Manuel Bortuzzo si racconta sei anni dopo l’incidente
“Smarrirsi fa parte della vita, perdersi vuol dire anche trovarsi in un luogo sconosciuto non per forza peggiore”

MORGANO - Farsi abbracciare dalle parole e dal racconto di questo giovane ragazzo ripercorrendo ricordi ed accadimenti che lo hanno messo a dura prova è come prendere una secchiata d’acqua gelida in faccia, comprendendo che la vita va vissuta in ogni singolo istante e nella sua totalità, godendola nelle piccole cose e ringraziandola. Una indefinibile determinazione, perseveranza, resilienza e coraggio, oggi con semplicità, Manuel Bortuzzo, medaglia di bronzo alle Paralimpiadi 2024, si racconta nella sua città di Treviso che mai ha dimenticato e che quando ci ritorna si sente a casa sebbene i suoi allenamenti e vittorie sportive lo hanno condotto in altri luoghi.
Manuel Bortuzzo, classe 1999, diciamolo a chiare lettere: è un alieno, un marziano Veneto, che dalla sua Treviso irradia le antenne della sua emittente; simpatico, empatico, amabile creatura scesa in terra ad allietare i nostri cuori ormai sordi e muti, i nostri occhi incapaci di vedere e le nostre orecchie inette nell’ascoltare. Non si può essere indifferenti ad un atteggiamento così propositivo come il suo, senza rimpianti, rimorsi, rabbia per quel tragico evento che, il 2 febbraio 2019, lo ha catapultato in una surrealtà che invece è realtà. Pochi secondi dopo le due di notte segnarono una fine ma nel contempo un inizio per lui. Alla periferia di Roma, in seguito ad una sparatoria di cui è stato vittima per errore di uno scambio di persona, Manuel, giovanissima promessa del nuoto in lizza per un posto alle Olimpiadi, viene colpito alla schiena da un proiettile, rimanendo semiparalizzato. Il nuotatore ha cambiato pelle alquante volte negli ultimi sei anni, arrivando ad essere l’atleta che è oggi.
Una storia d’amore ricambiata, quella con il nuoto, iniziata da piccolissimo...
“Sono nato, come tutti i miei tre fratelli, in un piccolissimo paese di Trieste perché la mia famiglia è friulana ma effettivamente non ho mai vissuto lì, se non sino alla fine delle scuole elementari.
Arrivare a Treviso è stata una conseguenza perché in una realtà piccola come quella dove sono nato, non potevo ambire a livelli più alti nello sport e, l’unica soluzione, per l’età che avevo e per le mie attitudini sportive, era quella di avere una piscina più grande e la più vicina era quella di Mestre. Li per lì non ci andava di andare a vivere nè a Venezia nè a Mestre e abbiamo deciso Treviso, una città molto bella e la più vicina; quindi ci siamo trasferiti qui ma in realtà mi allenavo a Mestre. Sono sempre stato un bambino molto attivo. Ricordo infatti che ho provato quasi tutti gli sport e mi sono sempre impegnato moltissimo in ognuno di essi; difatti quando ho iniziato nuoto facevo anche basket, tennis, judo insomma, i miei genitori mi portavano ovunque pur di occuparmi in qualcosa perché ero molto attivo, tant’è che nel contempo suonavo anche la batteria. Forse, lo sport è nato per disperazione dei miei genitori”.
– sorride –
Le sue vittorie importanti quando iniziarono ad arrivare?
“A diciassette anni avevo già vinto i campionati italiani, ero già qualificato nelle categorie giovanili quindi il successivo step era quello di trasferirmi a Roma per fare un salto di qualità e così fu”. Manuel fin dalle categorie giovanissimi è sempre stato una spanna sopra gli altri e ad evidenziarlo sono stati gli ottimi risultati conseguiti durante tutte le stagioni. Ha vinto tutto quello che c’era da vincere con risultati che andavano al di là della categoria di appartenenza. Detiene i record delle diverse manifestazioni ed è stato protagonista anche di gare regionali e provinciali che erano programmate per l’accesso ai Tricolori. Nel 2015 vince l’oro nei 1500 stile e il bronzo nei 400. Nell’aprile dello stesso anno ha ottenuto il record italiano Juniores nei 3000 metri, togliendo tale primato a Gregorio Paltrinieri.
Ad Ostia vuol continuare a specializzarsi nel mezzofondo con in testa ben chiaro il sogno olimpico. Il talento di Manuel è apprezzato da vari tecnici perché considerato una promessa del mezzofondo.
“Andai nella capitale, trasferendomi al Centro Federale di Ostia dove si allenava la Nazionale con medagliati del calibro di Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti. Grazie ad un allenatore, Alfredo, che mi ha messo a disposizione una casa con altri atleti, pagata da lui, sono riuscito a potenziarmi con notevoli opportunità. Ricordi bellissimi di quel momento: cambi squadra, vita, conosci altri ragazzi, maturi; quindi anche se non avevo ancor vinto, non mi mancava nulla”.
Due passioni che l’hanno accompagnato nella vita sin da piccolo: la musica e il nuoto. Quale delle due è arrivata prima e a quale è più grato?
“Prima è arrivato lo sport, ero un piccolo pesciolino perché già a tre anni sguazzavo in acqua; la musica invece giunse quando avevo sei anni, iniziando a suonare la batteria. Ho percepito da subito una correlazione tra le due, ovvero la stessa dedizione che mettevo nello sport la mettevo anche nella musica, altresì la fortuna di avere grandi maestri per entrambe che mi hanno trasmesso la passione. Sono nate e cresciute quasi insieme e tutt’oggi lo sono, sebbene la batteria si sia trasformata in pianoforte, quest’ultimo una costante della mia vita, poi ho due chitarre, una elettrica e una acustica e mi diverto a “fare casino” e strimpellare assieme ad amici”.
Da quel 2 febbraio 2019 il suo ritorno in piscina, dopo quanto tempo è avvenuto?
“In acqua mi sono rituffato dopo un mese e questo l’ho fatto non per fare gare ma semplicemente perché nuotare mi faceva sentire ancora parte di qualcosa, desideravo assaporare ancora quella condizione che l’acqua mi dava ovvero l’ascoltarmi, il sentirmi, l’esserci…e nuotare. Sai a volte, nella vita le cose non vanno secondo i propri piani e se il nostro percorso prende direzioni imprevedibili e diverse da come le immaginavamo noi, bisogna ritrovare il nostro equilibrio e continuare, anche con più determinazione. Per me esisteva, prima dell’incidente, solo il nuoto e mi dedicavo solo a quello come atleta e il rientrare in acqua, poi, mi ha sbattuto in faccia la realtà della mia condizione che sino a quel momento non l’avevo compresa appieno. Lì è stato un momento particolare perché avevo capito che sarebbe stata ancora quella la mia via ovvero in acqua, con dei tempi che richiedevano comunque attese perché dovevo sistemare alquante cosucce fisiche e psicofisiche proprio perché la mia sfida è stata quella non di arrivare ad una Olimpiade bensì di riuscire a vivere bene con me stesso prima di poter adoperarmi in qualcos’altro. Tuttavia differente è stata la sensazione che ho avuto anni dopo quando mi sono rimesso in acqua come atleta”.
Che cos’è per lei la felicità?
“La ritrovo nelle piccole cose, non è una costante, non si può essere felici sempre. Piccoli attimi, momenti e sensazioni dove percepisco che la felicità è sentirsi grato nei confronti della vita e di quei piccoli momenti trascorsi con la famiglia, amici, fidanzata”.
La sua vittoria più grande?
“E’ quella di essere riuscito nonostante tutto ad essere così come sono. D’altra parte esce il mio lato sportivo da agonista che mi dice: “Ho vinto nel momento in cui ho scelto di continuare a vivere e continuerò a farlo”.
Realtà o surrealtà? In una sua intervista dichiara: ”Riesco a perdonare tranquillamente. Nella mia vita non odio nessuno, sul serio, fa parte del mio carattere”. Come ha fatto a perdonare? La rabbia non è mai stato un suo sentimento? Quello che le è accaduto è inaccettabile…..
“Certo, però è talmente assurdo quello che mi è successo che lo sento distante. Sono molto razionale e realista e quando percepisco che c’è una cosa per la quale arrabbiarsi non mi porta a nulla e non cambia le cose, divento indifferente e penso a quante cose belle devo ancora fare. L’indifferenza è l’unica arma con cui combattere. Il pensare troppo ad una cosa negativa non fa altro che alimentarla e nutrirla”.
Qual era il suo sogno e qual è quello di oggi? “Il mio sogno di prima era di diventare l’atleta che sono oggi, realizzarmi ed essere riconosciuto. Quello di ora è di sognare nel fare ancora meglio. Visto che da oggi alla mia prossima Olimpiade trascorreranno alquanti anni, voglio continuare a fare quello che sto facendo; cercando altresì di trasmettere quello che ho appreso, ad altri ragazzi proprio perché vedo che mi ascoltano. Mi piacerebbe creare e mi sto già attivando per questo: una realtà sportiva con corsi di nuoto per bambini e di riabilitazione per chi esce da strutture ospedaliere perché so che può fare del bene e cambiare la vita delle persone”.
Medaglia di bronzo nei 100 rana della categoria SB4 ai Giochi Paralimpiadi di Parigi 2024. Come ha vissuto quell’azzurro?
“E’ stata una emozione indescrivibile, per me è come un oro, non me l’aspettavo. Un inizio nella prima metà della gara con un ritmo elevato, nella seconda metà ho dovuto fare i conti con la fatica accumulata, mentre gli avversari recuperavano terreno, tuttavia la mia volontà, cuore, orgoglio e resilienza con un cambio di ritmo finale nell’ultima vasca, pensando a tutta la fatica fatta per arrivare sin lì, sono riuscito a mantenere la terza posizione. Sai molte volte ho pensato di mollare ma non l’ho mai fatto proprio perché ogni piccolissimo adattamento e accettazione fisica del mio nuovo “vestito” era una piccola vittoria e come atleta agonista non era ammissibile quello sciocco pensiero”.
Una persona a cui si sente particolarmente grato?
“Oltre la famiglia, ho sempre avuto un grande amico, Alex, a fianco in tutti questi anni a cui veramente devo tanto, proprio perché è stato una costante nella mia vita: c’è sempre stato, un punto di riferimento ed appoggio quando le cose non andavano bene ma altresì mi ha regalato tanta leggerezza e divertimento”.
Un suggerimento ai giovani d’oggi… “
Di non fermarsi mai e di provare sempre. Essere grati per le piccole cose, anche perché dopo la tempesta arriva sempre il sole. Possiamo nascondere talenti che noi non vediamo. Conoscere i nostri punti di forza, equilibrarli e comprendere davvero le nostre sfumature e unicità è una cosa preziosa”
Possiamo definirla una “Rinascita” la sua.
“Ho lasciato un ragazzo che poi è diventato uomo, proprio perché quello che sono oggi è in linea con quello che ero prima semplicemente espresso in modo diverso. Dò importanza ad altre cose che prima non conoscevo. Un vissuto che mi permette di dare un mio punto di vista a tutto tondo, posso utilizzare la mia esperienza per trasmettere qualcosa agli altri e fare del bene”.
Iscriviti alla Newsletter di OggiTreviso. E' Gratis
Ogni mattina le notizie dalla tua città, dalla regione, dall'Italia e dal mondo