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23 aprile 2024

Treviso

La Preside, la prof e lo studente: andare a scuola fino a luglio non serve

Non è andato perso un solo giorno con la didattica a distanza: " Draghi pensi piuttosto a eliminare le classi pollaio e ad assumere nuovi docenti"

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

Studenti

TREVISO - La Preside, la docente, lo studente. Non è il remake di un film di Sergio Leone. Però anche questa della scuola da tirare in lungo- fino alla fine di giugno - è una storia da raccontare. Per chi la vede da fuori, tre settimane di appendice non è un problema. Chi ci sta dentro invece ha motivi (non pochi e neanche banali) per dire che forse non è proprio il caso.

Sandra Messina dirige il liceo Artistico di Treviso: “Sicuramente un buon proposito ma di difficile realizzazione: occorrono molte risorse, una pianificazione operativa precisa, nuove aperture contrattuali per il personale della scuola e probabilmente nuove regole per la reperibilità dei docenti non coinvolti negli esami di Stato per poter coprire tutte le classi. Ed è già difficile, se non impossibile, anche in questo momento di ordinaria vita scolastica avere la disponibilità di supplenti per alcune materie, come ad esempio matematica.

Gli esami di Stato sono un momento importante che interessano le scuole del secondo ciclo da metà giugno, con la predisposizione di aule dedicate”. Pragmatica, la dirigente si prefigura il suo istituto nelle ultime tre settimane di giugno: “Al liceo Artistico mancherebbero le aule per ospitare tutte le classi, oltre quelle per sostenere l’esame, in sicurezza, secondo i criteri dell'attuale periodo pandemico e adatte a far fronte alla calura estiva. Già applichiamo turnazioni a volte complesse e faticose”. Conclusione condita da molto buon senso: “Più praticabile la strada di lasciare agli istituti scolastici la possibilità di organizzare dei corsi di recupero mirati ad alcuni studenti come è già prassi nella scuola e, anche questa, non sempre di facile attuazione”.

Insegna Latino e Greco al liceo-ginnasio “Canova” la prof.ssa Eva Costeniero. Alla quale, per prima cosa, sembra importante non dare in pasto all'opinione pubblica messaggi demagogici e fuorvianti con azioni di facciata come conseguenze. “Non credo davvero che allungare di qualche settimana un anno già di per sè esasperante, possa rappresentare una soluzione reale per recuperare falle didattiche anche laddove, a causa della DAD, ce ne siano effettivamente state. D’altro canto non operare un distinguo molto chiaro tra le circoscritte realtà scolastiche in cui per svariati motivi non si sia lavorato a pieno regime e quelle che al contrario in questi mesi non hanno perso un solo giorno di lezione, non fa che alimentare un pregiudizio falso e socialmente pericoloso nei confronti dell'intero mondo scolastico”. È il primo pensiero formulato da chi opera nel mondo scolastico, in primis insegnanti in trincea, dopo un anno ormai speso facendo di tutto e di più per garantire la comunità didattica.

“In molte scuole superiori come la mia è stato rigorosamente osservato l'orario scolastico completo, ora per ora, corredato, fin dalla prima settimana, di ricevimento genitori, sportelli, recuperi, riunioni collegiali, consigli di classe straordinari, fitti dialoghi con le classi che, a onor del vero, hanno da subito collaborato con commovente puntualità e abnegazione a una tipologia di lavoro estremamente più stressante e frustrante nella consapevolezza che la straordinarietà della circostanza non consentiva altra scelta”. Non è trascurabile a questo punto - conclude la professoressa- nemmeno il trauma da rientro dimidiato che comporta notevoli sforzi organizzativi per calibrare e distribuire i nuovi carichi di lavoro relativi a verifiche scritte possibili solo in presenza. Meglio ridurre le classi troppo numerose per dare più spazio alla didattica vera”.

Lo stesso sguardo di prospettiva si attende ora Carlo Garzera, il coordinatore della “Rete degli studenti medi” di Treviso: “Vedo più controindicazioni che vantaggi”. Perché pur tra mille difficoltà sinora gli studenti delle superiori hanno lavorato per stare al passo con i programmi: “Il problema non è quello di recuperare il tempo... perso”. Andare a scuola fino alla fine di giugno significa - aggiunge Carlo, che frequenta l’ultimo anno dell’”Alberini” - posticipare l’esame di Stato: “Ciò vuol dire mancare l’appello o non potersi preparare ai test di ingresso all’università”. Le vere criticità invece stanno altrove : “La carenza di personale docente, anche di sostegno; le classi-pollaio: problema sotto gli occhi di tutti adesso, visto che metà studenti deve restare a casa in molti casi, perché le aule sono troppo piccole per le norme anti Covid”. Servono piuttosto sportelli di sostegno psicologico, particolarmente necessari nell’anno pandemico.

 


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