.s.s. in una comunità di disabili non le permette lo smart working. A ciò si aggiunge il tirocinio che sta frequentando all’ospedale di Treviso. Nonni e parenti abitano a centinaia di chilometri.

Ad accudire il bambino e la sorellina di 5 anni potrebbe pensarci il papà. Ma il condizionale è rigorosamente d’obbligo. Professore di disegno tecnico e storia dell’arte al “Max Plank”, afferma di non aver ottenuto il permesso di poter svolgere le sue lezioni da casa. La norma obbliga infatti il docente di alunni con bisogni educativi speciali a recarsi a scuola, avendo questi ultimi il diritto di frequentare in presenza pure con il ricorso alla didattica a distanza al cento per cento. Il docente ha chiesto il permesso di insegnare da casa per badare nel contempo ai due figli. Ma la sua situazione è complessa perché la sua è una cattedra cosiddetta a completamento e non essendo titolare di nessuno dei pur moltissimi progetti del “Plank”, le ore deve dedicarle alle supplenze. Difficile però sostituire i colleghi da casa e la presenza in istituto è evidentemente necessaria.

La professoressa Emanuela Pol, dirigente scolastico del “Max Plank”, ci risponde al telefono cortese ma sorpresa: “Dal professore non ho ricevuto alcuna richiesta, né via mail né al protocollo. Ai miei docenti, specialmente quelli in difficoltà, cerco di andare incontro il più possibile, nei limiti previsti dalla normativa. Quando l'insegnante in questione inoltrerà la sua richiesta, sarà mia premura prenderla certamente in considerazione”.

I casi di complessa conciliazione famiglia-lavoro stanno emergendo numerosi anche nella Marca. I genitori dei due piccoli alunni hanno tempo fino a giovedì per trovare una soluzione. Dopo aver scritto all’Ufficio scolastico provinciale chiederanno direttamente al ministero dell’istruzione perché, con la DaD in tutte le scuole della Repubblica, a un insegnante papà di due bambini di 5 e 10 anni, uno dei quali con disabilità certificata, la norma non permette di lavorare da casa.

 


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Roberto Grigoletto

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