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19 aprile 2024

Treviso

Le province? Macché abolizione! Restano

Chi ha messo in giro la voce della chiusura delle province? Niente è più lontano dal vero. Al massimo verranno “riordinate”

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Le province? Macché abolizione! Restano

Carlo Rapicavoli

TREVISO – La verità è che ci hanno informato male. O che non siamo stati abbastanza attenti alla sostanza (della verità). Sono mesi che sentiamo parlare dell’abolizione delle province. Sono mesi che siamo fuori strada. E l’abbiamo finalmente capito andando nella sede della provincia di Treviso, dove il direttore generale, Carlo Rapicavoli, ci ha rimesso in carreggiata. A partire da un dato certo: “Le province non sono state abolite e non chiudono”.

 

Nella sede della provincia. L’ex Sant’Artemio, trasformato nella prestigiosa sede della provincia di Treviso dal bravo architetto Toni Follina, se ne sta tranquillo tra il verde. Potremmo dire che se ne fa un baffo. Di tutte le voci (letteralmente “fuori luogo”) che nell’ultimo anno hanno echeggiato ovunque: dalle sedi istituzionali alle osterie. Portando (le ciacoe sono ciacoe) una gran confusione.

Ci hanno detto che le province chiudono. Che ne sarà di quella di Treviso?

Mettiamo subito in chiaro una cosa – spiega Rapicavoli -: le province non sono state abolite e non chiudono.

E allora? Perché questo cancan?

Diciamo che è in atto una trasformazione seguita alla legge Delrio, che ha riordinato le funzioni delle province e il loro governo. Per quanto riguarda le funzioni, a questi enti sono state riconfermate quelle fondamentali (edilizia scolastica, trasporti, viabilità, ambiente e urbanistica). Le altre funzioni che fino ad ora erano di competenza della provincia sono o saranno soggette a un riordino per cui, per esempio, caccia e pesca, turismo, sport, formazione professionale diventeranno di competenza o della regione o dello stato. Per quanto riguarda il “governo” la novità è questa: da ente elettivo di primo grado (cioè eletto direttamente dai cittadini), le province diventeranno ente di 2° livello.

Che vuol dire?

Che il futuro presidente della provincia non verrà eletto dai cittadini, ma – nel nostro caso - dai 95 sindaci della marca trevigiana e dai consiglieri dei comuni. Significa insomma che il futuro presidente non dovrà più rispondere al cittadino ma all’esercito di oltre mille amministratori che lo avranno scelto.

L’incarico del nuovo presidente verrà remunerato?

No. Il presidente non percepirà alcuna indennità e i consiglieri che attualmente prendono circa 79 euro a seduta avranno solo un rimborso spese.

Altri cambiamenti?

Come tutti gli enti locali, anche le province riceveranno meno introiti dallo stato. Hanno subito un taglio del 20 per cento: riceveranno circa 20 milioni di euro in meno su un bilancio annuo di 100 milioni.

Per quanto riguarda i dipendenti?

La legge stabilisce che le province da gennaio 2015 dovranno dimezzare i dipendenti.

La provincia di Treviso ha circa 450 dipendenti. Ne sono stati mandati a casa metà?

Nessuno è stato licenziato. A parte i pensionamenti, circa 200 dipendenti verranno trasferiti in regione, allo stato o ai comuni.

 

Previsioni. Partiamo da quest’ultimo dato. I dipendenti in esubero in provincia (a Treviso fino a quando il trasferimento non verrà concretizzato in toto, resteranno a carico di quest’ente) verranno quindi assorbiti dalla regione, dallo stato o, in subordine, dai comuni. La legge Delrio prevede che possano passare anche ad altre province, ma a Treviso è prematuro parlarne. Leonardo Muraro, attuale presidente della provincia di Treviso (ultimo presidente eletto dai cittadini, ultimo presidente a percepire un’indennità di circa 3 mila euro), resterà in carica col suo consiglio fino a maggio 2016, scadenza naturale del suo mandato. L’ultimo atto amministrativo che lo vedrà impegnato sarà proprio quello relativo alla formazione/elezione “indiretta” della nuova provincia che potrà contare su 16 consiglieri anziché sugli attuali 28. Consiglieri che, appunto, saranno pescati da sindaci e consiglieri dei 95 comuni trevigiani. Per il direttore generale Rapicavoli la nuova modalità di governo della provincia (che vive e vivrà al di là delle ciacoe) è meno “democratica” di quella attuale, visto che saranno gli amministratori e non più i cittadini a scegliere i componenti del consiglio direttivo della provincia.

Ma su questo punto c’è chi argomenta in modo diverso. Claudio Dus, consigliere provinciale Pd, pensa infatti che questa soluzione sia corretta perché togliendo autonomia alle province, le renderà rappresentative del territorio.”Anziché un consiglio provinciale – chiosa Dus – avremo un consiglio di amministrazione della provincia eletto non secondo dinamiche politiche ma funzionali”. Che pensa Claudio Dus del fatto che il presidente non godrà di alcuna indennità? “La democrazia ha un costo, ma si può fare anche del volontariato”, risponde il consigliere Pd.

 

Discussioni (pregresse). Al consigliere Dus chiediamo ragione anche della mancata (?), pseudo annunciata (?) abolizione delle province, che – lo abbiamo capito – non verranno abolite. “Nel biennio 2011/2013 – spiega Claudio Dus – tutte le forse politiche erano concordi sulla chiusura delle province. In seguito alla discussione che ne è seguita, è stata approvata la riforma Delrio, che ha riordinato competenze e governo delle province, senza però abolirle, trasformandole in enti di area vasta. Del resto, era impossibile abolire le province senza una riforma costituzionale, visto che questi enti sono previsti dalla nostra Carta fondamentale. Quindi non solo le province non verranno abolite, ma continueranno anche a chiamarsi province, come vuole la costituzione”.

Questo significa che i partiti, le forze politiche, il governo, dal 2013 a oggi hanno cambiato idea? Diciamo che non hanno più l’idea che avevano prima. C’è stata una riflessione che ha portato a una trasformazione di questi enti.

La “riflessione” non avrebbe potuto esserci prima? La riflessione ha portato a un riordino necessario. Certe competenze devono restare alla provincia come ente-anello di congiunzione tra comuni e regioni, altre – più razionalmente – possono essere affidate alla regione o allo stato, che ha una visione più globale delle necessità nazionali.

Possiamo concludere dicendo che la provincia non chiude perché è necessaria? “Non è necessaria, ma utile”

 

Lavori in corso. Quella di Treviso è una delle nove province italiane che attualmente continua ad avere un governo eletto dal popolo. A maggio si allineerà alle altre. Entro dicembre la regione Veneto dovrà dire quali funzioni provinciali ingloberà e quali affiderà a comuni o stato. Un percorso che seguiranno i dipendenti in esubero. Il “riordino” sarà ancora piuttosto lungo (e problematico, visto che la provincia, pur con un bilancio ridotto, dovrà pagare dipendenti che avrebbero dovuto essere già assegnati, almeno formalmente, ad altri enti). In questa trasformazione, i centri per l’impiego e la formazione passeranno dalla provincia a un’agenzia nazionale che fa capo allo stato, e la polizia provinciale (30 addetti a Treviso) verrà assorbita o dalla regione o dai comuni. In futuro la sede prestigiosa di Sant’Artemio resterà comunque – evidenzia Rapicavoli – patrimonio della collettività: sarà sempre sede della provincia e ospiterà il centro per l’impiego, l’assemblea dei sindaci e quelle funzioni, anche di competenza regionale o statale, che però saranno allogate vicino al cittadino.

Altro? Per ora è tutto. L’informazione fondamentale è che le province non chiudono. Del resto basta leggere la “Relazione 2015 sul Riordino delle province” per trovare nel primo capoverso di pagina 11 la seguente affermazione: “Le province vengono confermate quali enti di area vasta,…”. Tutto il resto è ciacoe.

 


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