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28 marzo 2024

Politica

"Io? Mai scritto letterine a Babbo Natale!"

Luca Zaia e il ricordo dei Natali passati (a casa)

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Luca Zaia e il Natale

Mai creduto a Babbo Natale!
A lui piace il Panevin. Perché è trasversale alle generazioni. Perché riscalda, perché è la più comunitaria tra le tradizioni. Il Natale per lui ha il sapore della sobrietà. Regali impacchettati, abeti addobbati, gite fuori porta non appartengono nemmeno all’album dei ricordi. Cresciuto in fretta - a 18 anni aveva già la sua bella partita Iva - il governatore Luca Zaia non ha mai creduto alle favole o ai miti. Ma ai bambini oggi direbbe di cogliere ogni attimo della loro infanzia. Anche per non dover troppo presto dare ragione a Gianna Nannini.

Il bambino Luca Zaia? E’ cresciuto in fretta. Grazie a quel “dialogo da adulti” a cui, in casa sua, era invitato a partecipare fin da piccolissimo. Nei ricordi infantili del supergovernatore veneto non trovano posto né San Nicolò né tanto meno Babbo Natale. Quand’era piccolo Zaia, i pacchi regalo non si ammonticchiavano sotto l’albero e se lui desiderava davvero qualcosa - tipo un cavallo - era sicuro che non sarebbe piovuto giù dal camino.

In questa chiacchierata sotto le stelle flebili di un mite Natale, il governatore Luca Zaia scriverebbe a Babbo Natale solo un whatsapp, per chiedergli di mettere fine al più presto alla pandemia. Ai bambini e ai ragazzi, con le parole toscanissime di Lorenzo il Magnifico e Gianna Nannini, direbbe di cogliere l’attimo, di non aver fretta di crescere perché “la crescita è una costante perdita di libertà”. Ma se in questo momento Zaia ammette di provare preoccupazione e apprensione “anche perché ha la responsabilità della cura dei veneti”, riesce a rispondere alla domanda farlocca: Ma Babbo Natale è di destra o di sinistra? E poi - sarà merito del cavallo che ha iniziato a cavalcare dai 13 anni - non perde l’equilibrio neppure quando gli si parla di Crozza. L’amarezza? Velatissima, ma schietta, arriva alla fine.

E siamo (quasi) a Natale. Quasi alla fine di un anno che entrerà nella storia globale. Un anno, una data, tanto facile da ricordare, quanto difficile da percorrere, da “gestire” per quanto ti riguarda. Alla vigilia della festa più sentita dell’anno qual è il tuo stato d’animo?

Be’, siamo davvero in una situazione particolare. Mai avremmo pensato di vivere una festività nel pieno di una pandemia, che è un evento che può capitare una volta nella vita di un essere umano. C’è chi ha visto più guerre, ma mai una pandemia. Quindi vivo anch’io questa vigilia con preoccupazione, forte preoccupazione e apprensione, perché comunque come presidente della Regione ho la responsabilità della cura di cinque milioni di veneti.

Qual è stato (magari ce n’è stato più d’uno) il Natale che ti ha rallegrato o emozionato di più?

Nessuno in particolare: per me Natale è sempre stato quello della tradizione di casa. Ricordo che mio papà bruciava una ceppaia nel caminetto la sera della vigilia e il giorno dopo c’era la messa e il pranzo a casa. Era un Natale normale, simile a una domenica normale. La tradizione dalle mie parti era questa. Niente cenoni la sera prima, anche perché voglio ricordare che nelle nostre zone non esiste il veglione, non esiste il capitone come pietanza tipica, non esistono i fuochi, non esistono i petardi, niente di clamoroso. Negli anni Sessanta e Settanta, la vigilia si andava a letto come ogni sera e il mattino dopo si andava a messa. E sinceramente io non ho mai visto pacchi regali o robe del genere. Sembra strano dirlo, ma è così: son sicuro che molti miei coetanei non avessero i regali pronti al mattino sotto l’albero. E tra l’altro l’albero era quello del giardino.

Come trascorri in genere il Natale e dintorni? A chi fai gli auguri per primo?

Natale io lo trascorro a casa. Non ho mai fatto vacanze, viaggi in località particolari. Tutti i miei Natali li ho passati a casa, prima con i miei genitori, poi con mia moglie Raffaella. I primi auguri quindi li riceve chi vive con me.

Ma quand’eri uno scolaretto qualche desiderio a Babbo Natale o San Nicolò l’avrai indirizzato, no? Fino a che età hai creduto in questo mito e perché hai smesso di crederci?

Sinceramente non ho ricordi di aver mai creduto a Babbo Natale, forse perché sono sempre stato educato e coinvolto nei discorsi dei grandi. Non ho mai avuto nel mio immaginario la figura mitologica del Babbo Natale che scendeva dalla canna fumaria, e comunque da noi la tradizione più sentita è quella di San Nicolò. E’ lui il personaggio che amavo nella mia infanzia. Ed è San Nicolò che ancora adesso attraversa il paese con il carro colmo di regali chiamando i bambini per nome. Si ferma nelle biorche, come diciamo noi, negli incroci delle vie, e aspetta che i piccoli vengano a prendere il dono che gli è destinato.

Quindi niente letterine a Babbo Natale?

No. Assolutamente no: non ho ricordi di aver mai scritto a Babbo Natale.

Il regalo che - Babbo Natale a parte - hai desiderato di più in vita tua?

Un cavallo! Per anni l’ho disegnato e un giorno, penso di aver avuto 12 o 13 anni, me lo sono trovato davanti in carne e ossa: un regalo dei miei genitori.

Pensi che le tradizioni locali associate anche alle feste di fine anno (l’uso di tirare i bandot, di accendere il panevin…) siano ancora sentite dai bambini e dai ragazzi o siano folclore “vintage”, qualcosa che tutto sommato appartiene a un passato di cui non abbiamo che una memoria riflessa?

Guarda, è indubbio che la tradizione più sentita nella sinistra Piave sia quella del panevin: le supera tutte, nel senso che, a livello di partecipazione popolare, il panevin riesce ad attrarre migliaia di persone intorno a un fuoco, che riscalda anche metaforicamente, che è foriero di eventi positivi. Ancora oggi il panevin registra un’incredibile compresenza di persone di età diverse: i bambini, che sono sempre moltissimi, gli adulti, gli anziani. E’ una tradizione trasversale alle generazioni e poi è associato alla figura, altrettanto amata e tradizionalmente sentita, della Befana.

Il bambino Luca Zaia secondo te a quanti anni ha smesso di essere bambino? E adolescente? Perché tu sei entrato giovanissimo in politica e forse quest’ingresso ti ha proiettato presto nell’età adulta. Hai dei rimpianti?

No. C’è da dire intanto che non sono entrato giovanissimo in politica perché ero già laureato, però io la prima partita iva l’ho fatta a diciotto anni e sono sempre stato uno studente lavoratore. Vengo da una famiglia di artigiani, per cui durante il pranzo a tavola si parlava di lavoro e dei problemi attinenti a esso. Io e mia sorella siamo cresciuti in un ambiente nel quale il dialogo è sempre stato privilegiato: un dialogo tra persone adulte e mature e questo, inevitabilmente, ci ha fatto crescere in fretta.

Se fossi ancora bambino oggi però a Babbo Natale scriveresti una lettera? O gli manderesti un whatsapp?

No, no, guarda, gli manderei un whatsapp per chiedergli di far sparire velocemente il Covid.

L’augurio che faresti ai bambini, ai ragazzi e ai grandi?

Mi viene in mente Lorenzo de’ Medici, che tra l’altro è morto nel 1492, che è la data della scoperta dell’America e l’anno in cui si dice sia nato il Rinascimento, no? Be’, il Magnifico scrisse quel celebre componimento che ha come ritornello “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuol essere lieto, sia: del doman non v’è certezza”. Ai bambini dico di essere bambini e di crescere bambini e di godersi ogni istante della loro età perché è fondamentale: da piccoli si vive sempre guardando in avanti e da grandi si vive sempre guardando indietro. E allora per fare una citazione in contrapposizione a quella di de’ Medici, che è autorevole, ne propongo un’altra, di Gianna Nannini, che dice che la crescita è una costante perdita di libertà.

Domanda d’obbligo: cosa pensi di Crozza? La sua imitazione ti disturba, ti imbarazza o in qualche modo ti senti lusingato dal fatto che ti abbia “studiato” e reso uno dei suoi personaggi satirici?

Ma no! La satira è satira, è giusto che sia così, quando la satira non è offensiva della persona e soprattutto - mi permetto di dire - di un popolo, che è quello veneto, ci sta. L’unica roba, l’unico rilievo è far sempre attenzione a non offendere il popolo. Insistere su stereotipi come quello dell’abuso di alcol che non hanno nessun fondamento ritengo sia offensivo.

Secondo te Babbo Natale è di destra o di sinistra?

È rosso. No, vabbè dai, questa la spieghiamo bene. Babbo Natale è rosso per l’abito che indossa, ma non ci avventuriamo anche dentro queste figure mitologiche a cercare un’estrazione politica. È rosso il suo abito, ma ognuno lo vede, cioè lo deve vedere, in maniera apolitica.

Ripeti di non aspirare alla presidenza del Consiglio, ma se accadesse, se diventassi premier, qual è la prima cosa che faresti?

Ma guarda questo è come il gioco della torre: chi butti per primo dalla torre? Sono risposte che non si danno. Ciò a cui accenni non accadrà, semplicemente perché non ho nessuna intenzione di prendere in considerazione ‘sto ruolo. Sento forte la responsabilità che mi sono preso nei confronti dei veneti anche alla luce dell’ultimo consenso ricevuto. Inoltre da amministratore puro quale sono, nel senso che penso di essere forse l’unico che ha fatto tutte le possibili esperienze amministrative, dico che è sempre più difficile governare in un paese nel quale chiunque, per la tua esposizione, può darti del ladro compromettendo la tua reputazione, che resta un valore fondamentale.
 

 


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