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29 marzo 2024

Economia e Finanza

Inps: 6 milioni di pensionati sotto i 1000 euro

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Inps: 6 milioni di pensionati sotto i 1000 euro

Sono quasi sei milioni (5.962.650) i pensionati Inps che percepiscono un assegno mensile sotto mille euro. E' quanto emerge dal rapporto annuale dell'Istituto, presentato oggi alle Camere. In particolare, il 10,8% del totale (pari a 1.686.944 pensionati) percepisce meno di 500 euro e il 27,2% (4.275.706) tra 500 e 1000 euro. Netta sproporzione fra donne e uomini in entrambe le fasce: sotto i 500 euro il 12,4% delle donne e l'8,9% degli uomini; fra 500 e 1000 euro il 34,9% delle donne e il 18,5% degli uomini. Divario che si ripropone nelle fasce alte: oltre 3000 euro sono il 6,5% dei pensionati (1.010.378) ma sono il 3,2% delle donne e il 10,2% degli uomini.

OPZIONE DONNA - L’utilizzo di 'opzione donna' è cresciuto esponenzialmente dal 2012 in corrispondenza all’inasprimento dei requisiti per l’accesso al pensionamento introdotto dalla legge Fornero. Complessivamente, però, solo il 20% circa delle donne che avrebbero potuto esercitare l’opzione lo ha fatto. L’entità della penalizzazione legata al ricalcolo con il sistema contributivo di quanto accumulato, infatti, è tale da aver limitato l’utilizzo di questa forma di flessibilità in uscita che consentiva un forte anticipo dell’accesso alla pensione. Secondo il rapporto, il trattamento pensionistico maturato con le regole dell’opzione donna, per le lavoratrici del settore privato, sia di media pari a 977 euro.

PART-TIME AGEVOLATO - Più in particolare, come si legge nella Relazione dell'Istituto di previdenza, dal 2 giugno, data di partenza dell'opzione per quei lavoratori privati a tempo indeterminato con 35 anni di contributi e a tre anni dal limite di età per la pensione di vecchiaia, al 21 giugno scorso, su un totale di 238 domande presentate ne sono state accolte 85, respinte 84 mentre ne sono in giacenza 69. Il cosiddetto “part time agevolato” , che consente un’uscita graduale dall’attività lavorativa, prevede che il lavoratore possa concordare con il datore di lavoro una riduzione del proprio orario tra il 40 e il 60%, percependo in busta paga, oltre alla retribuzione per l’attività lavorativa svolta, anche una somma esente dall’Irpef pari ai contributi a carico del datore di lavoro che corrispondono alla retribuzione persa. Il lavoratore che accede al part time agevolato così non subisce nessuna perdita sull'assegno di pensione perché viene comunque garantita la contribuzione piena con accredito figurativo per la quota che copre la retribuzione persa per le ore non lavorate.

ESODATI -I correttivi sin qui apportati per stemperare le conseguenze del blocco al pensionamento previsto dalla riforma Fornero sono stati "molto costosi e inadeguati: le 7 salvaguardie emanate fino ad oggi hanno eroso fino a un sesto dei risparmi conseguiti dalla riforma del 2011", ovvero il 13%, ha sostenuto Boeri. A conti fatti, cioè, degli 88 miliardi di risparmi di spesa attesi dalla riforma sul decennio 2012-2021, le sette salvaguardie ne hanno fagocitato circa il 13%: "una porzione significativa soprattutto se si considera che oltre il 75% della spesa si concentra nel quadriennio 2015-18", dice puntando il dito contro l'incoerenza dei provvedimenti. "Pur essendo state introdotte per affrontare situazioni di emergenza sociale, le salvaguardie non tengono conto del livello di reddito delle famiglie dei beneficiari. Una pensione salvaguardata su 8 vale più di 3.000 euro al mese", dice. A questo si aggiungere infine un "costo ombra", legato al super lavoro del personale Inps: "con queste operazioni abbiamo assorbito 181 posizioni a tempo pieno per un anno, distogliendo il personale dell’istituto da altre attività, con un costo ombra di quasi 34 milioni di euro", denuncia Boeri. E se i primi provvedimenti con cui 'aggiustare' la legge Fornero, che ha comunque creato "problemi sociali rilevanti", potevano apparire necessari a fronteggiare uno stato di crisi, non così la sequenza delle salvaguardie seguito poi "con ritmo ravvicinato". Le salvaguardie infatti, si legge nella Relazione che guarda con timore all'eventualità di un protrarsi degli interventi, devono di fatto tornare a rappresentare "una soluzione di pensionamento flessibile: senza penalizzazioni e dedicata a specifiche categorie di lavoratori. Deroghe di questo tipo dunque- concluse- possono essere giustificate solo per particolari categorie di lavoratori, come gli usuranti". A giugno 2016, ad esempio, si legge ancora nella Relazione, rispetto a un contingente programmato di 172.466 lavoratori da 'salvare' sono state accolte 127.632 domande, pari al 74%. Se si considerano le domande in attesa di esame e si ipotizza un loro pieno accoglimento, questa percentuale sale a quasi l’85 per cento. Delle domande accolte, quasi l’80% si è già trasformato in una pensione regolarmente liquidata.

 



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