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29 marzo 2024

Vittorio Veneto

COME TI DIFENDO IL MALATO (DALLA MALASANITA')

L’avvocato Nicola Todeschini indossa la toga e lo stetoscopio. Per auscultare ciò che proprio non va, in materia di soprusi e abusi verso gli utenti del servizio sanitario.

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Vittorio Veneto - Due opere in uscita per Giuffrè Editore, la partecipazione come esperto nazionale di tutela dei diritti del malato nella trasmissione di Lamberto Sposini “Iride il colore dei fatti“e la presenza in convegni di rilievo. Tutti lo vogliono e noi ce l’abbiamo in casa. E’ l’avvocato Nicola Todeschini, paladino dei diritti del paziente, cavaliere, errante su tutto il territorio nazionale, a spada tratta contro la malasanità.
40enne, marito di Cristina e papà di Vittorio, Todeschini è originario di Conegliano, ma vive a Vittorio Veneto, dove tutti lo ricordano per aver messo in ginocchio i frequentatori più turbolenti del bar Flaming: “il primo caso di sequestro penale preventivo di un locale in Italia” ricorda Todeschini.
Con in tasca la laurea in giurisprudenza, conseguita a Trieste, l’avvocato con l’associazionismo nel sangue  ha aperto nella terra natia studi legali a Conegliano e a Vittorio Veneto.
Lo abbiamo incontrato per saperne di più della sua battaglia in difesa dei diritti del malato.

Avvocato, recentemente ha partecipato come esperto di diritti del malato a “Iride. Il colore dei fatti”, la trasmissione di Lamberto Sposini. Cosa vi siete detti?
Il tema della trasmissione è stato l’errore medico. Un argomento quanto mai attuale considerati i tristemente noti casi di malasanità nella clinica di Santa Rita, a Milano. Assieme a Sposini e al presidente dell’Ordine dei medici di Milano ho sondato i meandri dell’errore medico, intervenendo in qualità di giurista del Centro di studio per la Difesa del malato e di responsabile dell’Ufficio legale del Gruppo di ricerca in scienze medico legali presso l’università di Siena.

E lei che ne pensa dello scandalo “Santa Rita”?
Che, se tutto ciò che abbiamo letto risponde a verità, più che di esperienze di errori medici, il caso di Santa Rita è materia di delinquenza e va ben oltre l’ambito della malasanità.

Ma quanti casi mala-sanitari si registrano all’anno?

Le attuali statistiche vanno prese con beneficio d’inventario. Ai dati certi, che sono quelli ufficiali dei morti in corsia e a quelli delle compagnie di assicurazione, vanno sommati i casi che non si risolvono con un risarcimento perché il paziente si limita a denunciare il fatto e gli errori medici che restano nell’ombra. Personalmente all’anno mi vengono sottoposte oltre un centinaio di richieste di intervento, alcune delle quali sono segnalazioni che si risolvono in una semplice chiacchierata, altre, la maggior parte, che si tramutano in cause con richiesta di risarcimento. D’altronde nel mio studio entra solo chi ha subito o chi ritiene di aver subito un danno.

La malasanità ha una predilezione regionale?
Non c’è differenza tra nord e sud. La media ufficiale non parla infatti di grandi sbilanciamenti a favore di un’area italiana rispetto a un’altra. Gli errori tecnici sono ovunque, ma quelli ascrivibili a disorganizzazione si verificano con maggiore frequenza al sud. Il fatto che gravi scandali sanitari esplodano in una determinata area non implica necessariamente una maggiore concentrazione di errori in quella zona; il fenomeno può infatti indicare lo sviluppo di una maggiore coscienza civica in quella parte dell’Italia e un’attitudine più spiccata alla denuncia dell’errore medico.

E nella marca trevigiana?

La situazione sanitaria del trevigiano, così come di tutto il Nordest, rispecchia perfettamente quanto si verifica nel resto della penisola. In tema di errore medico, la marca trevigiana fa la sua parte.

Errore medico, appunto. Ma chi è costui?

Nella maggior parte dei casi scaturisce da incomprensioni e da difetti di comunicazione: l’informazione medica viene o trasmessa erroneamente al paziente oppure elusa. E’ proprio questa la nuova frontiera del danno.
Mi spiego meglio. In ambito sanitario sono meno numerosi gli errori tecnici (la garza che alberga nel corpo del paziente a operazione conclusa e sutura effettuata, ndr) rispetto a quelli di disorganizzazione (ad esempio, non ricoverare un paziente, per carenza di posti letto, sottovalutando la patologia con cui si è presentato al pronto soccorso), o informativi. E’ il problema legato al consenso informato, nato da un’esigenza burocratica di tutela del medico in caso di complicazioni operatorie, anziché scaturito dalla necessità di rispettare il libero arbitrio del paziente e rafforzare il suo rapporto di fiducia con il medico.

Lei propone un ribaltamento della prospettiva?
Una piccola rivoluzione copernicana. Il malato ha il diritto di essere debitamente informato e di scegliere se accettare o meno la cura propostagli dal medico. Allora il consenso informato diventa un atto di autodeterminazione, il “si, lo voglio” espresso al medico e non un puro atto burocratico di tutela del chirurgo da eventuali rischi legali in caso di complicazioni o di non riuscita della cura.

Ma come fare ad applicarla?

Ci vuole maggiore chiarezza comunicativa tra medico e paziente.
Il malato ha il diritto di sapere a quali rischi va incontro se si sottopone ad un’operazione e il medico non deve promettere la guarigione certa dopo eventuale cura o intervento, se ci sono percentuali di rischio di non riuscita. Anche questi sono casi di malasanità. Il paziente non è il destinatario passivo della cura.
Un altro punto importante è la risoluzione del rapporto pessimo che alcuni medici hanno con la teoria dell’errore: non si accetta che la professionalità medica sia una disciplina inquadrabile giuridicamente e che il rischio vada gestito.
In assenza di una cultura di gestione del rischio, le assicurazioni e le polizze vita salgono alle stelle.

Con la malasanità è stato disamore a prima vista?
La “Responsabilità civile dei sanitari” è il titolo della mia tesi in diritto civile. Già da studente mi ero appassionato all’argomento. Mi occupo di malasanità da una decina d’anni, vagliando casi in tutta Italia, dalla Valle D’Aosta alla Sicilia.

Un avvocato con l’associazionismo nel sangue...

Mio padre, Tancredi, era presidente dell’Avis di Conegliano. Molti anni fa vinse la battaglia contro l’ospedale di Conegliano che aveva manifestato poca disponibilità a inviare sangue al sud italia. Sono cose che ti restano dentro.

Ma non di solo diritto è fatto un avvocato. Amante degli animali, cavalli in pole position – nel suo passato gare di equitazione e un sogno da ragazzo, quello di fare il veterinario – Todeschini vanta una sorprendente collezione di pipe, oltre un centinaio, di cui – sorpresa delle sorprese – alcune realizzate da lui stesso (anni fa ottenne il premio come sesto miglior hobbista nella produzione di pipe) e si mantiene in forma giocando come portiere nelle Vecchie Stelle, la gloriosa squadra over40, nata nell’88 su iniziativa di un gruppo di ex calciatori vittoriesi.

 

Angela Deganis

In foto: l'avvocato Todeschini ritratto da Francesco Galifi

 


| modificato il:

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