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28 marzo 2024

Treviso

"Io e il Covid": lo scrittore Fulvio Ervas ci racconta la sua storia con il virus

"Rimanere rigidamente nel perimetro domestico non è facile. In quarantena ho scritto e letto, anche ascoltato posizioni novax. Per capire... Non ho capito"

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

Lo scrittore Fulvio Ervas racconta la sua storia con il Covid

TREVISO - Vaccinato e rivaccinato, eppure il virus è riuscito lo stesso a contagiarlo, costringendolo ad attendere, in quarantena, che passasse senza fortunatamente lasciare strascichi. E adesso che si è rimesso pienamente in forma Fulvio Ervas, uno dei nostri scrittori più apprezzati, ci racconta quest'altra storia: quella tra lui e il Covid.

Vaccinato convinto e contagiato dal Covid: come sta, innanzitutto?

Bene, ho avuto solo sintomi lievi, due giorni di muscoli indolenziti come dopo cinque collegi docenti consecutivi.

Come ci si sente ad essere aggrediti dal virus malgrado le misure di protezione adottate?

Io avevo fatto due dosi e avevo già prenotato la terza per il 5 dicembre, il Covid è arrivato il 23 di novembre ( molecolare positivo). Ho imparato delle cose: che il periodo di incubazione è di circa 5 giorni ( mia moglie l’ha preso al lavoro da una collega non vaccinata e io da lei), se hai un contatto e ti tamponi troppo presto l’esito sarà negativo; che il vaccino limita l’aggressività virale e che comunque è sempre conveniente, nel corso della vita, aver avuto rispetto del proprio corpo perché ti difendi meglio. Poi, certo, un po’ di sorpresa all’inizio, benché avrei dovuto sapere che era una possibilità, avendo fatto la seconda dose il 7 di aprile. La protezione cala nel tempo.

Come ha vissuto la quarantena? A che cosa ha pensato in questo tempo?

Rimanere rigidamente nel perimetro domestico non è facile, benché io abbia un pezzetto di orto. I miei cani, che non abbiamo potuto portare a spasso, si sono iniettati endorfine sintetiche due volte al giorno. Mia moglie ha colto l’occasione di mettere ordine e io sono stato messo in catene a sistemare le cartacce del mio studio, ho provato a ribellarmi, ma la sommossa è stata facilmente domata. Ho scritto, naturalmente, e pensato molto a questo complicato periodo che sta testando tutti gli aspetti del nostro vivere sociale. Poi ho letto e ascoltato posizioni novax. Per capire.

Le ha capite?

Non le ho capite.

Quando è tornato a scuola cosa le hanno detto i suoi studenti?

Qualche classe mi ha battuto le mani e mi è quasi salita una lacrimuccia.

E lei a loro, ai suoi ragazzi, cosa ha detto?

Ho raccontato cosa è successo a me. Ho parlato di epidemie. Degli sforzi, storici, per affrontarle e che le abbiamo sempre subite. Probabilmente questa è la prima che proviamo ad affrontare organizzati. Con fatica, certo. Questo deve farci ricordare la fragilità della società umana nei confronti del mondo dei viventi. Deve essere una lezione, spero.

Da insegnante di Scienze di lungo corso, come vede l'evoluzione di questa pandemia?

Se osserviamo il corso del ‘900, a partire dalla Spagnola (scatenata dalla follia di una guerra mondiale che connette bacini virali in uno scontro di trincea) contro la quale, sono sicuro, si sarebbe vaccinato anche l’imperatore dei novax, vediamo ondate successive di virus che si trasmettono soprattutto per via aerea, quindi facilitati dalla densità di popolazione e dal movimento. Le epidemia seguono le condizioni che noi determiniamo. Omicron arriva in poche ore dall’Africa all’Europa. E lì rimbalza di corpo in corpo. Potrebbe essere una mutazione meno aggressiva, e lo stanno studiando, ma il fatto che contagi facilmente rende sempre numericamente rilevante il rischio. Forse un blocco ferreo avrebbe potuto ostacolare la diffusione, ma sarebbe crollata ogni società. Siamo obbligati a dei compromessi, cercando di diluire il rischio. Non sappiamo a priori, come molti vorrebbero, quanto funzioni: la biologia ci educa al mondo della variabilità e dell’incertezza ( che deriva dalla conoscenza e non dall’ignoranza).

Ha avuto occasioni di dialogo e confronto con persone contrarie alla vaccinazione? Da uomo di scienza che cosa ha detto loro?

Sì, spesso. Io trovo che alcuni, i più dotati, partano da critiche legittime su alcuni aspetti della risposta al Covid. Per quanto siano tutte critiche post, e lì siamo tutti bravi. Agire sui grandi numeri, esige tempi che non sono quelli del bar e produce intoppi inevitabili. Bisogna avere un senso di concretezza. Altri, davvero, sono imbarazzanti: non solo non ci sono competenze scientifiche e affastellano frammenti di verità che circolano in Rete e incollandoli poi in convinzioni fantasmagoriche, ma dimostrano di non aver mai affrontato la storia della salute umana, delle epidemie precedenti, di non aver idea della crisi ecologica in atto, di avere una sorta di visione infantile dei processi biologici. Ma io mi sono convinto, al di là delle singole posizioni, che chi si vaccina con convinzione è una persona che accetta un rischio personale perché ritiene che si debba provare a salvare la comunità e, al contrario, chi irriducibilmente non accetta il vaccino non è assolutamente disposto a pagare una tassa a favore di un ambito più ampio. E’ una forma di evasione, arte in cui siamo maestri.

Della pandemia ha già scritto un bellissimo testo messo in scena da Gigi Mardegan e dal "Il Satiro": ha in animo di scrivere ancora qualcosa, magari quando tutto questo sarà finito?

Sì, ma non rispetto al Covid. Sono molto attratto dalla possibilità di raccontare, in un piccolo testo teatrale, la figura de “El Governator”, di cui preferisco non fare il nome.

Ma poi... finirà tutto questo o dovremo convivere con questa brutta bestia?

Uscirne non sarà facile, perché il nostro modo di vivere rende facile il banchetto per chi ha bisogno del corpo altrui per riprodursi e vivere. Le vaccinazioni sono un ostacolo, ma forse dovremo cambiare il modo di abitare la Terra. Le grandi rotture sono sempre dei bivi evolutivi, bisogna saperle cogliere. Si sono estinti anche i dinosauri, che erano ben attrezzati…

 


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