Ecco il Bisato pescato dal "Canarin"

Una serata gastronomica unica nel suo genere con Felice Gazzelli, l'ultimo pescatore delle anguille della Livenza

| Giampiero Rorato |

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MOTTA DI LIVENZA - Ogni anno, all’inizio del mese di luglio, la Trattoria al Mulino di Villanova di Motta di Livenza celebra una serata gastronomica particolare ed unica nel suo genere, infatti tutti i piatti sono a base di anguilla della Livenza.

È infatti noto – e lo confermano sia i pescatori che i cuochi – che le anguille migliori si trovano nelle acque del Sile, della Livenza e dello Stella, per la qualità delle acque di risorgiva, scorrevoli e limpide e piuttosto fredde.

A Motta di Livenza, poi, c’è una vecchia tradizione che si ritrova nei paesi bagnati da un buon tratto della Livenza, in particolare Portobuffolè, Mansuè, Meduna e Motta di Livenza, San Stino di Livenza e Torre di Mosto, vale a dire il piatto del Bisat coi amoi, l’anguilla cotta in tegame con i susini selvatici e non maturi, i quali, con la loro acidità, tolgono all’anguilla il sapore di grasso, rendendo la sua carne deliziosa.

Le proposte che Ottavio Nadalon, il rinomato chef-patron della nota Trattoria al Molino di Villanova di Motta di Livenza, già dimora di vacanza estiva delle nobile famiglia veneziana Amalteo, farà per la serata di gala del 10 luglio sono chiaramente nuove, come fa ogni anni e per gli amanti dell’anguilla che arrivano anche da lontano – questo pesce è sempre presente nella sua cucina – saranno una sorpresa molto gradita.

Le anguille sono state pescate dall’ultimo pescatore professionale ancora abbastanza attivo sulla Livenza, Felice Gazzelli, detto Canarin (foto qui sotto), per chi ha la certezza, come del resto sempre, di gustare da Ottavio Nadalon le vere anguille della Livenza.



Il Bisàt coi àmoi

Non si sa se il bravo Ottavio, riconosciuto come il miglior cuoco-ristoratore per quanto riguarda le anguille, preparerà questa ricetta, ma essendo la ricetta storica dei comuni del Basso Livenza la proponiamo per i lettori che volessero prepararla a casa loro, ricordando che, essendo un piatto piuttosto antico, ha diverse varianti, come, ad esempio l’aggiunta di 2 foglie di alloro. Le nostre nonne sono comunque gran maestre nel preparare questo nobile piatto.

Per 6 persone; 1,5 kg di anguillette da 3-400 g l’una, 2-300 g di susine selvatiche (amòi) non mature, olio extravergine di oliva, 2 spicchi d’aglio, 1 pizzico di prezzemolo, 2-3 rondelle di limone, 3 cucchiai di salsa di pomodoro (apporto recente), 1 bicchiere di vino bianco secco, farina, sale e pepe.

Monda ed eviscera le anguille, lavale con cura e tagliale a rocchi sui 5 cm, infarinale e mettile a rosolare in un soffritto di aglio e olio, aggiungendo subito dopo il prezzemolo tritato, la salsa di pomodoro e il limone.

Bagna col vino e aggiungi le susine ancora acerbe. Fa consumare pian piano il tutto, quindi informa a fuoco basso, dopo aver insaporito di sale e pepe.

Lascia cuocere una decina di minuti e come l’anguilla è cotta (tieni controllata la cottura) e quindi tenerissima, mandala in tavola col sugo di cottura e polenta bianca calda di buona consistenza.
 

 



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Giampiero Rorato

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