09 ottobre 2024
Categoria: Altro - Tags: scuola, numero chiuso, Udu, architettura, europa
N.B. Nell'articolo vengono forniti vari dati numerici. Essi sono tutti ovviamente approssimati e provengono da varie fonti, principalmente da Almalaurea e da questo sommario di un'indagine Europea. Si riferiscono perlopiù all'anno 2012.
In Italia (popolazione di 60 milioni) ci sono ben 150.000 architetti iscritti all'Albo, in pratica un architetto ogni 250 persone in età lavorativa (15-64 anni).
Il mercato architettonico in Italia ha un valore di 2,8 miliardi di euro, nell'UE è secondo solo a quello tedesco (4,2 miliardi) ed è seguito da quello inglese di 2 miliardi.
Tuttavia, nonostante l'evidente distacco tra mercato tedesco e italiano, più vicino a quello inglese, in Germania ci sono 100.000 architetti, a fronte di una popolazione di 80 milioni, nel Regno Unito, popolato da 65 milioni di persone, gli architetti sono 35.000, quasi un quinto di quelli Italiani.
Ci troviamo palesemente di fronte a un sistema fallace, che porta a un tasso di disoccupazione elevato
Ci troviamo palesemente di fronte a un sistema fallace, che infatti porta a un tasso di disoccupazione elevato; secondo Almalaurea, su 7.000 laureati in Architettura intervistati solo meno della metà, dopo cinque anni, lavora (45 %) mentre il restante o non lavora e non cerca lavoro (26 %) oppure cerca lavoro ma non lo trova (28 %).
Il 45% di lavoratori inoltre percepisce uno stipendio medio sui 1.200 euro netti, inferiore alla media di tutti i laureati (1.440 euro netti).
Cercando ora di allontanarci dal caso peculiare e abbracciare un aspetto più generico, vorrei riflettere su questo oggettivo problema.
Come certo saprete in questi giorni si svolge una battaglia, portata avanti dall'Unione degli Universitari (UdU) per abolire il numero chiuso.
Una delle critiche mosse a questa campagna è stata proprio questa; il rischio di creare un surplus di laureati di fatto ingestibile all'interno del mercato del lavoro Italiano.
Tralasciando le motivazioni ideologiche del'UdU e le mie relative considerazioni personali, penso che ciò potrebbe essere positivo nell'ottica di aprire le università a tutti, cercando di attuare una forte selezione in itinere, ma soprattutto con l'idea di formare giovani architetti (o medici, ingegneri, riceratori) aperti al mercato globale.
Ciò potrebbe anche darci finalmente la possibilità di restaurare la nostra immagine di fronte al mondo
Ciò potrebbe anche darci finalmente la possibilità, come Paese, non solo di risollevarci da questa crisi economica, ma anche di restaurare la nostra immagine di fronte al mondo.
Come è possibile, mi chiedo, che un Paese come il nostro, patria di molti dei capisaldi della cultura Europea e non solo, sia oggi considerato uno dei Paesi occidentali più arretrato?
La nostra scarsa lungimiranza ci ha portato a chiuderci culturalmente mentre ci aprivamo economicamente, così ci troviamo coinvolti in un mercato globale senza aver adeguatamente formato i nostri giovani per affrontarlo.
Non pensate forse che una buona fetta di quei laureati, se avesse le facoltà linguistiche (ed economiche) riuscirebbe a “esportare” la propria abilità all'estero? E non pensate che da ciò non otterrebbe solo un giovamento personale il suddetto laureato, ma anche, a piccoli passi, l'intera istituzione scolastica Italiana, che potrebbe così vantarsi di “produrre” un'élite culturale?
Potenziamo l'insegnamento delle lingue straniere nelle nostre scuole
Potenziamo l'insegnamento delle lingue straniere nelle nostre scuole, perlomeno l'Inglese, cercando di portare i neodiplomati ad un livello di conoscenza della lingua B2 effettivo, e non solo sulla carta, coinvolgendo di più gli studenti in classe, facendoli parlare e non costringendoli solo ad ascoltare, una lingua va vissuta, usata, non può essere travasata da un cervello a un altro (tanto meno da uno a tanti altri).
Seguiamo l'abitudine dei Paesi nord europei e cerchiamo di proporre nei cinema film in lingua originale, magari sottotitolati; ciò porterà inevitabilmente a un miglioramento nelle nostre capacità comunicative.
Dobbiamo capire che non siamo più nel 1300, Italiano e Latino non sono più fra le lingue più parlate in Europa
Come Italiani, dobbiamo capire che non siamo più nel 1300, Italiano e Latino non sono più fra le lingue più parlate in Europa, l'Inglese, con la sua semplicità, le ha soppiantate. Possiamo adattarci, mostrare al mondo che il “genio” italiano non è sparito, semplicemente, troppo a lungo, non è riuscito ad esprimersi appropriatamente.
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Scarpis Enrico
10/02/2014 - 16:35
Abolire il numero chiuso?
innanzitutto complimenti per l’articolo: presenta interessanti punti di riflessione. Molti sono senz’altro condivisibili, almeno a parer mio.
Concordo con te sul fatto che i laureati potrebbero darci la possibilità di risollevare questo Paese, che occorre potenziare le facoltà linguistiche per dare più ampio respiro al lavoro dei nostri laureati, in ultima analisi che occorre potenziare il sistema scuola in toto.
Tuttavia (mi perdonerai, spero) ma non riesco a cogliere il nesso tra l’abolizione del numero chiuso (almeno così ho inteso) e queste possibilità di miglioramento. Secondo il tuo ragionamento sarebbe opportuno abolire il numero chiuso, garantendo l’istruzione universitaria a tutti, elaborando al contempo un sistema di selezione in itinere: ho capito male? Si tratta di un’opinione sostenuta da molti, tuttavia molti altri (compreso me) la ritengono inconsistente, in quanto materialmente infattibile, e deprimente le qualità di insegnamento universitario. Ti sfuggono, a mio avviso, questi due punti critici. Infatti aprire i corsi di laurea attualmente “chiusi” significa avere un numero spropositato di studenti, anche solo al primo anno, con l’incapacità materiale da parte delle strutture universitarie di accoglierli tutti, con la conseguente impossibilità da parte degli studenti stessi di seguire in maniera decente e produttiva le lezioni, finanche all’impossibilità di accedere all’aula! La soluzione, dirai tu, è affrontare gli esami da non frequentante, ma allora si perderebbe il senso della preparazione universitaria e del rapporto tra docente e studente. Quest’ultimo, inoltre, verrebbe anch’esso ad essere materialmente impossibile a causa dell’eccessiva sproporzione tra docenti (sempre meno) e studenti. Quindi l’esubero, a mio avviso, non si avrebbe tra i laureati, ma tra gli studenti frequentatori (il che è ben diverso)!
Inoltre ti sfugge un altro particolare estremamente rilevante: la formazione universitaria non è solo teorica, ma è anche e soprattutto pratica. Un numero eccessivo di studenti determinerebbe l’impossibilità a svolgere l’attività universitaria professionalizzante. Infatti dove questa è prevista, vedi Architettura - citata da te - ma anche Medicina - che tocca più da vicino me - è previsto contestualmente il numero chiuso, finalizzato ad una migliore esperienza professionalizzante.
Chiudo citandoti proprio il caso di Medicina. Sarebbe assolutamente un suicidio (letteralmente) togliere il numero chiuso, perchè la qualità delle lezioni e del rapporto con i docenti scadrebbe rapidamente; ma soprattutto perchè i reparti non sarebbero in grado di accogliere un numero elevato di studenti che svolgono, appunto, attività professionalizzante. La conseguenza non sarebbe un miglioramento della attività universitaria, ma un peggioramento della professionalità medica e della qualità della Salute di tutti i cittadini.
Buon lavoro.
Un caro saluto
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Politicamente Scorretto
10/02/2014 - 20:30
Pienamente d'accordo
E aggiungo: dalle esperienze personali siamo già piuttosto messi male, un ulteriore peggioramento sarebbe catastrofico!
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Francesca Salvador
10/02/2014 - 20:39
ABOLIZIONE DEL NUMERO CHIUSO
Gentile Nicolò,
mi ha colpita la tua posizione, nell'articolo, circa l'abolizione del numero chiuso.
Favorevolmente, direi, considerando che sono della stessa opinione.
Per dare un piccolo contributo, vorrei condividere con te alcune considerazioni di un mio amico medico, e magari, sapere cosa ne pensi.
Cordiali saluti,
Francesca
http://www.youtube.com/watch?v=8xpoSaVVS8o
http://www.youtube.com/watch?v=eCIQCeHf78o
ecc...
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Scarpis Enrico
11/02/2014 - 13:13
Test a crocette no, ma numero chiuso sì!
I video che Lei ha segnalato sono senz'altro interessanti, ma trattano l'argomento in maniera estremamente superficiale, ponendo l'attenzione più sul versante ideologico, che non su quello prettamente pragmatico. Mi trova d'accordo sul diritto allo studio, sui test a crocette, ma non sul numero aperto - mi dispiace. Ho vissuto sulla mia pelle e su quella dei miei amici la situazione del test di medicina, e comprendo appieno il possibile rammarico, ma vivendola da dentro la realtà universitaria (NON SOLO, ma anche OSPEDALIERA), posso tranquillamente contro-testimoniare che il numero aperto sarebbe non solo ingestibile materialmente, ma deprimente la qualità di apprendimento.
Per quanto riguarda il diritto allo studio, credo che, seppur con molte difficoltà economiche, il nostro Paese riesca a far studiare i propri giovani: penso a tutte le borse di studio e alla tasse universitarie. Queste sono senz'altro aumentate, ma sono accessibili a gran parte della popolazione, e sono anche riducibili in dipendenza del merito (della media dei voti). Faccio per esempio riferimento alle Università Americane: tasse inaccessibili ai più, esorbitanti e impossibili da sostenere se non indebitandosi. C'è molto da migliorare, sono d'accordo, ma non siamo così male.
Il test: questo è il vero problema. Sono assolutamente d'accordo che i test a crocette insultino l'intelligenza e che il test d'accesso a medicina necessitano assolutamente una revisione.
Il fatto che un medico 50enne non sia rientrato nei primi posti disponibili, tuttavia, non mi stupisce affatto: le conoscenze mediche e in particolare quelle biologiche sono progredite enormemente. Anche nel caso il candidato fosse un ricercatore, le conoscenze che vengono richieste (biologia, chimica, fisica e matematica) sono cucite addosso ai programmi trattati alle scuole superiori e quello che viene valutato è la preparazione propedeutica alla scienze di base mediche.
Il problema del test non sono queste conoscenze di base, ma la parte di cultura generale e logica: infatti tale medico cita proprio il caso della logica! Sono dei quesiti in cui vale moltissimo (troppo) la fortuna!
In ogni caso negli ultimi anni si è assistito ad un miglioramento (seppur parziale e non sufficiente) proprio di quella parte. Chiedere qualche nozione di grammatica italiana credo sia molto più oggettivo, in effetti, di qualche test di logica: un candidato non può certo lamentarsi se non sa la grammatica italiana, no?
C'è poi da precisare che al test d'accesso NON si viene bocciati, ma entrano, secondo i posti previsti, chi si è piazzato più in alto in graduatoria, ovvero che ha fatto più punti, ovvero chi ha risposto a più domande esatte.
Ripeto: dire di aprire le porte di medicina a tutti è senz'altro uno straordinario esercizio ideologico, ma è oggettivamente impraticabile e, a mio modesto avviso, farebbe scadere rapidamente la qualità di insegnamento e apprendimento. Favorire l'istruzione di Medicina a tutti non significa per forza garantire a tutti quelli che entrano EFFETTIVAMENTE l'istruzione che chi entra richiede e pretende. E non significa favorire i migliori talenti. Anzi.
Quando sono entrato a medicina io (2009) per 80 posti (a Udine) eravamo in circa 900: le assicuro che 900 persone non sarebbero entrate non solo nell'aula, ma men che meno tra i reparti ospedalieri per la formazione professionalizzante. Sono certo che ne comprende la gravità.
Riflettiamo pure sul numero chiuso, ma in termini pratici, non ideologici!
In conclusione: ben venga la riformulazione dei quesiti d'accesso, ma teniamoci stretto il numero chiuso.
Un caro saluto
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Francesca Salvador
11/02/2014 - 15:18
PER ENRICO
mi prendo il piacere di replicare alla sua gentile risposta, anche se, potrà ben immaginare, alla fine ognuno di noi rimarrà sulla propria posizione.
E non potrebbe essere altrimenti, considerando il mio punto di vista declinato all’ideale, “più particolarmente, ciò che è concepito dallo spirito e dall’intelletto come bello e perfetto, oggetto quindi delle più alte aspirazioni, a cui ci si propone di avvicinare la realtà esistente”…
Contrapposto al suo pragmatismo “caratterizzato dal prevalere degli interessi pratici su quelli teoretici e sui valori ideali” (giustamente, glielo concedo, visto che ha vissuto i problemi in prima persona ☺ )…
Mi permetto di farle notare, comunque, che argomentare avendo in mente un ideale, non è corretto definirlo “superficiale”, altrimenti il ragionamento si potrebbe pure ribaltare, dichiarando superficiali coloro che argomentano meramente in modo pragmatico.
Il filmato, in un certo senso, mi ha fatto riflettere su quello che io chiamo il cuore della questione, che sfugge tuttavia ai più.
Fra coloro che ottengono i migliori punteggi ai test (che quindi hanno accesso al numero chiuso) forse, e dico forse, potrebbero non esserci le persone che più potrebbero contribuire al benessere della comunità.
Le intuizioni e le scoperte straordinarie appartengono solitamente, al cosiddetto “pensiero laterale” (o divergente o collaterale).
Solitamente, chi pensa in siffatto modo, ha alti insuccessi nelle “scatolette” dei test.
Risultato: potrebbero venire escluse (insieme agli analfabeti e ai meno dotati, che per carità, ci sono) le persone veramente geniali.
Non mi sembra un buon affare per tutti noi, che ne dice?
Ovvio che, bisogna darsi da fare per risolvere il problema sottostante, ma questa è una decisione, come dire… politica.
Un augurio per i suoi studi,
cordiali saluti,
Francesca
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Scarpis Enrico
11/02/2014 - 13:55
Fresco fresco
Una lettera aperta al Sole24ore, che mette in evidenza l'imbuto che si sta creando tra i laureati in medicina (troppi) e gli effettivi contratti per le scuole di specializzazione (pochissimi). Con l'effetto finale di creare tanti laureati in medicina, che in realtà non possono esercitare la professione...
Che senso ha?
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Scarpis Enrico
11/02/2014 - 21:11
Procedendo per punti, ritengo
Guardi Francesca, l'obiettivo che Lei descrive, ovvero quello di far emergere i migliori e non i mediocri, è un obiettivo condiviso da me, da i miei colleghi studenti (di qualsivoglia facoltà), dai docenti, dai professionisti e dalle più alte sfere (politiche). Questa "ideologia" si scontra inevitabilmente con la realtà dei fatti: come fare per farli emergere? Questo è il punto cruciale, che a mio avviso non si risolve assolutamente con il numero aperto, ma con la modifica del test d'accesso. Lei dà per scontato che aprendo a tutti la qualità degli studenti salga. Non è così: sappiamo bene che il "grado di intelligenza" si distribuisce nella popolazione come una curva gaussiana - molti mediocri (90%), qualche "asino" (5%), qualche "genio" (5%). Se facciamo entrare tutti quelli che vogliono fare medicina, per ogni "genio" ce ne saranno 2, 5, 10, 20 (un numero n) di "asini". Non sto dicendo che gli "asini" non abbiano diritto all'istruzione universitaria (attenzione!), ma che dovendo operare una selezione oggettiva è ovvio che ci saranno sempre più "mediocri" che "geni".
(PS: ho usato i termini "genio", "mediocre" e "asino", virgolettati, per evitare fraintendimenti e con il solo scopo di far passare il concetto che tra chi entra/rimane fuori - dipende da che lato la si guardi - ci sono sia i bravissimi, che i meno dotati.
L'obiettivo di far emergere i veri "geni" si risolve calibrando maggiormente il test, cucendolo sugli argomenti veramente propedeutici al Corso di Laurea - cosa che negli ultimi anni ha lasciato molto a desiderare...
Tenga presente che nei famigerati (quanto odiati) tests di logica, sono presenti proprio anche tests di pensiero laterale... In qualche modo chi fa questi tests ha la pretesa di valutare rapidamente anche l'intelligenza di una persona - cosa che è quasi-impossibile da fare in un tipo di tests come quello...
Dunque molte criticità, senza dubbio, ma di certo non sul numero chiuso!
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Politicamente Scorretto
12/02/2014 - 11:49
I geni saranno emigrati all'estero
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Francesca Salvador
12/02/2014 - 15:59
non sarebbe più semplice...
non sarebbe più semplice "scremare" nel tempo?
5 anni non sono sufficienti per separare la pula dal grano e far emergere anche le eccellenze?
Rimane il problema di gestire i numeri dei primi anni, ma come ho ribadito, è un problema politico. Lo stato spreca ogni anno 90 miliardi di euro per noleggiare "carta colorata"
Può solo immaginare come potrebbero essere in Italia, l'istruzione e la ricerca con risorse così ingenti?
Queste sono decisioni politiche, ma perfettamente attuabili!
Spero di vedere durante la mia vita, questi cambiamenti.
Sono e rimarrò un'utopista e spesso rileggo la poesia di Galeano:
L’utopia si trova all’orizzonte.
Quando mi avvicino di due passi arretra di due passi.
Se avanzo di dieci passi, rapida scivola dieci passi più avanti.
Per quanto innanzi io mi spinga non potrò mai raggiungerla.
Che scopo ha dunque l’utopia?
Quello d’indurci ad avanzare.
Eduardo Galeano
Pur nella divergenza di opinioni, è piacevole comunque scambiare due chiacchiere, nel reciproco rispetto.
Cordiali saluti,
Francesca
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Scarpis Enrico
12/02/2014 - 22:27
Non è tanto il fatto che
Il numero chiuso è nato, come le dicevo sopra, per garantire agli studenti stessi una buona didattica sia nelle aule, ma soprattutto nei reparti. Le ripeto: è impossibile far frequentare a troppi studenti i reparti degli ospedali per l'attività professionalizzante, sarebbe inutile per gli studenti e controproducente per tutta la Sanità, pazienti compresi.
Per quanto riguarda i finanziamenti all'istruzione e all'università mi trova d'accordo su tutto, non si può non esserlo! Pensi che i ricercatori italiani producono enormi quantità di lavori scientifici, pur con un finanziamento ridotto al minimo: sono ai livelli delle grandi Nazioni anglosassoni.
Il nostro Paese sarebbe una miniera d'oro per quanto riguarda la ricerca scientifica e medica, ma abbiamo la tendenza (non so bene perchè) ad auto-flagellarci e a rimanere nell'ignoranza e nella pseudo-scienza.
Questo Paese ha l'assoluta necessità di tornare ad avere fiducia nella scienza e nei suoi professionisti/esperti (di qualunque campo): questa sarebbe la più bella utopia! :-)
Saluti
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Quo usque tandem
23/02/2014 - 12:39
ÉLITE CULTURALE ?
Stessa cosa per l'Inglese dove il livello B2 va bene solo sul CV, in realtà esistono solo 2 livelli: lo sai, o non lo sai.
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