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20 aprile 2024

Nord-Est

Maxi frode da 235 milioni di Iva: 7 indagati, sequestrati 18 milioni di beni

Indagine della Guardia di Finanza di Padova su una società di hi-tech

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foto d'archivio

PADOVA - La guardia di Finanza di Padova ha sequestrato beni per 18 milioni di euro nell' ambito di un'indagine che ha portato alla luce una maxi frode all'Iva nel settore hi-tech e che vede coinvolte 7 persone, tra cui un professionista romano.

Il sequestro, coordinato dalla procura di Roma, è stato emesso emesso nei confronti di un amministratore occulto di due società di capitali, titolare di fatto di uno studio contabile con sede a Roma, entrambe usate quali "società filtro" in una frode carosello realizzata mediante il coinvolgimento di vari prestanome e soggetti compiacenti.

Il provvedimento ha riguardato 15 immobili, partecipazioni di 5 società e 60 conti correnti. La scoperta è stata fatta dai finanzieri di Este che hanno accertato la presenza di un gruppo che, attraverso la sistematica evasione dell'Iva, si è avvalso di false fatturazioni per 235 milioni di euro e di fittizie triangolazioni operate con oltre 90 società dislocate su tutto il paese - in particolare nelle province di Roma, Milano, Napoli, Torino, Padova e Ancona - .

Il gruppo era riuscito a imporsi sul mercato nazionale e internazionale della commercializzazione di prodotti elettronici di qualità, destinati principalmente alla grande distribuzione specializzata.

Il sistema fraudolento si è rivelato particolarmente complesso, in quanto gli indagati hanno ostacolato le ispezioni, utilizzando società create ad hoc, intestate a prestanome, o rilevandone altre già operanti nel medesimo settore.

Tuttavia, l' assenza di sedi operative adeguate, i consumi energetici risibili, l'inosservanza degli adempimenti fiscali e la mancanza di uno specifico know how da parte degli amministratori hanno insospettito i finanzieri sulla reale ed effettiva operatività degli indagati, constatando che i prodotti erano stati acquistati da fornitori dell'Est Europa e che le società nazionali interposte, rivelatesi essere delle mere "scatole vuote", fungevano esclusivamente da filtro attraverso una sequela di giroconti funzionali a sottrarre somme di denaro alle pretese erariali in relazione a operazioni soggettivamente inesistenti volte a precostituire crediti Iva, indebitamenti detratti, a fronte di omessi versamenti della medesima imposta addebitata da operatori economici domestici, privi di qualsiasi capacità imprenditoriale.
 

 



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