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29 marzo 2024

Treviso

"Paura e solitudine": i racconti di 360 alunni durante la pandemia

Il servizio “Spazio Ascolto” di Paese ha raccolto i sentimenti di bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie

| Isabella Loschi |

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| Isabella Loschi |

bambina mascherina

PAESE - Smarrimento, paura, tristezza. E soprattutto una sensazione di solitudine, che ha reso più pesanti le situazioni di disagio all'interno della famiglia, magari causato da problemi tra i genitori provocati dalla pandemia o dalle dinamiche connesse alle separazioni. Sono i sentimenti prevalenti nei bambini e nei ragazzi di Paese come escono dal rapporto sulle attività svolte nell'ultimo anno dallo “Spazio Ascolto”, il servizio istituito dall’amministrazione comunale e messo a disposizione degli alunni degli ultimi due anni delle scuole elementari e delle medie, per rispondere alle loro esigenze.

Spazio Ascolto ha collezionato i racconti del lockdown e soprattutto dei diversi periodi di didattica a distanza di 281 giovanissimi, provenienti dai plessi scolastici delle scuole elementari di Postioma, Tre Forni, Paese, Castagnole, Padernello e Porcellengo. Ottantuno hanno invece richiesto l'accesso dalle sedi delle medie di Paese e Postioma.

“E' un fenomeno - ha detto Katia Uberti, sindaco di Paese - che emerge nettamente e caratterizza il periodo della pandemia, che senza dubbio i più giovani hanno sofferto in maniera particolare ma molto silenziosa. E' qualche cosa che dobbiamo approfondire con grande attenzione perché si tratta di dinamiche che potrebbero avere conseguenze importanti sul processo evolutivo della crescita di ragazzi e bambini".

I racconti di questo tempo, in cui gli adulti hanno fatto indubbiamente fatica a governare i rapporti con i figli e che sono stati resi ancor più complicati dalla didattica a distanza, ci dicono che molti giovani hanno trovato una valvola di sfogo negli strumenti digitali che avevano a disposizione: telefoni, tablet, computer ma anche la televisione. E non sempre sotto la supervisione di mamma e papà, con il risultato di accessi a contenuti non sempre appropriati in relazione all'età.

La gran parte di coloro che si sono rivolti al servizio (per la cui fruizione comunque serve una dichiarazione di liberatoria da parte dei genitori) ha confessato di aver vissuto in maniera "dolorosa" la separazione dai contesti a cui erano abituati: il tempo libero passato con gli amici, lo sport e altre attività non scolastiche. Il risultato è una sensazione di "solitudine", dovuto alla rottura di meccanismi, soprattutto di interazione sociale, che si pensavano consolidati e di "routine". La "normalità" inoltre è qualche cosa che la gran parte di questi giovani fatica a recuperare, in particolare, soprattutto per i più piccoli, la "fisicità" del contatto con gli altri. "Quello che traspare - torna a dire la Uberti - è che la fragilità di bambini e ragazzi, in una certa misura tipica dell'età adolescenziale, è diventata in questa fase sofferenza vera e propria”.

 Valvola di sfogo sono stati allora gli strumenti digitali, in particolare internet. "C'è un cambiamento - torna a dire il primo cittadino - nel mondo di intendere, direi quasi di concepire il rapporto con il mondo. Per i ragazzi più grandi questo fenomeno era già iniziato da prima della pandemia con l'affermarsi delle piattaforme social, ma si è acuito durante la fase in cui di fatto la libertà è stata costretta all'interno delle misure di contenimento del virus. E' evidente il bisogno di una educazione digitale non solo dei ragazzi quanto dei genitori”.

 


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Isabella Loschi

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