Piazza Meschio e la piramide di Cheope
Abbiamo la storia (e i monumenti) che ci meritiamo. O che subiamo. Ironizzandoci sopra, parché no resta altro da far
VITTORIO VENETO - La piramide di Cheope, unica rimasta delle sette meraviglie dell’antichità, resiste da 4500 anni. Alta m. 138, 2.300.000 blocchi di pietra di 2,5 tonnellate cadauno. Erodoto scrive che per farla bastò una ventina d’anni; pala e pìc, leve, scalpelli in rame. Per riaprire piazza Meschio, nonostante i progressi dell’ars muratoria, ci son voluti ben dieci anni durante i quali la vita di residenti, commercianti, l’attività religiosa della Santa Maria in Sylvis con inclusa Annunciazione del Previtali, soffrirono. I battibecchi chiozzotti fra comune ed impresa edile, degenerati su infidi sentieri giudiziari, han gonfiato i giornali.
Giustizia italiana: ritmi da bradipo che premiano furbi e furfanti punendo onesti e prevaricati. Una scossa s’ebbe solo dopo che “Striscia la notizia” mise alla berlina urbi et orbi quest’ opera derelitta, costringendo il sindaco Tonon ad improvvisarsi illusionista. Fece sparire i soldi già pronti per sistemare piazza Duomo e li fece riapparire a Meschio promettendo agli scippati cenedesi - campa cavàl- che il finanziamento sarebbe stato restituito; magari dopo aver vinto la causa contro la Zurich per la fideiussione (sì…crédeghe ai ufo!). Intanto i schei veri, che per contratto doveva mettere la Edilvì, li ha sborsati il comune.
Fu così che il cerino si spense ancora sulle dita dell’eterno Pantalòn. Soldi a parte, l’opera conclusa non uguagliò di certo Cheope, per meraviglia; anzi. Particolare ribrezzo - Soprintendenza cercasi - provoca il muretto costruito lungo strada a protezione rampa garage (e guerra fu anche sul garage!) per scavare il quale vennero scoperchiati senza pietà i poveri resti dell’antico cimitero. Questo muretto vandalizza la visione su piazza e chiesa, togliendovi respiro. Ed eccoci alla recente denuncia: i lavori son pure stati fatti male, la pavimentazione del parcheggio si sta già destabilizzando.
Questo comune, manzoniano vaso di terracotta, pare spesso faticare ad autotutelarsi; pare che i vasi di ferro riescano a farvi quel che vogliono, menando apertamente pel naso i cittadini. Finale: per il Centenario della Vittoria si spese un botto per un simposio di sculture. Una di queste finì a Meschio, su scialba cabina, e mostra due uomini accucciati che osservano la piazza. Che c’entrino con la grande guerra non si sa ma la posizione che assumono, nonostante siano vestiti, evoca più ordinarie situazioni; tanto che al capolavoro ne derivò l’icastico soprannome. Quell’ artista aveva capito tutto.
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