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19 aprile 2024

Vittorio Veneto

Io, cacciatore in astinenza

Sommariva non imbraccia il fucile. E spiega perché

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

FREGONA – E’ un cacciatore senza fucile. Sua moglie Valeria anzi dice che è ”un cacciatore in astinenza”. Gino Sommariva (in foto), residente a Colle Umberto ma – da tempo immemore - iscritto alla riserva venatoria di Fregona (per la quale versa 200 euro all’anno) per il terzo anno consecutivo non imbraccerà il fucile.

 

Fagiani, quaglie, starne e lepri se lo incontreranno nei boschi o tra i campi di mais potranno sorridergli e lisciarsi un baffo: lui è un cacciatore convinto (i suoi maestri letterari con doppietta sono Mario Rigoni Stern e Ernest Hemingway), ma disarmato. “Certe volte bisogna avere il coraggio di dire no – spiega -. No a una caccia-luna park. A un tiro al bersaglio che non solo ignora le leggi dell’ecosistema faunistico, ma le corrompe e le compromette”.

Per prendere una decisione (i cacciatori lo sanno) che è tutt’altro che facile, Gino Sommariva ci ha pensato e letto su parecchio. Ha per esempio avallato un documento della Federazione italiana della caccia (datato 27 luglio 2014) in cui si afferma che “l’approccio della caccia al territorio dovrebbe seguire una governance finalizzata alla rivalutazione dello stesso e alla crescita del sistema-paese”.

Nel documento la Federcaccia individua nei cacciatori gli attori di un aumentato benessere generale del territorio, di “un ambiente non degradato, in grado di ospitare selvaggina stanziale vera e non pronta-caccia, di offrire alla migratoria zone atte a fermarsi e a garantire il mantenimento di una biodiversità ricca e varia”.

 

E allora? Allora Gino Sommariva le sue battute le ha già fatte: nel 2008 aveva scritto al presidente della riserva di Fregona di ripensare alla gestione del fagiano, nel 2013 si era mosso per una razionalizzazione della “selezione della specie cervo” e – nello stesso anno – aveva scritto all’associazione Ekoclub di San Biagio di Callalta di verificare il rispetto delle disposizioni dell’art.10, commi 7 e 8, della legge 157 del 1992 relativo al ripristino della selvaggina in forma naturale nel territorio.

 

Attento all’habitat pedemontano e alle delicate econodinamiche che lo caratterizzano, Sommariva aveva anche dichiarato di essere disponibile a dare, in forma gratuita, la sua disponibilità per il controllo del territorio e per il ripristino ambientale (del quale si era già occupato). Le sue lettere finora sono però rimaste senza risposta. Ma Gino insiste: “Alla vigilia dell’apertura della stagione della caccia non è possibile continuare a gestire ciecamente l’attività venatoria. Popolare le riserve con fagiani e selvaggina di allevamento, oltre a togliere significato alla caccia reale, inquina il territorio. Ne squilibra l’ecosistema. Il fagiano che – inebetito com’è dopo l’uscita dal gabbione di allevamento – non viene catturato dal cacciatore diventa cibo per le volpi o per altri animali che trovano un pronto-pasto sul territorio. Non è così che si fa del bene all’ambiente. Non è così che si fa del bene alla caccia e a chi l’ha sempre amata con la coscienza e la consapevolezza della sfida leale tra uomo e preda”.

 



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Emanuela Da Ros

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