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29 marzo 2024

Nord-Est

Lo operano a un piede, una settimana dopo lo trovano senza vita

E’ successo il 19 gennaio al nosocomio di Mirano, vittima un 72enne diabetico di Mira. I suoi congiunti chiedono all’autorità giudiziaria di disporre l’autopsia

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Luigi Geretto

MIRA - Si era sottoposto a un intervento di routine al piede, perfettamente riuscito, per problemi legati al diabete: una settimana dopo, al mattino, gli infermieri l’hanno trovato senza vita nel suo letto d’ospedale.

Non riuscendo a capacitarsi dell’accaduto, i familiari della vittima, Luigi Geretto (nella foto), 72 anni, di Mira, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A. e hanno presentato un esposto all’autorità giudiziaria chiedendo di fare piena luce sui fatti.

La tragedia è successa martedì 19 gennaio 2021 al nosocomio di Mirano. Geretto soffriva da tempo di diabete mellito, ma era in cura e regolarmente monitorato: come tutti i diabetici, aveva difficoltà circolatorie agli arti inferiori, ma per il resto godeva di buona salute e non era ritenuto un soggetto a rischio. Sta di fatto che poco prima di Natale gli era uscita una pustola al quarto dito del piede sinistro.

Era stato visitato da uno specialista a Noale e poi inviato all’ospedale di Mirano per essere operato: trattandosi di un’infezione, tipica della sua malattia, bisognava amputare la falange infetta. I medici tuttavia non hanno ritenuto l’intervento urgente e, complice anche l’emergenza legata alla pandemia da Covid, lo hanno rimandato a casa in attesa di richiamarlo. Peccato però che dopo 25 giorni il quarto dito sia diventato tutto nero e abbia iniziato ad annerirsi e infettarsi anche il quinto. Il settantaduenne è stato quindi riaccompagnato a Mirano: il dottore ha ammesso che non si sarebbe dovuto attendere fissando subito l’intervento urgente, e spiegando che si sarebbe dovuto amputare non solo il quarto ma anche il quinto dito.

Otto giorni dopo, il 12 gennaio, Geretto viene pertanto operato, in anestesia locale: l’intervento va bene, ma i sanitari decidono di tenerlo ricoverato altre 3-4 settimane, per continuare a pulire la ferita sia per abbassare i valori del diabete, che si erano innalzati. Il paziente da parte sua lamenta e riferisce ai medici continui dolori allo stomaco e alle gambe. Tutte informazioni sulla degenza e sul decorso post-operatorio che i familiari apprendono dal loro caro o dai medici solo per telefono, perché a causa delle restrizioni per l’emergenza sanitaria non possono recarsi in ospedale a fargli visita: possono solo portargli la tv che aveva chiesto, visto il prolungarsi del ricovero, domenica 18 gennaio.

Arriva dunque come un filmine a ciel sereno la telefonata che l’indomani, lunedì 19 gennaio, i congiunti ricevano dall’ospedale con la comunicazione del decesso di Luigi Geretto. La moglie e i figli, sconvolti, chiedono come e quando sia successo, ma non ricevono risposte se non che la morte è stata dovuta a un arresto cardiaco: il settantaduenne è stato ritrovato senza vita al mattino nel suo letto da un’infermiera che gli stava portando le pillole.

Di fronte ai tanti interrogativi, la famiglia della vittima, tramite il responsabile della sede di Dolo e di San Donà di Piave, Riccardo Vizzi, ha deciso di affidarsi a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti del cittadino, ed è stato presentato un esposto alla magistratura a cui si chiede di chiarire i tanti dubbi sulla tragica vicenda.

I familiari vogliono sapere innanzitutto quando e di cosa esattamente sia morto il loro caro, temendo che a essergli fatale possa essere stato uno shock settico collegato all’infezione al piede. Ma si domandano anche perché non fosse monitorato - o attraverso i macchinari o con un controllo periodico anche notturno da parte egli infermieri -, trattandosi di un soggetto diabetico, sofferente di noti problemi circolatori alle gambe che avrebbero potuto causare trombosi e, per di più, reduce da una recente operazione; se un eventuale monitoraggio avrebbe potuto salvarlo; se il mal di stomaco lamentato possa essere stata una spia, evidentemente trascurata, di un qualcosa di grave in atto.

Di qui la richiesta alla Procura di Venezia di disporre tutti gli opportuni accertamenti per verificare esattamente le cause della morte ed eventuali responsabilità in capo ai medici che hanno avuto in cura la vittima, ordinando l’acquisizione di tutte le cartelle cliniche e l’esame autoptico, che sarebbe decisivo per dare le prime risposte.
 

 



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