"Pastasciutta antifascista" a Ca Corniani di Monfumo
Tante le personalità intervenute: Giuliano Varnier, presidente dell'Anpi di Treviso, Alessadra Gava, segretario generale del Sunnia, Michele Seno segretario provinciale di Articolo 1 e Rodolfo De Paoli già sindaco di Monfumo
FOTO: Rodolfo De Paoli, già sindaco di Monfumo nonchè promotore del progetto di Ca Corniani
MONFUMO - Un appuntamento che ormai sta diventando tradizione e che ogni anno cerca di allargare l'orizzonte: la "pastasciutta antifascista" a Ca Corniani di Monfumo ha avuto quest'anno come ospiti di eccellenza Giulio Varnier, presidente dell'Anpi di Treviso, Alessadra Gava, segretario generale del Sunnia, principale organizzazione degli inquilini privati e degli assegnatari di edilizia pubblica, Michele Seno, segretario provinciale di Articolo Uno. "Abbiamo raggiunto il numero massimo di persone che potevano essere ospitate nella struttura in periodo di Covid" anticipa Rodolfo De Paoli, ex sindaco di Monfumo, oggi nei scranni della minoranza "e a molti abbiamo dovuto dire di no: ripartiamo dall'amico e compagno Eros (Arturo Lorenzoni, n.d.r.), consapevoli che dire oggi di essere antifascista, significa prendere le distanze, anche in modo duro, da alcune posizioni che vanno per la maggiore."
Appassionato l'intervento di Alessandra Gava "Faccio parte di quella generazione che andava alle feste dell'Unità a raccontare la testimonianza concreta ed incarnata del proprio nonno partigiano. Mio nonno era un ex operaio di Sesto San Giovanni: lui e tanti altri nonni, persone comuni, ci hanno consegnato uno stato libero. Il fascismo è come un monossido: incolore e insapere, avvelena senza che ce ne accorgiamo. Questo succede quando non ci indignamo, se non cerchiamo di avere una visione chiara del mondo, della giustizia, dell'impegno sociale."
"Pensare che il nemico sia stato abbattuto, è una grave illusione" sono state invece le parole di Giuliano Varnier, presidente provinciale dell'ANPI "Appena dopo quella famosa pastasciutta che sfamò un intero paese, l'Italia passò il suo periodo più brutto, fatto di stermini ed incendi: anche oggi siamo in una fase di regressione e quanto abbiamo visto nei giorni scorsi nelle piazze lo dimostra. Siamo una società in mano a pochi uomini di grandi capitali che plasmano il mondo a loro misura e distruggono l'ambiente: a pagare sono i ceti più poveri o le aree del mondo più deboli. Il messaggio che possiamo lanciare con iniziative come questa è chiaro: tornare a parlare di impegno comune, di progetto e visione comune."
"Declinare in modo concreto concetti come sicurezza e tutela del lavoro: questo è da sempre il nostro obiettivo, oggi più che mai, data la situazione. L'Italia che chiede meno vincoli, sta andando contro corrente rispetto al resto del mondo e ne pagheremo le conseguenze." sottolinea Michele Seno "siamo stati vincolati per mesi senza strumenti per capire quanto stava effettivamente succedendo, con una comunicazione polarizzata: le persone in piazza stanno esprimento in maniera forte il proprio malessere, ma una politica fatta di urla e proclami, non è in grado di gestire la fase successiva alla piazza. Ci confrontiamo con una politica che non sa cosa succederà domani: bisogna fare attenzione quando si autorizzano, o si incoraggiano, certe manifestazioni."
La "pastasciutta antifascista" che ha avuto luogo ieri nella cornice di Ca Coriniani a Monfumo, ricorda la caduta del Fascismo e le dimissioni di Mussolini del 25 luglio del 1943: fu grande festa a Casa Cervi, come in tutto il Paese. Una gioia spontanea di molti italiani che speravano nella fine della guerra, anche se la Liberazione averrà solo 20 mesi dopo, al prezzo di molte sofferenze. Ma quel 25 luglio, alla notizia che il duce era stato arrestato, c'era solo la voglia di festeggiare. A Campegine, i Cervi insieme ad altre famiglie del paese, portarono la pastasciutta in piazza, nei bidoni per il latte. Con un rapido passaparola la cittadinanza si riunì attorno al carro e alla "birocia" che aveva portato la pasta: tutti in fila per avere un piatto di quei maccheroni conditi a burro e formaggio che, in tempo di guerra e di razionamenti, erano prima di tutto un pasto di lusso.