La pinza dell’Epifania

Uno dei dolci più antichi del Veneto Orientale

| Giampiero Rorato |

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Giampiero Rorato | commenti |

TREVISO - Questo antico dolce è presente nel Trevigiano, nel Veneto Orientale e nel vicino Friuli e, pur con qualche variante, in altre aree del Triveneto.

Da diversi decenni al nome di questo dolce – pinza – è stato aggiunto un aggettivo che ne indica la presenza in un preciso periodo dell’anno e poiché è ormai il tipico dolce per la festa dell’Epifania è diventato nel linguaggio popolare pinza epifanica.

L’attuale pinza epifanica è stata, fino almeno alla metà del secolo scorso, il quasi unico dolce di Natale e dell’intero periodo natalizio in gran parte del Veneto orientale e del vicino Friuli, soppiantata poi a Natale dai due dolci di cui abbiamo scritto prima di Natale: il panettone milanese e, più tardi, il pandoro di Verona.

Ma entriamo nella tradizione. Gesù, come affermano i Vangeli, nasce a Betlemme, l’antica Beth Lehem, che significa letteralmente Città del pane e il significato di questo nome appare come profezia del messaggio di Cristo: Io sono il pane della vita… Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gio. 6. 48-51).

Proprio in forza di queste parole si capisce il motivo per cui da duemila anni si festeggia il Natale con il pane. Ma deve essere un pane ricco, opulento, confezionato con buona farina, impreziosito di aromi, addolcito con uva passa e altra frutta secca, simboli di fertilità.

La storia ci ricorda che i primi cristiani, nel giorno in cui festeggiavano la nascita di Gesù, preparavano dei grandi pani che venivano benedetti durante le solenni celebrazioni liturgiche (nei primissimi secoli nel buio delle catacombe, poi nelle chiese), quindi donati ai sacerdoti, ai capi delle comunità, ai parenti e portati a casa per gustarli nell’intimità famigliare.

L’antica tradizione, mai interrotta, continua attualmente nella pinza, pane dolce, confezionato con farine di più cereali - oggi di frumento e mais – arricchito di uva passa, fichi secchi, semi di finocchio, grappa o altro, a seconda delle tradizioni locali.

Come detto sopra, la tradizione continua anche se a Natale non c’è più la pinza, sostituita da panettone e pandoro, ma è rimasta comunque protagonista nella festa dell’Epifania [significa: manifestazione di Gesù ai non ebrei, in questo caso i Re Magi che rappresentavano il resto dell’umanità], servita a quanti assistono all’accensione del Pan e Vin chiamato anche Casera, in Friuli Pignarul, acceso quasi ovunque la sera del 5 gennaio, Vigilia dell’Epifania.

La pinza dunque è un pane straordinario che possiede una ricca simbologia religiosa, sociale, storica; pane prezioso, non legato solo alla civiltà contadina ma alla civiltà occidentale che ha le proprie radici in Grecia, a Roma e a Betlemme, una civiltà che ha alimentato la storia e la cultura dell’Occidente, di cui il Trevigiano è un puntino che gli astronauti faticano a vedere. Teniamone conto.
 

 



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