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19 aprile 2024

Nord-Est

Mose: Chisso e Casarin restano in carcere

Nordio "La pronuncia dimostra l'assoluta fondatezza dell'intero impianto"

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Mose: Chisso e Casarin restano in carcere

VENEZIA - Il Tribunale del Riesame di Venezia, presieduto da Angelo Risi, ha respinto la richiesta di libertà, o di attenuazione di misura preventiva, mantenendo in carcere l'ex assessore regionale veneto alle Infrastrutture Renato Chisso e il suo dirigente di fiducia Enzo Casarin, entrambi coinvolti nell'inchiesta Mose per presunte tangenti.

Il Riesame ha valutato complessivamente le posizioni di nove indagati; fatta eccezione per Chisso e Casarin i provvedimenti cautelari sono stati tutti ammorbiditi. Vincenzo Manganaro (titolare di una editrice vicina alla Mantovani dell'ex Ad Piergiorgio Baita) e Maria Teresa Brotto (ai vertici di Thetis controllata dal Consorzio Venezia Nuova di Giovanni Mazzacurati) sono finiti ai domiciliari. Per Lino Brentan, ex Presidente dell'autostrada A4, invece è scattato l'obbligo di dimora nel comune di residenza.

Giovanni Artico (funzionario della Regione Veneto), Danilo Turato (consulente della Mantovani), Nicola Falconi (titolare di un'azienda socia del Cvn) e Dario Lugato (consulente della Regione) sono tornati in libertà perché sono venuti meno i motivi della custodia.

Le difese di Chisso e Casarin hanno a lungo cercato di dimostrare l'estraneità dei fatti dei loro assistiti che sarebbero vittime - hanno sostenuto - delle dichiarazioni dell'ex segretaria di Giancarlo Galan, Claudia Minutillo, che con la sua 'Adria infrastrutture' avrebbe gestito operazioni superiori alle proprie 'forze' intascando - è la tesi di difensori di Chisso e Casarin - denaro per 1,5 mln di euro, che solo in minima parte sarebbero andati ai presunti corrotti.

Per il procuratore Carlo Nordio (in foto) "La pronuncia odierna del Tribunale del Riesame dimostra l'assoluta fondatezza dell'intero impianto accusatorio peraltro già avallato dalle precedenti decisioni. Anche il rigetto dell'istanza di patteggiamento del professor Orsoni si colloca in questa linea, consolidando sia la correttezza giuridica della formulazione del reato sia la gravità delle prove a carico dell'indagato".

"La difforme decisione del gip sulla congruità della sanzione ubbidisce a criteri differenti di valutazione della stessa - continua Nordio -. Come enunciato in aula dal suo rappresentante, questa Procura ritiene che una sentenza certa e immediata con l'applicazione di una pena comunque significativa, sia preferibile ai costi e alle lungaggini di un processo con una tardiva pronuncia di condanna comunque sospesa, e a forte rischio di prescrizione".

"In ogni caso l'adesione a una richiesta di patteggiamento espressamente formulata dall'interessato nel contesto di una sostanziale ammissione di responsabilità - aggiunge Nordio - risponde al costante indirizzo di questo Ufficio che ha sempre considerato i parametri della quantificazione in termini pragmatici e ragionevoli. Essa inoltre manifesta la fondamentale circostanza che né per questo né per altri indagati esistono intenti persecutori o atteggiamenti di ingiustificata severità".

"Infine, le dichiarazioni odierne del professor Orsoni - conclude Nordio -, benché incoerenti con le documentate istanze dallo stesso avanzate, essendo legittima espressione di una insindacabile linea difensiva e di una personale lettura del provvedimento del gip, non possono essere oggetto di commento".

 


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