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28 marzo 2024

Cronaca

Coronavirus, il giorno più nero dell'Italia: quasi mille morti

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Coronavirus, il giorno più nero dell'Italia: quasi mille morti

(di Matteo Guidelli e Luca Laviola)

 

Il giorno più nero dell'Italia, 969 morti in 24 ore che che fanno salire il totale a 9.134, coincide con un record che solo un mese fa era impensabile e che dà la dimensione della catastrofe: il numero complessivo dei contagiati nel nostro paese ha superato quello della Cina. 86.498 sono gli italiani che hanno contratto il virus mentre i cinesi sono 81.897; ma il gigante asiatico ha un miliardo e mezzo d'abitanti e noi siamo solo 60 milioni.

 

Ancora una volta è la Lombardia a far schizzare i numeri verso l'alto: dei 969 morti, 541 - dunque più del 50% - sono nella regione che sta pagando il prezzo più alto, con le province di Brescia e Bergamo travolte dai decessi. Nella tragedia, però, c'è un dato che lascia intravedere uno spiraglio di luce: anche oggi la curva di crescita dei nuovi malati - se ne sono registrati 4.401 che portano il totale a 66.414 - è rimasta 'stabile' e in linea con i giorni precedenti. Dal 23 marzo, infatti, l'incremento giornaliero dei malati oscilla tra il 7 e l'8%, mentre una settimana fa si attestava attorno al 13-15%.

 

Percentuali e numeri che fanno dire sia al presidente dell'Iss Silvio Brusaferro sia a quello del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli che siamo di fronte ad un "rallentamento della crescita". "Stiamo osservando segnali chiari di efficacia delle misure di contenimento, ma non bisogna deflettere dalle misure di distanziamento sociale" dicono gli esperti rendendo poi ufficiale quello che ormai hanno già capito tutti gli italiani: il 3 aprile non finirà la quarantena del paese. "Sarà inevitabile, non siamo in una fase marcatamente declinante ma in una fase di contenimento". Ed anche dopo, quando la curva inizierà a scendere, bisognerà immaginare "alcuni mesi in cui adottare misure attente".

 

Ci vorrà tempo, dunque. Nel frattempo la sfida più immediata è ancora quella di rinforzare più possibile le terapie intensive. Perché, ormai è evidente, è un rischio concreto quello di non riuscire più a garantire a tutti un'assistenza adeguata. Il commissario Domenico Arcuri ha promesso che il numero dei respiratori "crescerà fortemente nei prossimi giorni" e ha annunciato che saranno i militari, con camion ed elicotteri, a distribuire i materiali sanitari in modo da accelerare i tempi di consegna. E però non è ancora chiaro quanti finora ne sono stati consegnati alle Regioni, che continuano a protestare: Arcuri oggi ha parlato di 242 ventilatori consegnati negli ultimi 2 giorni e 9,6 milioni di mascherine.

 

Qualche giorno fa aveva poi fornito altri numeri: 825 ventilatori consegnati dall'inizio dell'emergenza al 23 marzo. Ma manca il dato complessivo, perché questi numeri non tengono conto dei ventilatori acquistati da Consip - nei confronti della quale Arcuri ha negato vi siano frizioni ringraziando per quanto fatto finora - e di quelli acquisiti direttamente dalla protezione civile. Quello che invece è chiarissimo è che sono ancora pochi rispetto alle esigenze. Per questo il commissario ha invitato le Regioni a provvedere direttamente agli acquisti definendo quelli dello Stato come "complementari e in qualche modo suppletivi".

 

Ma era stato proprio il governo all'inizio dell'emergenza a volere la centralizzazione degli acquisti. Intanto gli italiani sembrano aver finalmente recepito l'indicazione di spostarsi solo per casi di estrema necessità, probabilmente anche grazie all'aumento delle sanzioni per chi viola i divieti. Le denunce sono calate dalle 8.300 di martedì alle 5.800 di mercoledì - primo giorno di validità del decreto - alle 1.700 di ieri, 129 delle quali a persone che hanno violato la quarantena. Dal Viminale sono poi partite nuove indicazioni ai prefetti: viene ribadito che i sindaci non possono adottare ordinanze in contrasto con le misure statali e si ricorda ai rappresentanti del governo sul territorio che possono imporre lo svolgimento di attività essenziali e di pubblica utilità nel caso in cui vi sia un rifiuto da parte del titolare.

 



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