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18 aprile 2024

Vittorio Veneto

Non chiamatela “carne sintetica”

Jacopo Sica, ricercatore vittoriese, spiega perché una bistecca coltivata non dovrebbe spaventarci

| Stefania De Bastiani |

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| Stefania De Bastiani |

jacopo sica

VITTORIO VENETO - Non chiamatela carne sintetica, perché di sintetico non ha nulla. Parola di Jacopo Sica, vittoriese, dottore in biologia evoluzionista e ricercatore per il dipartimento di agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente dell’Università di Padova.

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“Il termine giusto è carne coltivata, non sintetica - spiega il ricercatore - perché alla base della sua produzione non vi è alcun processo di sintesi, bensì di coltura cellulare”. Sica è un esperto di carne coltivata, anche se non l’ha mai assaggiata. “In Italia e in Europa non è mai arrivata: per una bistecca coltivata dovrei andare almeno a Singapore”, precisa. L’aspetto di questa carne sarebbe identico a quella di un animale macellato, e anche il gusto. “Cambia un po’ la consistenza, per ora si è prodotta una carne macinata. Ma chi l’ha assaggiata riferisce che il gusto è uguale a quello della carne che tutti noi conosciamo”, racconta Sica, che ci racconta nel dettaglio come si produce questa carne coltivata, di cui tanto si parla anche se non si è ancora vista. “Il tutto ha inizio con la biopsia di un pezzettino minuscolo di tessuto muscolare da animale vivo, da cui vengono isolate le cellule staminali, che nelle giuste condizioni possono differenziarsi in cellule muscolari e adipose, cioè le stesse che costituiscono la carne tradizionale, secondo un processo che avviene in laboratorio come all’interno dell’animale - spiega il ricercatore -. In pratica si produce carne senza dover macellare nemmeno un animale, il risultato è una bistecca che ha le stesse caratteristiche di quella macellata, a livello nutrizionale”. Secondo Sica, dovremmo dare una possibilità alla carne coltivata, innanzitutto per l’ambiente. “La domanda di carne è in continuo aumento nel mondo - continua l’esperto -. Secondo un rapporto della FAO (Food and Agricolture Organization of the United Nations) si prevede che il consumo di carne nel 2050 sarà doppio rispetto a quello del 1999. L’ingente impatto dell’allevamento sull’ambiente ormai è cosa nota. Per avere un’idea di come sono messi gli equilibri attuali del pianeta si stima che di tutti i mammiferi terresti circa il 38% in biomassa sia composto da essere umani, il 60% da animali da allevamento e domestici e solo il 2% da mammiferi selvatici. Uno studio pubblicato dalle Università di Oxford e Amsterdam ha calcolato che la carne coltivata rispetto a quella tradizionale potrebbe ridurre approssimativamente del 7-45% l’uso di energia, del 78-96% le emissioni di gas serra, del 99% l’uso di suolo e dell’92-96% l’uso di acqua”.

 

Per l’ambiente, insomma, la carne coltivata avrebbe solo vantaggi. E per noi consumatori?

“Non ci sono motivi per ritenere che questo cibo presenti rischi per la salute - risponde Sica -. Colture cellulari cresciute in bioreattori sono oggi normalmente utilizzate per la produzione di yogurt e birra. L’ambiente controllato in cui avviene la produzione di carne coltivata permetterebbe di ridurre il rischio di contaminazione microbiologica, di evitare l’impiego di antibiotici, di limitare il pericolo di zoonosi (parola che recentemente purtroppo abbiamo imparato tutti con la pandemia da Covid 19”).

 

La gente però è restia ad accettare questa carne, anche come concetto. Perché?

“Si ha la percezione che la carne coltivata sia qualcosa di innaturale, ma naturale non è sintomo di salutare: i batteri e i virus che causano le malattie sono naturali, così come le tossine delle piante velenose per l’uomo. Bisogna precisare inoltre che quasi nulla di cui ci nutriamo è naturale, ma il risultato di un lunghissimo processo di selezione genetica artificiale da parte dell’uomo sugli organismi vegetali e animali”.

 

Il governo ha di recente approvato un disegno di legge che mette al bando la carne coltivata.

“Il prodotto attualmente messo al bando dal governo italiano non può essere commercializzato all’interno dell’Unione Europea. Nel caso in cui, in futuro, tale prodotto sarà proposto al mercato europeo, spetterà all’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) eseguire tutti i controlli del caso e, una volta sancitane la sicurezza, darò il via libera alla commercializzazione. A quel punto l’Italia non avrà il potere di vietarne l’importazione e come unico risultato si avrà quello di essere tagliarti fuori dalla competizione internazionale per lo sviluppo e la produzione di questo prodotti”. 

 

Sulla carne coltivata, abbiamo chiesto un parere anche all’assessore regionale all’agricoltura Federico Caner, che sul caso aveva diramato una nota dichiarandosi favorevole alla decisione del governo. “Non solo la regione Veneto, ma tutte le regioni si sono dichiarate in linea con la scelta di bandire dal paese la carne sintetica - precisa Caner -. Noi siamo contrari all’emissione sul mercato degli alimenti sintetici per molteplici motivazioni. In primis abbiamo il timore legato alla perdita dei prodotti tipici locali, e vogliamo salvaguardare le nostre aziende agricole, di piccole e medie dimensioni. Il rischio è quello di perdere la produzione locale, la qualità, è un rischio economico ma anche etico e culturale legato al cibo. Inoltre noi siamo per la difesa dell’ambiente e la salvaguardia della biodiversità, e temiamo anche per un rischio legato alla salute. Oggi non abbiamo evidenze da parte del Ministero della Salute e sufficienti studi scientifici che ci dimostrano che questa carne sintetica faccia bene. Che ne sappiamo che tra trent’anni non ci dicono che faceva male? Non sarebbe la prima volta che accade”.

 

Il governo ha fatto una legge, ma la carne coltivata non è ancora arrivata in Italia. “A livello italiano si è cercato di mettere le mani avanti - conclude Caner - Stiamo parlando di una cosa completamente nuova, creata in laboratorio, non naturale. Non è che non capiamo il tema dell’aumento demografico e del conseguente consumo di carne, ma crediamo che questa cosa debba essere ben controllata. Abbiamo visto che a volte la Commissione Europea su alcuni temi ha corso un po’ troppo e non vorrei ci fossero scelte troppo affrettate”.  

 


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