Lavoro: "Questa guerra rischia di avere effetti nefasti e imprevedibili"
Massimiliano Paglini è alla guida della Cisl di Treviso e Belluno su questo Primo maggio in tempo di guerra
TREVISO - Massimiliano Paglini è alla guida da due anni della Cisl di Treviso e Belluno. Un Primo maggio in tempo di guerra non è il momento per attardarsi in letture e interpretazioni: “No lavoro senza pace e noi tutti, nessuno escluso, dobbiamo impegnarci a lavorare per costruire la pace, dalle nostre piccole comunità alla dimensione globale”.
È quanto dirà domenica nella Festa del Lavoro?
Settant’anni di pace in Europa hanno permesso un miglioramento delle condizioni sociali e di vita della popolazione, uno sviluppo che non era neppure immaginabile. Basti pensare alla sanità pubblica e universale, che tanto è stata preziosa in questi due anni di pandemia, per quanto parallelamente siano aumentate disuguaglianze ed emarginazioni. La pace non può essere disgiunta da giustizia sociale e tutele, soprattutto per i ceti sociali più deboli. Questo è l’impegno del Sindacato confederale.
Quali sono le priorità nell’agenda sociale ed economica del nostro territorio?
Recuperare il tempo perduto in materia di inclusione sociale, crescita demografica, tutela del tessuto produttivo e occupazionale e soprattutto la difesa dei servizi e dei diritti primari e universali: sanità, istruzione, welfare, sicurezza e legalità. Non è più tempo della demagogia e della retorica, servono fatti concreti che rendano i nostri territori un ambiente favorevole per arrivare, restare, vivere, costruire una famiglia, fare figli, riavviare l’ascensore sociale.
In quale scenario si trova a vivere la Marca dopo due anni di pandemia? Chiusure di attività, licenziamenti, disoccupazione, nuove povertà...
Viviamo una fase delicata in cui si potrebbe passare rapidamente dal consolidare e rafforzare la ripresa e lo sviluppo sociale e territoriale al rischio di una involuzione economica e sociale se non si dovessero verificare determinate condizioni, a partire da un miglioramento delle condizioni del lavoro, ma soprattutto dalla crescita della forza-lavoro disponibile. Tale questione sta diventando, se non lo è già, un’emergenza strutturale pesantissima, e ciò al di là della guerra che rischia di essere ‘solo’ un acceleratore di fenomeni già in atto.
La guerra in Ucraina produrrà - se già non li sta suscitando - effetti sul tessuto socio-produttivo del nostro territorio?
Al momento non ci sono ricadute significative sui livelli produttivi e occupazionali, ma noi siamo un Paese trasformatore. Se si dovesse interrompere il flusso di materie prime e semilavorati rischieremmo il blocco produzioni, peraltro già intravisto nella ripresa post lockdown. Questa guerra rischia di avere effetti nefasti e imprevedibili per il mondo intero, va fermata a qualsiasi costo e con la forza della diplomazia, garantendo alla popolazione ucraina la possibilità di difendersi.
Dopo la prova della pandemia, il mondo del lavoro, i lavoratori sono più uniti, si percepisce una maggiore solidarietà?
Si percepisce più senso del valore delle priorità per le persone: qualità della vita, essenzialità delle condizioni economiche e necessità delle relazioni sociali che la pandemia ha fortemente condizionato. Manca ancora un recupero sostanziale della consapevolezza di essere un’unica comunità, praticando così meno individualismi e più unione e azione collettiva, che storicamente sono state i punti di forza per i lavoratori per costruire diritti e tutele attraverso la contrattazione.
La Marca in particolare di cosa ha più bisogno soprattutto? Cosa chiedete al Governo?
È necessario rafforzare e proseguire il coordinamento e la programmazione sovracomunale tra enti locali e amministrazione pubblica per recuperare un gap enorme di carenza di infrastrutture, di investimenti pubblici e privati, di modernizzazione e sviluppo che potrebbero generare maggior competitività delle imprese ed efficienza per gli stessi servizi pubblici, così da migliorare la qualità della vita per chi vive o per chi vorrebbe stabilizzarsi e lavorare nel nostro territorio. Al Governo chiediamo coraggio e attenzione alla periferia e al mondo lavorativo e produttivo silenzioso che continua ad essere il motore del Paese.
Due fronti reclamano tutela: diritti e sicurezza. Che cosa rispondete?
Sulla sicurezza il lavoro da fare è ancora enorme, a partire dalla crescita di una cultura della responsabilità e della prevenzione: in molte aziende c’è ancora troppa superficialità nell’affrontare il tema, per quanto molte altre abbiano raggiunto standard importanti di tutela. Serve poi l’impegno di tutti per garantire l’applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dal Cgil, Cisl e Uil: lì dentro abbiamo strumenti per tutelare salario (vero) e diritti che non dobbiamo mai dare per acquisiti per sempre e per questo vanno difesi con determinazione e partecipazione. Le conquiste di oggi sono il frutto dei sacrifici e della partecipazione di milioni di lavoratori che furono capaci di lottare per loro e per tutti noi.
In una battuta il vostro invito ai cittadini della provincia di Treviso a vivere questo Primo Maggio
Venite in piazza a celebrare il lavoro e chi si è sacrificato per costruire diritti e tutele, ricordando che l’attenzione alla difesa delle lavoratrici e dei lavoratori deve essere mantenuta alta e costante da parte di tutti non solo il Primo Maggio, ma anche e soprattutto nei rimanenti 364 giorni dell’anno.