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28 marzo 2024

Treviso

MIA NONNA DICEVA DI MORSICARMI LA LINGUA PRIMA DI PARLARE….

Incontro con il GFG, cioè il Grande Fratello Gentilini

| Emanuela Da Ros |

immagine dell'autore

| Emanuela Da Ros |

MIA NONNA DICEVA DI MORSICARMI LA LINGUA PRIMA DI PARLARE….

Treviso - “Eccomi!”
Il piano nobile di Ca’ Sugana (sede del Municipio di Treviso) coi suoi tappeti finto-persiani dieci metri x cinque e le pareti abbellite dalla “Cacciata dei mercanti dal tempio” (olio su tela) potrebbe avere un’aria da palcoscenico anche senza primi attori
E invece Ca’ Sugana, i suoi protagonisti in scena li ha. E pure scelti ed eletti e applauditi. E bravi a calcare il proscenio.

Prendete il pro-sindaco Giancarlo Gentilini. Anche quando appare a un pubblico striminzito (nella fattispecie, io e Andrea Armellin (cioè il fotografo che ha realizzato questo servizio) Genty entra in scena con passo-perspicace e una battuta d’esordio semplice ma baritonale: “Eccomi!”.
E voi – pubblico/striminzito – voi che siete lì che lo aspettate (ma ha davvero 80 anni l’uomo che saluta con questo timbro di voce? e avanza con questo passo sicuro?) improvvisereste pure un applauso se non foste platea (in piedi sul tappeto finto-persiano) intervenuta solo per intervistarlo questo primo attore; per carpirgli qualche battuta fuori dal primo/secondo/terzo atto; per rubargli un frame nel back stage.

Giancarlo Gentilini, ma lei ce l’ha un soprannome?
No. Cioè sì. Mi chiamano “sceriffo” perché incarno l’ordine, la disciplina, il rispetto delle leggi. Sai cosa mi ha detto Maroni quando ha fatto la legge sulla sicurezza? ha detto: Giancarlo mi sono ispirato a te. A quanto hai affermato dal ’94 in poi. Tu sei il secondo sceriffo d’Italia. Tutti  gli altri sono falsi, mistificazione.

Giancarlo Gentilini, prosindaco di Treviso (abito blu, gilet di cachemire grigio, cravatta verde) risponde alla prima domanda. Poi gli suona il cellulare. E risponde a quello.
(Conversazione al telefonino) “…Ciao Mimmo! Come va in Florida? Io? Sto benone. Ieri sono stato quattro ore in tivù…in diretta, perché io non mi correggo mai. Non ne ho bisogno. Io sono su tutti i canali. Un giorno o l’altro mi buttano pure nel canale…quello vero… ah ah ah! come dici? Bei posti in America? Sarà! ma vuoi mettere le colline ubertose di Conegliano? Quelle sono inimitabili…Be’, ciao, pensami Mimmo, a presto!”
- Era un conoscente dalla Florida.
Sì. L’avevo intuito.

Le faccio un’altra domanda in qualità di sceriffo. Ritiene che oggi in Italia vi sia un bisogno prioritario di ordine?
Assolutamente. Oggi l’Italia non è uno stato di diritto. Uno stato di diritto deve sapere chi cammina sul proprio territorio. Ma oggi non è così. In giro c’è troppo buonismo, troppa tolleranza.  L’integrazione deve nascere dal basso, e oggi l’integrazione è impossibile. Lo scontro è inevitabile. La nostra è una civiltà millenaria costretta a fare i conti con civiltà senza storie. Civiltà che non hanno passato.

Quali ad esempio?
Le civiltà marocchine, algerine. O quelle del corno d’Africa.

Quindi la convivenza con lo straniero è impensabile?
E’ impensabile senza lo scontro. Prendi l’America. Prima della guerra d’indipendenza là c’erano razze (bianche, nere, indiane) che combattevano sotto la stessa bandiera a stelle e strisce. Ognuna di quelle razze aveva una storia e un obiettivo. Qui da noi abbiamo una razza forte, la razza Piave, che si trova a dover affrontare razze primordiali come quelle africane che non hanno una civiltà vera…

Gentilini, lei continua a parlare di “razza” riferendosi ai gruppi umani. Gli antropologi le direbbero che è in errore. Che le razze distinguono le specie animali non i gruppi etnici…
Se pol parlar di etnie anziché di razze…ma la gente non capirebbe. Meglio usare il termine “razza”.

Lei ha avuto un’infanzia felice?
Ho avuto un momento felice durante l’educazione fascista. Nel 1938 ero un balilla. Ho montato la guardia quando Mussolini è venuto in visita a Treviso (Genty ha fotocopiato alcune pagine del quotidiano il Popolo d’Italia, datato 22 settembre 1938, e me ne regala un paio). Poi, durante la guerra tutti abbiamo provato fame, sete, dolore, la paura dei bombardamenti…di quel bombardamento del 7 aprile 1944 che in 7 minuti ha ucciso 1500 persone. (Si commuove, senza darlo troppo a vedere) …mi me ricorde ancora quando che ho tirà fora dae macerie tochi de morti…E poi della mia infanzia ricordo l’amor di patria che mi ha trasmesso il maestro Eros Piasentin durante i primi tre anni delle elementari alla scuola Manzoni di Vittorio Veneto e ricordo i 9 anni al Collegio Pio X a Treviso, quando ogni mattina c’era una messa da seguire…Ste robe le digo anca al Padreterno quando che parle con lù.

Gentilini: il Padreterno lo prega in italiano o in dialetto?
In italiano. E senza tappeto. Io dico sempre che non c’è bisogno di inginocchiarsi su un tappeto per pregare. Si può farlo a letto, prima di dormire. Ci si fa un esame di coscienza e se tutto è a posto si dorme tranquilli. Io in 16 anni non ho perso un secondo di sonno. Dormo 5 o 6 ore filate.

Lei è stato balilla. E ne va fiero. Cosa pensa di Mussolini?
La sua è stata una dittatura buona.

E’ un ossimoro! Una dittatura può essere buona?
L’unico errore di Mussolini è stato quello di credere nei massimi sistemi di Hitler. Per il resto, lui auspicava uno stato democratico senza lotta. Uno stato di diritto non dovrebbe lasciar spazio a movimenti che lo destabilizzino, come i no-global…

Lasciamo Mussolini alla storia passata. Che pensa di Berlusconi?
E’ un grosso uomo politico. Se dovesse scomparire lui, il Pdl entrerebbe in crisi.

Fini?
Ha distrutto la realtà della destra storica. Fini non è nulla. Il Pdl può restare in vita solo con Berlusconi perché questo movimento non ha un’unica anima come la Lega e l’unico leader che lo può tenere in vita è Berlusconi. Se il Pdl morisse si rischia di lasciar respirare quell’estrema sinistra che stranamente sopravvive in Italia e pure nel centro storico di Treviso.  Qui, in Piazza dei Signori, fa figo essere di sinistra. E più ricchi si è, più appartamenti e yachts si hanno, più ci si fregia dell’etichetta “di sinistra”.

C’è un’espressione idiomatica che le hanno trasmesso i suoi nonni?
Mia nonna Carlotta De Sandre diceva “Prima de parlar morseghete la lengua almanco diese volte”. Cioè: prima di parlare morsicati la lingua almeno dieci volte…il che significa: aspetta e rifletti prima di dire la tua. In realtà questo insegnamento della nonna io non l’ho mai seguito. Io parlo seguendo l’istinto. Io dico esattamente quello che la gente si aspetta da me. Le mie esternazioni sono le esternazioni del mio popolo.

Un altro aforisma in vernacolo?
Un scheo de mona al sta ben in scarsea a tuti quanti.

Magari un algerino non lo capisce, ma noi ne facciamo tesoro. Un motto in italiano?
Quello di Dante o di Petrarca: E’ l’amor che move tutte le cose. E poi quello di Leopardi: “Spes ultima dea lascia i sepolcri.”

Gentilini, non trova che quest’attenzione all’amore e alla speranza strida un po’ con quello “scontro” che lei ritiene inevitabile con le civiltà straniere?
No.

Il suo piatto preferito?
Pasta e fasoi. E poastreo in umido coe patate.

Cantante?
Modugno.

Sportivo?
Bartali

Squadra del cuore?
Juventus

Battuta di carattere religioso?
Allah al sta ben là
(Piccola pausa: a Gentilini suona di nuovo il cellulare e lui risponde. Per me è una fortuna: fatico a stare nell’alveo-loquela di questo politico-pragmatico, come si autodefinisce, e ne approfitto per ridare un’occhiata agli appunti e ascoltare stralci della conversazione di Genty al telefonino).
Mi hai visto in tivù? Ho fatto quattro ore di diretta! Atu vist che roba? Mi fae audiens, quealtri i fa paura!”
Riattacca e chiosa: “Era mio figlio”.

Gentilini, se tornasse indietro?
Rifarei tutto quello che ho fatto. Direi  di nuovo tutto quello che ho detto.



Prima di salutare me e Andrea, il prosindaco di Treviso ci introduce nel suo ufficio personale a Ca’ Sugana.
Qua c’è stato tutto il mondo!, ripete guardandosi intorno.
E mostra i busti, i quadri che hanno come soggetto Genty; le tante citazioni di quelli che per lui sono due miti (il cappello da alpino e il profilo asimmetrico più elmetto di Mussolini); poi una targa su cui lui ha fatto incidere “Qui dopo Dio comando io” e una foto di lui (inquadratura dal basso) che aggetta su sfondo cielo. “Ne ho fatte stampare 100 mila di queste – precisa – e le ho distribuite a tante donne. Perché io sono quasi taumaturgico. Qualche signora che m’incontra mi dice: Io la metto sul comodino la sua foto così al mattino quando mi sveglio inizio bene la giornata. E pure le suore mi vogliono. Io sono l’unico sindaco baciato dalle suore.”
Per gasare di più Gentilini (ma – francamente – non ne avrebbe bisogno) gli dico che il suo studio è una sorta di sancta sanctorum autocelebrativo e che il suo ufficio è come lo studiolo di Federigo da Montefeltro.
Lui? Raccoglie la battuta. Si mette di profilo. Si tocca il naso (mi fa ravvisare la somiglianza iconografica tra lui e il duca che si ruppe il naso in battaglia) e poi esce di scena, perché sotto il municipio “c’è un auto blu che lo aspetta”.
Il sipario, cioè la porta dello studio di Gentilini, si chiude. L’intervista è finita.

 

Fotografie di Andrea Armellin

 


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Emanuela Da Ros

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